Condizioni trasparenti di lavoro
Regolazione europea e schema ministeriale di attuazione
di Michele Faioli
3' di lettura
L'arte di indugiare, a cui però seguono inaspettati interventi nomativi di riforma, di questo recente legislatore che si occupa di materie giuslavoristiche è assai straordinaria. Faccio riferimento allo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva “Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea 1152/2019”, la cui delega è contenuta nella legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea 2019-2020) che sarà oggetto di un esame con le parti sociali il 9 maggio. Lo schema presenta molti problemi, incidendo, da una parte, direttamente sulla materia già disciplinata nel 1997 con il d.lgs. 152 e, dall'altra, indirettamente su una serie di istituti relativi alle flessibilità orarie e a quelle tipologiche-contrattuali. Sintetizzo alcune criticità generali e poi mi concentro sull'art. 4, co. 2, lettera b, il quale, oltre a rappresentare probabilmente un eccesso di delega, è un modo surrettizio e ideologico per intervenire sulla materia della gestione algoritmica e intelligente dell'organizzazione del lavoro.
Lo schema di decreto legislativo riduce significativamente la funzione della contrattazione collettiva, facendo venir meno tutte quei regimi che sono già oggetto della mediazione tra interessi contrapposti che la regolazione collettiva generalmente svolge. Si penalizza la flessibilità oraria, anche per settori che ne necessitano per non subire la crisi economica che stiamo affrontando, e la cui contrattazione ha difficilmente realizzato nel tempo. Si rafforza una strana logica del sospetto, con conseguenze eccessive di carattere punitivo-sanzionatorio nei confronti dei datori di lavoro. Lo schema, inoltre, tradisce lo spirito della direttiva 1152/2019, introducendo una serie di complicazioni burocratiche non richieste dalla normativa europea, inappropriate e del tutto vetuste per l'attuale contesto di flussi digitalizzati tra PA, datore di lavoro e lavoratore. Tale complessità inciderebbe assai negativamente sugli sforzi recenti di de-burocratizzazione della PA nel rapporto con le imprese e con il cittadino-lavoratore.
Per esemplificare, si veda la lista di cui all'art. 4, co. 1, lettera a, nella quale non vi è alcun richiamo né alle regole della contrattazione collettiva né all'eventuale, ma generalizzato per prassi, rinvio del contratto individuale di lavoro alla contrattazione collettiva, la quale già risponde efficacemente a tale insieme di informazioni richieste dallo schema di decreto legislativo. Si noti altresì che il legislatore del 2022 dimentica che nel 2020 è stato introdotto il codice unico alfa-numerico dei CCNL, il quale viene utilizzato per identificare il CCNL applicato al caso concreto, viene inserito nel flusso UNIEMENS e viene richiamato per i fini contributivi. Si osservi anche l'art. 4, co. 2, nel quale si far riferimento a una modalità vetusta di condivisione delle informazioni (consegna di documenti cartacei, etc.), senza tener conto che nel 2022 la digitalizzazione consente già efficaci flussi informativi nel rapporto tra PA, datore di lavoro e lavoratore. Sarebbe questa l'occasione per valorizzare il sistema informativo che già esiste, il quale può esser migliorato con la costruzione di un fascicolo digitale del lavoratore, con accesso SPID, che contenga anche tali informazioni.
Ma il punto più critico è l'art. 4, co. 1, lettera b, il quale, oltre a non essere richiesto dalla direttiva, traduce un'elaborazione ideologica che è sbagliata e senza alcun fondamento tecnologico-giuridico. Il legislatore del 2022 starebbe cercando di introdurre un modo per imporre una serie di obblighi al datore di lavoro che utilizzi sistemi intelligenti di gestione volti al monitoraggio, controllo e coordinamento del lavoro. I problemi di una norma di questo tipo sono innumerevoli e stupisce che chi abbia scritto la norma non comprenda l'eterogenesi di una disciplina come questa. Forse non conosce la tecnologia? Si è di fronte a una forma di neo-luddismo? Non si spiega cosa si intenda per sistema intelligente/automatizzato di gestione algoritmica. Non si capisce quale sia la responsabilità del datore di lavoro in relazione al produttore/creatore del sistema automatizzato. Non si spiega perché e come sottoporre il datore di lavoro a obblighi indefiniti e imprecisi in una materia che è in forte evoluzione, il cui punto di riferimento è la contrattazione collettiva che procedimentalizza i regimi protettivi, come l'accordo quadro ETUC-organizzazioni datoriali europee di giugno 2020 insegna.
Università Cattolica del Sacro Cuore
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