Davide Oldani, “modello” per un giorno, e la sua ricetta per Milano
Lo chef, stella Michelin, ha accettato di interpretare un ruolo per lui insolito e di farlo attraversando i luoghi più iconici della città. Ci ha poi aperto le porte del suo “regno” per raccontarci il suo mondo (la famiglia, la casa, la cucina) ma soprattutto la sua intuizione di futuro
di Serena Uccello
3' di lettura
Il silenzio, il vuoto. Un sentimento di sospensione aveva appena cominciato a non spaventarci più che di colpo ci ritroviamo di nuovo a schivarci per strada, a restare ammutoliti dentro l'incavo delle nostre mascherine. Non che l'avessimo dimenticato quello che è stato in marzo, in aprile, in maggio, - ognuno a modo suo ci ha fatto i conti - semplicemente il ricordo stava cominciando a prendere la forma degli eventi attraversati. Insomma eravamo a questo punto quando eccoci a ri-fare i calcoli del nostro spazio, a ri-misurare con gli occhi i metri delle nostre camere diventate ufficio, spazio unico di vita e di lavoro, a ri-guardare le nostre città provando a puntellarle noi con il solo sguardo pur di non vederle di nuovo implodere.
E riguardare le nostre case, noi stessi, le nostre città, riguardare Milano, è quello che abbiamo fatto (nel numero in edicola di IL dal titolo Giù le mani dalla città) insieme con un uomo che in questi ultimi anni ne è stato uno dei volti: Davide Oldani.
Con Davide Oldani abbiamo attraversato quei luoghi della città che nei giorni più difficili – proprio perché iconici – erano diventati anche emblematici dello spaesamento. Li abbiamo attraversati per ritrovare nello loro bellezza un nuovo slancio. Ci siamo mossi dal dal Duomo verso la Galleria Vittorio Emanuele II fino al Castello Sforzesco ed ancora fino al Museo del Novecento. Provando a ritrovare lo spirito di questa città che ha nella moda, nello stile, nella manifattura una delle sue anime più importanti.
Così ad Oldani, chef Stella Michelin, abbiamo chiesto di muoversi con noi vestendo i panni per un giorno del modello. Il risultato è un reportage, firmato da Mattia Balsamini, in cui il volto di Oldani si mescola allo sguardo struggente con cui Balsamini coglie la fatica e l'energia di questi luoghi.
Abbiamo guardato certo al passato ma abbiamo provato a intravedere anche il futuro: siamo stati al Meet il centro internazionale di Cultura Digitale nella sua nuova sede di Porta Venezia. In questo modo abbiamo fatto ciò che lo stesso Oldani spiega quando ci racconta cos'è per lui il successo: «Procedere facendo due passi avanti, per guardare il futuro, e uno indietro, per non perdere di vista quello che ti sei lasciato alle spalle».
Così da lui ci arriva l'intuizione dell'occasione che abbiamo: la nostra vita nella città deve recuperare il tempo lento. Portiamo i ritmi del borgo tra le nostre metropoli, rimettiamo le case al centro delle nostre città. «Le case finora sono state hotel per persone che fanno parte della stessa famiglia. Invece devono essere il luogo in cui la famiglia si struttura. È il calore delle nostre case che ha permesso ai nostri genitori di trasmetterci un'educazione, dei valori».
Le case, la sua casa: dopo Milano ci siamo infatti ritrovati nel suo regno, al D'O di San Pietro all'Olmo. E qui abbiamo certo ripercorso quello che si sta accadendo («La natura ci ha ricordato questo: siamo noi che dobbiamo adeguarci a lei, non viceversa») ma parlato anche di famiglia, della società, di impegno. Della cucina – «che è un'arte effimera» – e della cucina come luogo fisico fondamentale. «Non è un caso che qui al ristorante io non abbia lo chef table, ma il tinello. Il tinello che nella cultura milanese, ma direi italiana, aveva al centro il tavolo dove la famiglia mangiava mentre spesso la madre cucinava proprio davanti ai figli. Le case dovrebbero avere spazi per permetterci di vivere il confronto, le discussioni e tutte le fasi della costruzione di una famiglia».
Non è un caso dunque che la casa, anzi il cucinare in casa, sia l’ispirazione del suo nuovo libro dal titolo Mangia come parli 2, 80 ricette semplici in un libro di cucina e cultura del cibo (edizioni Il Sole 24 Ore). Il libro prende il titolo dall’omonima trasmissione condotta con Pierluigi Pardo su Radio24 durante il weekend.
Famiglia e società, dunque: «Riscoprire la condivisione può avere un'importanza più ampia:.. ha senso per la vita della famiglia, ma può essere il cuore anche di una educazione civile». E tra una riflessione e l'altra ci ha pure “svelato” come crea i suoi piatti, cominciando da un'affermazione: «Sono molto razionale…».
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