corte costituzionale

Confermata la riduzione degli interessi sui vecchi Bpf

Resta invece aperta la questione relativa al tasso applicabile ai buoni fruttiferi postali delle serie successive al Dm del 1986

di Valentino Tamburro

5' di lettura

È lecito l’abbassamento dei tassi di interesse garantiti dai buoni postali fruttiferi sottoscritti prima del 1°luglio 1986, permesso dall’articolo 173 del cosiddetto Codice postale. Lo ha ribadito la Corte costituzionale con la sentenza n. 26 depositata il 20 febbraio 2020, in cui è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 173 del Dpr 29 marzo 1973, n. 156 , in base al quale, in passato, era possibile, con decreto dell'allora ministro del Tesoro, assunto di concerto con l'allora ministro per le Poste e le Telecomunicazioni, introdurre modifiche peggiorative dei tassi di interesse, con effetto su una o più serie di buoni postali fruttiferi emesse precedentemente al decreto ministeriale stesso.

Effetti pratici relativi
La questione di legittimità costituzionale è stata dichiarata in parte inammissibile e in parte non fondata. Gli effetti pratici della sentenza, che non rappresenta una novità rispetto a quanto stabilito dalla sentenza della Corte di cassazione, Sezioni Unite, n. 3963 del 2019, sono limitati ai buoni postali sottoscritti dai risparmiatori prima del 1° luglio 1986 e appartenenti, da ultimo, alle serie O, P e P/O. Per quelli sottoscritti dopo tale data, e appartenenti alla serie Q/P, è ancora pendente in molti tribunali italiani un'altra questione, di cui si dirà più avanti.

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Il decreto ministeriale
Il decreto con cui è stata disposta la riduzione degli interessi relativi ai buoni postali in circolazione e di futura emissione è il Dm 13 giugno 1986, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 148 del 28 giugno 1986. Il decreto in questione ha previsto, per i possessori dei buoni postali fruttiferi emessi prima dell'entrata in vigore dello stesso, una modifica peggiorativa dei tassi di interesse riportati originariamente nelle tabelle presenti sul retro dei Bpf. Per i buoni postali sottoscritti nel 1983, ad esempio, l'interesse riportato nella tabella presente a tergo del buono postale prevedeva un tasso di interesse crescente nel corso dei trenta anni di vita del titolo, da un minimo del 9% annuo, sino ad un massimo del 16 per cento. Nel caso di specie si trattava di un interesse composto dal primo al ventesimo anno, e di un interesse semplice dalla scadenza del ventesimo anno fino al trentesimo anno.

La sentenza n. 26/2020 della Corte costituzionale

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Per i risparmiatori importi ridimensionati
Con il Dm 13 giugno 1986 è stato previsto che sul montante dei buoni postali già in circolazione sarebbero stati applicati, dopo l'entrata in vigore del Dm stesso, tassi di interesse più bassi rispetto a quelli riportati nelle originarie tabelle presenti a tergo dei Bpf. I nuovi tassi andavano da un minimo dell'8% a un massimo del 12 per cento. Ciò ha comportato che, a distanza di trent'anni dalla sottoscrizione dei buoni postali in questione, appartenenti, da ultimo, alle serie O e P, l'importo rimborsato ai risparmiatori fosse più basso rispetto a quello riportato nella tabella a tergo del buono postale.

L'ammontare degli interessi non riscossi
Da un punto di vista pratico, in assenza del Dm 13 giugno 1986, un buono postale appartenente alla serie O del valore originario di 1 milione di lire, emesso nel mese di dicembre 1983, avrebbe determinato un rimborso, al termine del periodo di trent'anni, pari a circa 18mila euro. Con l'entrata in vigore del Dm 13 giugno 1986, che in base alla possibilità offerta dal citato articolo 173 del codice postale ha esplicato i suoi effetti anche sui buoni postali già emessi, appartenenti, da ultimo, alla serie O, P e P/O, il rimborso ottenuto dal risparmiatore ammonta a circa 8mila euro, con una perdita di circa 10mila euro ed un risparmio per le casse dello Stato di pari ammontare.

La decisione della Consulta
L'ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nasce da un giudizio di opposizione proposto da Poste italiane spa nei confronti di un decreto ingiuntivo che le intimava il pagamento delle somme residue che si assumevano da essa dovute a due risparmiatori. Questi ultimi nel 1983 avevano sottoscritto tre buoni fruttiferi postali dell'importo di 1 milione di lire ciascuno e, nel 2003, avevano riscosso tali titoli, ottenendo una somma inferiore, rispetto a quella attesa in base ai tassi di interesse previsti al momento della sottoscrizione dei buoni stessi. Nell'ambito di tale procedimento è stata sottoposta alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 173 del Codice postale.

La norma sotto i riflettori
Nell'ordinanza di rimessione è stato chiesto alla Consulta di valutare la legittimità costituzionale del suddetto articolo 173 del Codice postale, rispetto agli articoli 3, 43, 47 e 97 della Costituzione. Nella sentenza in commento, la Corte costituzionale ha dichiarato in parte inammissibile e in parte non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma in questione. Secondo la Corte tale disposizione rappresenta un ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e un'esigenza di contenimento della spesa pubblica. In futuro la questione di legittimità costituzionale potrebbe essere riproposta fornendo ulteriori argomentazioni che dovranno tenere conto, oltre che della sentenza in commento, anche delle motivazioni riportate nella sentenza a sezioni unite della Cassazione n. 3963 del 2019, con la quale, per i buoni emessi prima dell'entrata in vigore del Dm 13 giugno 1986, la Suprema corte si è già pronunciata a favore di Poste.

Nessuna conseguenza sui Bpf della serie Q/P
La sentenza della Corte costituzionale non ha nessun impatto sulla diversa problematica relativa ai buoni postali della “serie Q/P”, per i quali la questione controversa è diversa, essendo stati sottoscritti dai risparmiatori dopo l'emanazione del Dm 13 giugno 1986. Per tale tipologia di buoni postali, secondo il consolidato orientamento dell'Arbitro bancario finanziario, limitatamente agli ultimi 10 anni di vita del buono postale, al momento del rimborso trova applicazione l'interesse bimestrale riportato nella tabella stampata sul retro del Bpf, anche se superiore a quello riportato nel Dm 13 giugno 1986.Secondo l'Abf, infatti, qualora il decreto ministeriale modificativo dei tassi sia antecedente alla data di emissione del buono fruttifero, si ritiene che possa essersi ingenerato un legittimo affidamento del cliente sulla validità dei tassi di interesse riportati sul titolo e che tale affidamento debba essere tutelato. Tornando all'esempio del buono da 1 milione di lire, nel caso dei buoni postali della serie Q/P sottoscritti a partire dal 1° luglio 1986, nella maggior parte dei casi la maggiore cifra a titolo di interessi oggetto di contestazione da parte dei risparmiatori, rispetto a quanto viene rimborsato da Poste allo scadere del periodo di trent'anni, ammonta a circa 4 mila euro (l'importo dipende dal regime fiscale del buono postale, dalla data di sottoscrizione e dal modulo utilizzato da Poste).

Così la giurisprudenza
Nella giurisprudenza di merito vi sono due orientamenti in relazione alla suddetta questione controversa, uno a favore dei risparmiatori e uno a favore di Poste. Recentemente sono state pronunciate più sentenze da diverse Corti d’appello in relazione ai Bpf della serie Q/P. Sarà quindi molto interessante analizzare le future sentenze della Corte di cassazione sulla questione relativa a tale tipologia di buoni postali.

Per approfondire
Quei buoni postali con il rendimento dimezzato

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