I punti chiave
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Un robusto intervento di taglio del cuneo fiscale per dare slancio ai salari compressi dalla ripresa dell’inflazione, senza impattare sul costo del lavoro delle imprese. Assegnare alle parti sociali la regolamentazione dello smart working per cucirlo su misura sulle specificità di azienda e settore. Estendere la contrattazione di secondo livello azzerando le tasse sui premi di produttività, attualmente assoggettati alla cedolare secca del 10%. Insieme alle cautele sull’introduzione del salario minimo legale, su cui restano posizioni articolate tra le parti sociali.
Dal Festival dell’economia di Trento sono emerse alcune convergenze sulla linea di politica economica delineata dal ministro dello Sviluppo economico. Intervenuto durante la terza giornata del Festival di Trento, venerdì 3 giugno, Giancarlo Giorgetti ha proposto di tagliare il cuneo fiscale per rilanciare il potere d’acquisto.
Il giorno dopo il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe, ha partecipato con i leader della Cisl e della Uil, rispettivamente Luigi Sbarra e Pierapaolo Bombardieri, ad una tavola rotonda sui cambiamenti del mercato del lavoro, nonostante restino ancora divergenze su diversi temi. Iniziamo dalle ricette su come tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni, con Cisl e Uil che premono anzitutto sul rinnovo del contratti nazionali.
Tutti e tre - Confindustria, Cisl e Uil - hanno rivendicato il ruolo attivo delle parti sociali nel regolare con la contrattazione il ricorso allo smart working, come poi riconosciuto dalle linee guida concordate insieme al ministro del lavoro, Andrea Orlando, a inizio dicembre nel privato e successivamente con il ministro della Pa, Renato Brunetta nel pubblico. Una regolazione avvenuta anche a livello aziendale, hanno ribadito tutti e tre, per «adattare meglio il lavoro agile alle caratteristiche dell’impresa».
Cisl e Uil: rinnovo dei contratti e meno tasse sul lavoro
«Bisogna rinnovare i contratti scaduti nel privato come nel pubblico - ha detto Sbarra-, penso alla scuola, alla sanità, agli enti locali, alla ricerca e università. Al governo chiediamo di ridurre il peso della tassazione dei redditi da lavoro e da pensione, azzerando le tasse ai premi di risultato e agli accordi sul welfare aziendale. Per sostenere la ripartenza dei consumi, proponiamo anche di ridurre l’Iva sui beni alimentari di prima necessità, come la pasta, il pane e il atte, e accelerare gli investimenti del Pnrr. E’ la crescita che ci salva».
Quanto alle proposte di Bombardieri: «Abbiamo chiesto da tempo un intervento di taglio del cuneo fiscale, insieme ai rinnovi ai 7 milioni di lavoratori che hanno il contratto scaduto. I contratti collettivi nazionali rinnovati con Confindustria hanno recuperato il potere d’acquisto, adesso servono riposte dal Governo sulla detassazione degli aumenti contrattuali e la decontribuzione dei premi di produttività»,
Confindustria: dal taglio del cuneo un mese in più in busta paga
Dal canto suo Stirpe ha ricordato che tra le aziende associate a Confindustria «i contratti rinnovati rappresentano il 94%,su quelli che non si rinnovano pesano vicende specifiche». Stirpe ha ribadito la richiesta di «affrontare in modo chiaro il tema della tenuta del potere d’acquisto dei lavoratori senza aumentare costo del lavoro, perché le imprese tra incrementi del costo dell’energia, le difficoltà del reperimento delle materie prime e il progressivo incremento dei costi finanziari, non possono permettersi di sostenere anche anche un aumento del costo del lavoro, pena la loro stessa sopravvivenza». Stirpe ha rilanciato la proposta del presidente Bonomi di un’ampia riduzione del cuneo fiscale - da 16 miliardi di valore - per due terzi a vantaggio dei lavoratori e per un terzo delle imprese, per mettere in tasca a lavoratori con redditi fino a 35mila euro una mensilità in più senza gravare sui costi delle imprese. «Non bisogna dimenticare - ha aggiunto il vicepresidente di Confindustria - il legame tra salari e produttività che dal 1995 al 2022 in Italia è cresciuta del 10% mentre nei Paesi virtuosi è aumentata del 40%.Sì alla detassazione degli aumenti contrattuali, bisogna diffondere la contrattazione di secondo livello».
Divisioni sull’introduzione del salario minimo
L’altro tema in agenda riguarda il salario minimo, con la proposta della direttiva europea che il ministro Orlando intende recepire attraverso l’estensione erga omnes delle retribuzioni dei contratti più rappresentativi.
Stirpe: con i nostri accordi non servirebbe il salario minimo
«Premesso che la direttiva europea riguarda Paesi con una contrattazione inferiore al 70%, e in Italia il livello è ben superiore - ha ricordato Stirpe - se come parti sociali applicassimo l’accordo interconfederale del 2014 che ha definito i perimetri della contrattazione e i criteri di misurazione della rappresentanza, oltre al Patto della fabbrica del 2018, assieme alle tutele dell’articolo 36 della Costituzione, non avremmo bisogno del salario minimo. Il tema, peraltro, non ci riguarda considerando che su 378 livelli di inquadramento contrattuale le imprese di Confindustria hanno 3 o 4 casi al di sotto dei 9 euro lordi indicati dal Ddl Catalfo. Servono poi cautele nel fissare il livello per legge, occorre un criterio oggettivo con riferimento al 60% del salario mediano».
I sindacati: si estendano i minimi contrattuali
Sul salario minimo è fortemente contrario Sbarra: «Non serve il salario minimo per legge, che avrebbe l’effetto di produrre un abbassamento generalizzato delle retribuzioni contrattuali - ha detto -. La soluzione potrebbe essere quella su cui stiamo lavorando con il ministro Orlando di estendere i minimi contrattuali sottoscritti da sindacati più rappresentativi, dandogli valore legale». Favorevole Bombardieri, con motivazioni analoghe a quelle di Sbarra: «Sì al salario minimo - ha detto - purché in applicazione della direttiva europea coincida con i minimi contrattuali».
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