«Con Expo Roma 2030 l’Italia offre al mondo un sistema Paese»
Il direttore del comitato promotore: «Il governo crede nel progetto, siamo a uno stadio avanzatissimo dell’opera». Da Acea a Ita, aziende mobilitate per sostenere la candidatura della Capitale
di Manuela Perrone
3' di lettura
Da Acea a Bracco, da Ferragamo a Ita, passando per Aeroporti di Roma (Adr), è partita la “chiamata alle armi” delle imprese per Expo Roma 2030. Una call decisiva perché, come spiega al Sole 24 Ore il diplomatico Giuseppe Scognamiglio, direttore generale del Comitato promotore, la forza della candidatura della Capitale sta nell’offrire al mondo non investimenti one shot, ma «la ricchezza del nostro sistema Paese». «A differenza di altri competitor, specializzati su un’area – l’energia, i grandi cantieri navali, la tecnologia – noi mettiamo sul piatto un sistema delle imprese, grandi, medie e piccole, che copre tutti i settori della produzione, dalla manifattura all’artigianato, dunque in grado di soddisfare qualsiasi richiesta».
Il «sistema Paese» come vantaggio competitivo rispetto alla potenza di fuoco di rivali come Riad e Busan?
Molti Paesi hanno già compreso che l’Expo è un’occasione anche per allacciare o rinforzare un rapporto strutturale con l’Italia. I nostri special ambassador ci riportano interesse verso le aree più variegate. Certamente il turismo è un fattore chiave. Ci sono Paesi, come la Repubblica Dominicana, che vorrebbero aumentare il flusso di turisti dall’Italia. Noi possiamo offrire una serie di importanti occasioni di visibilità, a cominciare dalla Bit di Milano, a cui abbiamo invitato oltre venti Paesi. I flussi turistici sono fondamentali anche per gli Stati a noi vicini, come Grecia, Croazia, Svizzera, San Marino. Con Expo pensiamo di arrivare a 30 milioni di visitatori in sei mesi, che possiamo indirizzare anche verso i Paesi limitrofi.
Sul piatto non c’è solo il turismo…
Panama, che negli ultimi anni ha cambiato volto, vuole presentare al nostro sistema delle imprese le sue potenzialità. Alcuni Stati africani ci hanno chiesto aiuto nello smaltimento della differenziata. Acea ha inventato lo smart comp, un piccolo smaltitore di rifiuti organici che può essere usato ovunque senza bisogno di trasporto. Un'accelerazione di progresso improvvisa che quei Paesi possono offrire alle loro comunità, in tema con il nostro Expo. L'Italia può condividere tecnologia, know how, innovazione.
Che cosa vi aspettate dalle imprese?
D’intesa con Unindustria, abbiamo creato la Fondazione Expo Roma 2030, con Massimo Scaccabarozzi presidente e Lamberto Mancini direttore generale. Acea ha già assicurato un contributo. Lo stesso faranno imprenditori come Leonardo Ferragamo e Diana Bracco. Chiedo alle imprese di metterci a disposizione il meglio della loro progettualità. Con Ita stiamo concordando di brandizzare un aereo con Expo. La compagnia sta anche progettando di ampliare le rotte verso i Paesi con cui avvieremo subito progetti comuni. Perché noi non aspettiamo l'Esposizione, proviamo a immaginarla sin da ora insieme agli altri. E non dimentichiamo, come insegnano i mondiali di calcio in Qatar, che in campo ci sono anche valori.
Lei è la figura di continuità di Expo Roma 2030: l’ha seguita sin dalla nascita e accompagnata nella staffetta tra governi locali, da Raggi a Gualtieri, e nazionali, da Draghi a Meloni.
Mi sembra passato un secolo da quando ho trovato in un cassetto del Comune la richiesta all’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di portare avanti l’idea di Expo. Lo scetticismo era generale. Oggi vedere questo consenso così vasto intorno alla candidatura di Roma è una bella soddisfazione per me, per il nostro presidente Massolo e per tutti i professionisti che lavorano senza sosta da mesi.
Il difficile comincia ora, in vista del voto, a novembre, dei 170 Paesi del Bureau International des Expositions. Lei è stato delegato nazionale al Bie, conosce bene i suoi meccanismi. Possiamo vincere?
Il fatto che il voto sia segreto comporta un elemento di incertezza fino alla fine. Per Expo 2015, Milano era entrata alle urne con -14 voti e ne è uscita con +7. C’è un elemento di imprevedibilità nei comportamenti dei delegati: non tutti seguono alla lettera le indicazioni dei governi. Possiamo certamente giocarcela. Per il primo e il secondo voto servirebbero due terzi dei voti per vincere, ossia 114. Non ce li ha nessuno. Quindi si andrà al ballottaggio finale. E Roma ha le carte in regola per arrivarci.
Siamo pronti per la visita ispettiva del Bureau prevista dal 17 aprile?
Il segretario generale del Bie, Dimitri Kerkentzes, ha già potuto verificare a fine gennaio che il sistema Paese è compatto. Il governo crede nel progetto e siamo a uno stadio avanzatissimo dell’opera: abbiamo già visitato più di cento dei 170 Paesi del Bie. All’ispezione di aprile si approfondiranno i temi tecnici. Coinvolgeremo non solo i vertici istituzionali, ma i direttori generali, i tecnici del Comune, gli urbanisti. La consapevolezza della rilevanza strategica di Expo subirà un’ulteriore accelerazione. Sbaglieremmo a pensare che si tratta ancora e soltanto di una esposizione dei Paesi stile fiera. Si è trasformata in una piattaforma di confronto tra le soluzioni che i Paesi offrono ai grandi problemi strutturali del pianeta. A Roma, anche grazie al coinvolgimento di professionalità eccezionali come Carlo Ratti, Richard Burdett e Ian Philion, costruiamo un’Expo il cui valore, più che nei padiglioni, sta nel messaggio sulla sostenibilità, nella capacità di attirare competenze, scienza, ricerca.
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