Cassazione

Coni responsabile per la caduta del tifoso dai gradini dello stadio Olimpico

La società deve risarcire, per omessa custodia, lo spettatore che scivola su una macchia oleosa negli scalini che per i giudici era prodotta dall’impianto e non creata da terzi

di Patrizia Maciocchi

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2' di lettura

La Coni servizi Spa (dal 2019 Sport e salute Spa) deve risarcire il tifoso che scivola su un liquido oleoso sparso sui gradini dello Stadio Olimpico. Per evitare la responsabilità per omessa custodia la società avrebbe dovuto dimostrare che la macchia era opera di terzi, cosa nello specifico non avvenuta, e che non c’è stato il tempo per intervenire in tempo utile. La Cassazione (sentenza 3589) respinge così il ricorso del Coni, secondo il quale il liquido era certamente stato versato da terzi e dunque la caduta dello spettatore, durante un incontro di calcio, non poteva essere ricondotto ad un difetto di custodia e, comunque, l’onere della prova gravava sul danneggiato.

La sostanza prodotta dall’impianto

Diversa la ricostruzione della Corte territoriale che, a differenza del Tribunale, era giunta alla conclusione che la sostanza non era stata versata da uno spettatore ma piuttosto “prodotta” dallo stesso impianto sportivo. In più non è condivisibile neppure la tesi sull’onere della prova, sostenuta dalla difesa del Coni. Nei casi che rientrano nel raggio d’azione dell’articolo 2051 del Codice civile, in tema di risarcimento danni nel caso di beni in custodia, «il danneggiato ha l’onere di provare il nesso di causa tra il danno subìto e il “dinamismo” della cosa, mentre grava sul custode la prova liberatoria del caso fortuito».

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Caso fortuito e onere della prova

Nell’ipotesi di caso fortuito rientra certamente l’azione imprevedibile del terzo che sparge l’”olio” che, nell’immediatezza, provoca la caduta senza possibilità di intervento per prevenirla. Nulla di tutto questo nello specifico però era accaduto anzi, la Corte d’Appello nella sua discrezionalità, aveva motivato sulle ragioni che inducevano a ritenere che l’insidiosa sostanza fosse prodotta dalla struttura. Ed è mancata una prova contraria.

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