L’impatto della guerra in Ucraina

Confindustria: crollo Pil 2022 all’1,9%. Bonomi: numeri che spaventano, sul caro-energia misure insufficienti

Il Centro studi di viale dell’Astronomia: con caro-energia 68 miliardi in più, a rischio anche gli effetti positivi del Pnrr

(ANSA)

5' di lettura

In uno scenario in cui «la durata della guerra è una variabile cruciale» e ipotizzando che da luglio finisca o si riducano incertezza e tensioni, il Centro studi di Confindustria stima una crescita del Pil 2022 tagliata a +1,9% «con un’ampia revisione al ribasso (-2,2 punti)» rispetto alle stime dello scorso ottobre «quando tutti i previsori erano concordi su un +4%». Considerando il +2,3% di crescita acquisita per «l’ottimo rimbalzo dell’anno scorso» l’Italia «entrerebbe così in una recessione tecnica seppur di dimensioni limitate”. Il ritorno a livelli pre-Covid «slitta dal secondo trimestre di quest’anno al primo del prossimo».

Bonomi: stime su Pil numeri che spaventano

«Anche nello scenario meno complicato i numeri che sono usciti dal rapporto» di previsione del CsC «spaventano, spaventano in maniera molto forte», sottolinea il leader degli industriali, Carlo Bonomi nella conferenza stampa di presentazione del rapporto. «Danno concretezza - dice - ad un allarme crescente, e purtroppo inascoltato, che Confindustria ha iniziato a lanciare già prima della guerra, quando già si vedeva un rallentamento».

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Bonomi: insufficienti misure del Governo su caro-energia

«La risposta rapida e strutturale che aspettiamo l’abbiamo illustrata da settimane al Governo. È un tetto al prezzo del gas» dice il presidente di Confindustria che sottolinea: sul fronte del caro-energia «le misure fin qui adottate dal Governo non sono sufficienti». In Italia dove il costo industriale di benzina e gasolio «non è il più alto» ma c’è «la più elevata quota di accise e Iva aggiunta al distributore», sottolinea il leader degli industriali, «decidere un taglio limitato a 30 giorni fa solo pensare che il Mef non intenda rinunciare a nulla di un prelievo così inaccetabilmente elevato».

Stima Pil primo trimestre -0,2%, secondo -0,5 +

«Nello scenario di previsione» sull’economia italiana pubblicato dal Centro Studi di Confindustria «nella prima metà del 2022, quando si dispiegheranno pienamente gli effetti negativi della guerra, l’economia italiana» entrerebbe «in una “recessione tecnica” con un calo di -0,2% e di -0,5% nei primi due trimestri». La previsione per il 2023 è per una crescita del Pil del +1,6% dopo una previsione di crescita del 2022 vista in calo al +1,9%.

Bonomi, stime su Pil numeri che spaventano

«Questi scenari e questi numeri - avverte Bonomi - dovrebbero costituire un serissimo allarme generale per le istituzioni e la politica del nostro Paese». «Il tentativo in tutto il 2021, di fronte al nostro crescente richiamo agli enormi rischi della ascesa ripida dei prezzi energetici e delle commodities minerarie e agricole - prosegue il leader degli industriali - è stato quello di ripetere che gli aumenti di costo e le difficoltà di approvvigionamenti alla produzione erano fenomeni effimeri e temporali». E avverte: «Per molti versi vediamo intorno a noi oggi un’analoga tendenza: credere che magari tra qualche settimana il conflitto in Ucraina finisca e tutto torni come nel 2019 pre-Covid. Non è stato vero l’anno scorso, non è vero in questo 2022». È quindi, dice, «venuto il momento di abbandonare queste azzardate illusioni. E di adottare misure strutturali e adeguate».

I tre scenari sulla crescita

Con le previsioni di primavera accanto ad uno scenario (+1,9% Pil 2022, +1,6% Pil 2023) che «si basa sull’ipotesi che il conflitto tra Russia e Ucraina abbia una durata limitata e termini entro il secondo trimestre 2022», gli economisti di Confindustria hanno delineato anche «uno scenario avverso, nel caso il conflitto si estenda fino a dicembre 2022» e un terzo «scenario severo, nell’ipotesi, ulteriormente peggiorativa, che il conflitto Russia-Ucraina si protragga fino alla fine del prossimo anno».

