Russo (capo epidemiologia Area metropolitana): «Milano come Lodi a marzo. Lockdown inevitabile»
Giampiero Russo, il responsabile Epidemiologia dell'Area metropolitana, auspica una stretta breve per frenare il virus
di Sara Monaci
3' di lettura
Secondo gli esperti dell’Agenzia di tutela della salute di Milano il lockdown, almeno nel capoluogo lombardo, è dietro l’angolo. Questione di giorni. Magari solo per due settimane, spiega il responsabile dell’Epidemiologia Antonio Giampiero Russo, «proseguendo con eventuali altri brevi lockdown a “fisarmonica”, ma non deve spaventarci rinunciare alla libertà per tutelare la salute di tutti».
Crede davvero che corriamo questo rischio?
Direi che è inevitabile con un Rt a 2,35. È chiaro che questa volta siamo più consapevoli, le restrizioni potrebbero durare per un tempo minore. La verità è che occorre agire sulla coscienza sociale, come è avvenuto in altri paesi. In Svezia ha funzionato, da noi temo un po’ meno. Ma qualcosa sta cambiando.
Lei crede che in Italia possa funzionare solo una restrizione, invece che un contenimento mitigato?
Basti pensare che i casi a Milano ci dicono che il virus si è riattivato questa estate, con le persone che sono andate ovunque in Spagna, Grecia e Croazia e hanno riportato il virus in casa. Oggi Milano è come era Lodi a marzo.
Ma moltissimi casi sono ormai asintomatici, si fanno molti più tamponi e inoltre siamo più attrezzati rispetto a marzo. Non vede differenze fra i due periodi?
Sicuramente si, ma dobbiamo pensare alla legge dei grandi numeri: se il contagio aumenta, in numero assoluto aumentano anche i pazienti gravi e il fabbisogno di terapie intensive. Certamente si fanno più tamponi, cerchiamo meglio il virus, ma è anche vero che il virus è cresciuto di più, soprattutto nelle fasce giovani, quelle che hanno figli a scuola e contatti professionali. Se Milano è veloce, è veloce anche il virus.
I vostri dati sulla mortalità mostrano un trend da evidenziare: a Milano si è tornati al livello pre-Covid.
Si, mentre ci saremmo aspettati un calo. Questo vuol dire che sono state trascurate le altre epidemie, per colpa del Covid. È anche per questo che dobbiamo proteggerci e tutelare il sistema sanitario da un virus che cannibalizza le strutture.
Non ci dovremmo attrezzare meglio negli ospedali, aumentando il numero di terapie intensive, e migliorare subito la medicina territoriale?
Tutte le epidemie corrispondono storicamente a momenti in cui le società hanno dovuto rivedere la propria organizzazione. Ma in questo momento va detto che non è pensabile lasciare stabilmente aperte tante terapie intensive, troppo costose, perché stabilmente abbiamo bisogno di altri tipi di interventi. Un posto letto in terapia intensiva costa 10mila euro, contro i mille di un normale posto. Dobbiamo piuttosto diventare capaci a aprire e chiudere rapidamente, come hanno fatto in Cina.
Non vede in un lockdown un rischio per l’economia - la stessa che con le tasse tiene in piedi anche il sistema sanitario?
Sarebbe meglio, appunto, intervenire con una coscienza sociale forte. O, per il momento, con un breve lockdown, che, ripeto, in questo momento mi pare inevitabile.
Non crede occorra anche un buon sistema di tracciamento dei contagi, che in questo momento il sistema sanitario non riesce ad assicurare?
Sono diventati troppi i tracing: ogni caso porta a 50 interviste, della durata di due o tre ore ciascuna. Occorre una forza lavoro che non abbiamo. Però va detto che la coscienza sociale sta aumentando. Abbiamo avuto una grande risposta in sole 24 ore ad un messaggio inviato a 7mila casi, a cui abbiamo chiesto di collegarsi al nostro portale per ricevere informazioni e dirci chi sono i familiari stretti.. Un terzo di loro ha subito aderito. Buon segno: la coscienza sociale dei milanesi c’è.
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