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Concentrazioni tra banche, pesano antitrust e regole Ue

Le norme italiane sulla concorrenza complicano il lavoro degli advisor mentre a rallentare il consolidamento oltreconfine è la presenza di un quadro di condizioni differenti da Stato a Stato

di Luca Davi

3' di lettura

Da una parte il crescente utilizzo dell’home banking, fenomeno che ha reso meno indispensabile il ricorso alle filiali tradizionali da parte della clientela. Dall’altro la concorrenza (spietata) degli operatori del Fintech che, grazie alla loro agilità, a una normativa semplificata (sul fronte dei pagamenti) e a una non banale capacità di investimento, attraggono una clientela crescente. Strette in questa morsa, le banche tradizionali sono costrette a rivedere il loro modello di business e a valutare fusioni per fare efficienza. La spinta al consolidamento si scontra tuttavia con una normativa antitrust che qualcuno non esita a bollare come obsoleta, perché fissa soglie massime di concentrazione a livello locale sulla base della raccolta degli sportelli, in un’epoca in cui invece le masse si muovono rapidamente in particolare sui canali digitali. «L’attuale normativa antitrust rende più sfidante la meccanica delle operazioni tra grandi banche, le cui reti rischiano di sovrapporsi eccessivamente in specifiche aree del Paese», spiegano Carlo Pedersoli e Davide Cacchioli, rispettivamente fondatore e partner di Pedersoli. Si tratta spesso di un effetto «non voluto dai medesimi partecipanti, i quali ricercano semmai la complementarietà delle reti». Ecco perché è «ragionevole» immaginare che l’evoluzione del quadro competitivo, «che già porta le banche a competere su base quantomeno nazionale, possa progressivamente ridurre l’incidenza delle valutazioni antitrust relative agli specifici ambiti locali», aggiungono i due legali. Sulla stessa lunghezza d’onda Roberto Cappelli, partner di Cappelli Rccd, secondo cui la regolamentazione antitrust appare «inattuale» anche se, va detto, può «paradossalmente facilitare eventuali operazioni, favorendo ad esempio una suddivisione ex ante degli sportelli con una banca concorrente». Così facendo, aggiunge l’avvocato, «si può togliere dal mercato un eventuale concorrente e si raffredda il rischio di un’ipotetica contro Opa».

Se però si alza lo sguardo oltre i confini nazionali, e si proietta la spinta al consolidamento in un’ottica transnazionale e di integrazione europea, al nodo della concentrazione si sostituisce un nodo – forse più rilevante –rappresentato dall’assenza di un level playing field regolamentare tra i vari Stati. Come osservano Stefano Lucchini e Andrea Zoppini nel libro “Il futuro delle banche”, in Europa il consolidamento bancario cross-border è frenato, dal punto di vista regolamentare, da una disciplina ancora «non perfettamente uniforme», visto l’affastellamento di opzioni e facoltà riconosciute agli Stati membri, situazione che genera disallinamenti rispetto alla disciplina prudenziale euro-unitaria, senza contare che «non esiste una regolamentazione organica delle operazioni di consolidamento, poiché le norme ad essa applicabili sono frammentate all’interno di fonti di matrice europea e nazionali». «Queste considerazioni inducono oggi a guardare con attenzione ai diversi processi in atto – spiega Daniele Gallo, Of Counsel dello studio Zoppini e Associati – con riflessi anche nel contesto dell’operazioni di consolidamento, con un obiettivo di fondo: assicurare un regime di responsabilità, applicabile alla Bce e alle singole autorità di vigilanza nazionali, capace di garantire tanto la coerenza del funzionamento del Meccanismo di vigilanza unico, quanto l’integrità del diritto delle parti coinvolte ad una tutela giurisdizionale piena ed effettiva. La convinzione è che più il sistema di vigilanza è condiviso, più la Bce è rafforzata nei suoi poteri, più è ampio e certo l’apparato regolatorio e maggiori saranno i benefici per gli intermediari. E ciò è destinato ad avvenire anche nell’ambito di fenomeni caratterizzati dal consolidamento bancario».

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Insomma: se la progressiva implementazione del meccanismo di vigilanza unica europea e più in generale dell’Unione bancaria da una parte «agevolano» da un punto di vista regolamentare «operazioni di consolidamento tra banche nell’Europa continentale, soprattutto nell’area Euro, e la creazione di campioni europei nel settore – conclude Andrea Giannelli, senior partner di Legance –; dall’altra si tratta di un percorso ancora da completare, anche da un punto di vista culturale».

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