Lo «scenario avverso»: Pil +1,6% nel 2022 e +1% nel 2023

Un prolungamento del conflitto, indicano gli economisti di via dell’Astronomia, «si rifletterebbe soprattutto sui prezzi dei beni energetici, in particolare gas e petrolio, e di alcune commodity agricole, ma anche sul corretto funzionamento delle catene globali del valore e del commercio internazionale, sulla fiducia degli operatori attraverso il canale dell’incertezza e sui mercati finanziari». Nello “scenario avverso” la crescita dell’economia italiana si fermerebbe al +1,6% nel 2022 e al +1% nel 2023. Per questa stima «il prezzo del petrolio è stato fissato a un livello medio annuo di 3,25 dollari superiore allo scenario base nel 2022 e di 5,25 dollari nel 2023, quello del gas a 4,25 euro al mwh in più nel 2022 e 0,02 nel 2023, lo stress finanziario è di 0,55 punti superiore nel 2022 e di 0,70 punti nel 2023».

Lo scenario severo: +1,5% nel 2022 e -0,1% nel 2023

Nello “scenario severo” la crescita del Pil è limitata al +1,5% nel 2022 e arretra (-0,1%) nel 2023. È uno scenario che «nel 2022 differisce da quello avverso solo per un più forte shock finanziario, legato anche alla maggior incertezza, che è stata ipotizzata essere in media d’anno superiore del 12% (+151,8 rispetto allo scenario di base). Nel 2023, il prezzo del petrolio è stato fissato a un livello medio annuo di 24,5 dollari superiore allo scenario base, quello del gas a 33,50 euro al mwh in più, lo stress finanziario di 2,50 punti maggiore».

Caro-energia da 68 miliardi in più: «Insostenibile»

«I rincari di petrolio, gas, carbone, stanno facendo crescere i costi delle imprese», torna adavvertire Confindustria, con il Centro Studi di via dell’Astronomia che stima «una crescita della bolletta energetica italiana di 5,7 miliardi su base mensile, ovvero in un maggior onere di 68 miliardi su base annua». «Le imprese hanno finora in gran parte assorbito nei propri margini, fino ad annullarli in alcuni casi, questi aumenti dei costi” ma l’impatto “non è sostenibile. Per questo diverse imprese stanno riducendo o fermando la produzione, o prevedono di farlo nei prossimi mesi».

A rischio anche gli effetti positivi del Pnrr

Nell’attuale scenario economico «anche gli effetti positivi derivanti dall’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono a rischio, perché alcuni degli investimenti previsti potrebbero essere di difficile realizzazione ai prezzi attuali», avverte il Centro Studi di Confindustria. “Inoltre - rilevano gli economisti di via dell’Astronomia -, la scarsità di vari materiali potrebbe rendere difficoltoso realizzare alcuni investimenti nei tempi previsti. È, quindi, probabile che alcuni progetti debbano essere rivisti alla luce del contesto attuale, affinché il Piano possa essere effettivamente implementato».

Bonomi: fare riforme Pnrr ma rivedere priorità investimenti

Riferendosi agli investimenti del Pnrr Bonomi ha sottolineato: «Se chi deve fare gli investimenti, chi deve fare alle opere sta dicendo oggi che non è in grado di farle, se io fossi il governo qualche riflessione la farei». Perché «non rendersi conto di quello che sta succedendo non ci porta a fare quello che è necessario». «Altro discorso - aggiunge - è quello della componente delle riforme agganciata al Pnrr: noi abbiamo sempre detto che la parte che a noi interessa di più è quella di fare le riforme: su questo il governo deve andare avanti senza se e senza ma, noi abbiamo bisogno di un periodo di riformismo competitivo, cioè di fare quelle riforme che da trent’anni il paese aspetta, che lo rendano competitivo, e che non si sono mai fatte. Su quelle ovviamente bisogna andare avanti mentre sul resto - dice il leader degli industriali - io faccio fatica a capire se, permettetemi la battuta, oggi sono più importanti 52 km di piste ciclabili o forse realizzare quegli impianti di rigassificazione di cui abbiamo bisogno e che possono portare sollievo alle bollette energetiche di imprese e famiglie. Perché sennò il rischio è che faremo le 52 piste ciclabili e ci andremo tutti perché non avremo altro».

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