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Con Ppa risparmi per le imprese energivore soprattutto di Abruzzo, Toscana, Molise

Secondo i calcoli del Cerved, costi inferiori per 3.700 aziende per almeno 2,6 miliardi in tre anni. Benefici nelle regioni che hanno un’economia meno diversificata

di Alexis Paparo

(momius - stock.adobe.com)

4' di lettura

Uno strumento vantaggioso per le imprese, dal punto di vista economico e di rating. Un volano per la diffusione delle rinnovabili. Un meccanismo di “assicurazione” per chi realizza l’impianto, che così si garantisce un compratore dell’energia a un prezzo sufficiente a ripagarsi l’investimento e ottenere un profitto. Sono triplici i vantaggi dei Ppa (Power purchase agreement), contratti di acquisto a lungo termine di energia elettrica rinnovabile a un prezzo definito.

Secondo stime di Cerved, se le 3.715 imprese energivore italiane – che consumano da almeno 1 GWh all’anno fino a oltre 100 – sottoscrivessero un Ppa, potrebbero risparmiare oltre 2,6 miliardi di euro nei prossimi tre anni se il costo dell’energia si stabilizzasse e quattro miliardi se continuasse a salire (si veda il grafico in alto per i tre scenari in base ai possibili trend del prezzo dell’energia al 2025).

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IL TREND
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«Abbiamo stimato il totale dei consumi energetici di tutte le imprese energivore italiane in 56.1 terawattora, tenendo conto di una serie di parametri – come le dimensioni e la quota assorbibile dal fotovoltaico di ciascun settore –, abbiamo calcolato che il 17,5%, ovvero 9,3 TWh, potrebbe essere approvvigionato tramite Ppa», spiega Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved. Di questi, 5,2 TWh sarebbero immediatamente convertibili dalle 244 imprese medio-grandi che utilizzano più di 40 GWh l’anno, mentre, per la parte restante, le piccole imprese potrebbero aggregarsi in consorzi. Tutto ciò evitando l’emissione di quattro milioni di tonnellate di CO2.

L’identikit delle imprese

Le aziende energivore rappresentano lo 0,4% delle imprese italiane, ma generano 40 miliardi di valore aggiunto (6%), impiegano quasi 450mila addetti e rappresentano un quinto dei consumi energetici nazionali (18%). Sono realtà di dimensioni medio-grandi e che si concentrano nel settentrione, ma hanno una presenza significativa anche in alcuni distretti industriali del Sud, come quello di Taranto per la siderurgia. I settori con le quote di consumo più alte, oltre i 100 GWh – e con le imprese più grandi – sono quello dei metalli, dei materiali da costruzione e il chimico. Nella plastica, negli imballaggi e nel tessile la quota maggiore di consumi si deve a imprese intorno ai 40 GW.

LA DISTRIBUZIONE
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Cerved ha calcolato il risparmio che i Ppa apporterebbero in ogni settore. In termini assoluti, considerando lo scenario con prezzi progressivamente normalizzati a livelli pre-crisi, il podio è composto dall’industria dei metalli (392 milioni di euro in tre anni), dalla chimica (376 milioni) e dalla plastica (371). Considerando l’incidenza sulla redditività, le prime tre posizioni sono occupate dall’editoria, (10%), dall’agroalimentare (8,9%), dalle industrie casearia e della carne.

Geograficamente, a beneficiarne sarebbero soprattutto Abruzzo, Toscana, Molise e Sardegna, regioni che hanno un’economia meno diversificata, dove l’incidenza dei settori energivori è più alta sul totale.

L’impatto sul rating

«Attraverso l’uso di contratti Ppa, le imprese potrebbero migliorare sia la propria redditività, sia la sostenibilità del debito, pianificando investimenti mantenendo la stessa fascia di rischio», continua Mignanelli.

Cerved rating agency ha attribuito una valutazione del merito creditizio (rating) a 1.335 delle società energivore. Ben 829 di queste hanno un rating “investment grade” e 161 di esse, con consumi superiori a 40 GWh, potrebbero già coprire i propri consumi elettrici con produzione fotovoltaica per circa 3.200 GWh, preservando una classe elevata di merito creditizio. Ben 660, con i potenziali risparmi energetici, potrebbero pianificare investimenti addizionali per 25 miliardi di euro – auspicabilmente in ottica di sostenibilità – mantenendo la stessa fascia di rischio “investment grade”. Mignanelli spiega che nel mercato Ppa italiano l’equilibrio tra domanda e offerta è destinato a cambiare con lo sviluppo del settore rinnovabile, con potenziali pressioni sui prezzi. Tuttavia al momento la situazione italiana presenta poca disponibilità di progetti rinnovabili ready to build e domanda in aumento, quindi il mercato del nostro Paese si conferma molto interessante per i produttori.

Il confronto con l’Europa

Il rapporto Cerved rileva che in Europa sono stati siglati fino a oggi 45 GW di Ppa; l’Italia rappresenta circa il 3% del mercato europeo, con circa 2 GW di Ppa siglati dal 2018 a oggi. Che i Ppa siano uno strumento fondamentale per fornire ai consumatori prezzi stabili e ai fornitori di energia rinnovabile entrate affidabili viene sottolineato anche dal disegno di legge sulla riforma del mercato elettrico europeo, che ha avuto il primo via libera mercoledì scorso dalla commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) del Parlamento europeo, e che dovrà ora essere approvato dall’intera assemblea in una delle prossime plenarie.

Le criticità

Nel suo rapporto Renewable Energy 2023, l’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, sottolinea quali sono le principali barriere alla diffusione dei Ppa nel nostro Paese: l’accordo fra le parti sul tempo di durata del contratto, perché al venditore convengono contratti almeno decennali, soprattutto se deve realizzare l’impianto da zero, mentre il compratore tenderebbe a preferire contratti a più breve termine, da cui è più libero di uscire nel momento in cui trova condizioni più vantaggiose. A questo si somma il complesso iter autorizzativo per gli impianti, che ha un impatto sulla data di inizio della produzione di energia e sulle condizioni a cui fissare il prezzo. Nel suo recente report sul potenziale sviluppo per il fotovoltaico su siti industriali, Cerved indicava una possibile soluzione: l’utilizzo di algoritmi satellitari e intelligenza artificiale per velocizzare il processo di istruttoria e autorizzazione per l’installazione. Automatizzando la raccolta delle informazioni, si renderebbe più facile e veloce la bancabilità dei progetti.

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