ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùI nodi della crescita

Concessioni balneari, necessità di concorrenza e tutela delle Pmi

Attualmente sono circa 30mila le imprese concessionarie in Italia, impegnate nella gestione di stabilimenti balneari

di Cristina Lenoci e Gustavo Piga

 In Italia la direttiva Bolkestein fatica a trovare applicazione

4' di lettura

Attualmente sono circa 30mila le imprese concessionarie in Italia, impegnate nella gestione di stabilimenti balneari. Tali imprese sono radicate sul territorio, a favore del quale hanno investito e hanno creato posti di lavoro. Basti considerare che, a oggi, il turismo balneare quota per l’Italia circa 6,6 miliardi di euro all’anno, e che attira ben 120 milioni di presenze sulle nostre coste.

Questo valore va salvaguardato, contemperando le esigenze di promuovere la concorrenza e la par condicio, soprattutto tra e per le Pmi.

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Lo scorso 17 settembre sul litorale di Maruggio, gemma della costa ionica, è stata sottoscritta la “Carta di Maruggio” – primi firmatari il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e il sindaco Alfredo Longo – un decalogo sulle concessioni balneari che vede la luce nel pieno delle polemiche sul recepimento della direttiva Bolkestein.

Tra gli impegni assunti dai promotori, riconosciuti la centralità degli stabilimenti come volàno per il turismo costiero (e moltiplicatore per il Pil italiano) e il ruolo giocato dai loro gestori quali custodi dei siti, della storia e dell’ambiente circostante, c’è in primo luogo la necessità di potenziare questo patrimonio imprenditoriale, e di non omologarlo invece verso il basso attraverso gare di sola valenza economica (come vuole la Bolkestein). «La felice combinazione tra offerta e domanda di turismo balneare non si limita a soddisfare le due parti contraenti – si legge tra l’altro nella Carta – perché irradia economie esterne sull’intero territorio circostante, ristoranti, alberghi, esercizi commerciali, patrimonio culturale». La competizione economica, ben più che sul singolo stabilimento balneare, si svolge «tra i singoli stabilimenti balneari vicini e non tutti questi interessi sono combinabili con il pur importante interesse alla salvaguardia della concorrenza per la concessione del bene demaniale».

Dato di partenza è che il tema in questione afferisce a concessioni di beni e non di servizi e negare ciò è negare l’evidenza. L’impostazione “europeista” dà per acquisito che per i rinnovi delle concessioni occorra la gara. La Carta di Maruggio condivide questo punto di partenza, ma sollecita l’attenzione di chi deve provvedere in sede legislativa a considerare seriamente non soltanto la lizza tra i possibili aspiranti alla concessione, ma prima ancora e più ancora la rilevanza che ha l’attuale, eccellente realtà balneare italiana per il turismo nazionale e delle zone costiere; e a valutare con attenzione il rischio di impatto negativo che una nuova disciplina, che restringa l’attenzione a quella lizza, potrebbe avere su tutto quanto sopra.

La tutela della concorrenza è fuori discussione: ma non possono essere estromessi gli interessi di un’economia che si basa sulla attrattività e sulla qualità dell’offerta balneare, sugli investimenti di lungo periodo, sulla conoscenza approfondita della realtà territoriale con cui gli stabilimenti e i loro clienti si interfacciano continuativamente. La tutela della concorrenza per essere effettiva ed efficace non può trascendere la realtà: quindi oltre a dover essere presi in debita considerazione tutti gli interessi ingiustamente pretermessi, vanno altresì tenuti in doveroso conto quelli delle piccole e medie imprese.

Se, infatti, lo stesso Pnrr ha previsto riserve o premialità volte a proteggere e a incoraggiare la crescita delle imprese al femminile e dei giovani, è quantomai opportuno che il nuovo governo, nel regolamentare le procedure di affidamento delle concessioni balneari, debba sospingere e allargare questi criteri di protezione nei confronti delle piccole e medie imprese europee, come, del resto, da anni avviene negli Stati Uniti (dallo Small Business Act in vigore dal 1953) e in tutto il resto del mondo.

Il nodo dell’attuazione della direttiva Bolkestein del 2006, che prevede l’adozione di procedure concorrenziali di selezione dei concessionari e quindi il riordino della normativa del regime concessorio dei beni pubblici, può essere sciolto perseguendo una soluzione tecnica che preveda, tra l’altro, clausole di salvaguardia degli investimenti fatti dai concessionari, di garanzia dei livelli occupazionali, di dimostrata conoscenza dei pregi turistici e del patrimonio culturale del territorio di riferimento, di valorizzazione degli aspetti qualitativi di ecosostenibilità e di servizio per la collettività, di sostegno alle specificità culturali e alle tradizioni del territorio, di ostacolo a pratiche concessorie monopolistiche, di favor premiale nei criteri di aggiudicazione per le Pmi europee (non italiane in quanto si andrebbe contro le regole del Trattato sulla non discriminazione in base alla nazionalità). In tal modo si valorizzerebbe il capitale rappresentato dalle attuali Pmi concessionarie e si garantirebbe la più ampia par condicio tra le Pmi, che rappresentano il naturale bacino di potenziali concorrenti per tali concessioni pubbliche. Dovrà anche essere affrontata, è evidente, la verifica periodica e credibile della qualità offerta dei concessionari in base a criteri quanto più oggettivi, pena la rescissione del contratto tra concedente e concessionario.

La storia delle concessioni non può chiudersi con la sepoltura di oltre un secolo di magnifica storia balneare italiana. La legge n. 118 è solo una legge delega, che affida al governo l’emanazione, entro febbraio 2023, di uno o più decreti attuativi sulla materia. Insomma, non è detta ancora l’ultima parola: la delega può essere cambiata e resa attenta ai temi posti dalla Carta di Maruggio. Si impone quindi da ora in poi una seria riflessione, certo non quella portata dalla legge n. 118 del 2022 e prima ancora dalle singolari “sentenze gemelle” dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (17 e 18 del 2021), innovative, anche riguardo al rapporto tra giudice e legislatore. Tutti enfatizzati sulla contesa per ottenere la concessione, e tutti dimentichi del resto.

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