Consumi fuori casa in ripresa ma è emergenza lavoro: mancano 150mila addetti
Quest’anno la spesa in bar, ristoranti, pizzerie e pubblici esercizi raggiunge i 89,6 miliardi ma il 60% delle aziende non riesce a trovare personale formato.
di E.N.
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In ripresa i consumi fuori casa nel 2023. Quest’anno, secondo le stime dell’Ufficio Studi di Fipe presentati durante l’Assemblea annuale, si toccherà un valore di 89,6 miliardi a prezzi correnti mentre nel 2022 si è raggiunta un spesa di 83,5 miliardi. A prezzi costanti, al netto del rincari portati dall’inflazione, la situazione si ribalta: la spesa per bar, ristoranti, pizzerie, catering nel 2019 era di 97,8 miliardi. In altre parole il mondo della ristorazione ha da recuperare un gap dell’8,2%. Un quadro in chiaro scuro per un settore che da lavoro a ben 987mila addetti impiegati in circa 334mila attività e continua a soffrire per la mancanza di personale. Tra ottobre e dicembre, periodo chiave per il fuori casa, gli esercenti sono alla ricerca di almeno 151mila addetti alla ristorazione ma il personale è di fatto introvabile. Un male che colpisce circa il 60% delle aziende colpite dalla mancanza di candidati. Servono 57mila camerieri, poco più di 30mila tra baristi e camerieri di bar, quasi 33mila tra cuochi e aiuto cuoco. La situazione non va meglio per gli addetti delle mense e i cuochi: ne servono circa 10mila. Si cerca soprattutto personale over 25 che abbia già maturato una esperienza specifica. Non a caso Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, nel suo intervento dice: «Servono interventi più strutturali, di indirizzo verso le tematiche del lavoro, in un settore come il nostro che fa del servizio l’elemento premiante. Sicuramente il nostro settore sconta un fattore reputazionale, perché non sempre viene visto solo sulla superficie senza andare in profondità. Dietro queste attività ci sono certamente i lavoretti, ma hanno consentito a molti giovani di finanziarsi gli studi, di avere delle prospettive». Da qui la richiesta di «politiche più mirate legate in questa fase ai temi del lavoro, con la difficoltà a rinnovare i contratti collettivi nazionali, come il nostro che è scaduto da più di due anni».
Il rapporto con l’agroalimentare
Da non dimenticare il rapporto sinergico tra filiere agroalimentari e ristorazione. «La ristorazione è agganciata alle nostre filiere produttive di qualità, dalla produzione alla trasformazione primaria, secondaria, fino alla distribuzione finale - ha detto Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, sovranità alimentare e delle foreste - Questo garantisce una crescita economica, quella necessaria ricchezza che viene creata solo attraverso l’investimento sull’impresa, che può essere ridistribuita aiutando i più deboli senza far debiti e senza svendere gli asset strategici della nazione. In ultimo, ma non per ultimo, i nostri ristoratori garantiscono benessere, per quello che danno da mangiare ai loro clienti ma anche per la convivialità, il come questo avviene, in luoghi che sono ospitali, nei quali si sta bene. Questa è la ragione per la quale in tutto il mondo c’è tanta voglia di passare pranzi e cene nei ristoranti italiani. Perché si sta bene».
Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, ha confermato alla platea la proroga per un altro anno, fino al dicembre 2024, dei dehors, i tavolini all’esterno dei locali «a beneficio di una categoria che è un elemento portante, strategico del nostro made in Italy, con il quale vogliamo lavorare sempre più e meglio per consentire di essere il punto di frontiera positiva dei prodotti dell’enogastronomia italiana» rimarca Urso.
Il nodo del toastgate
La categoria dei pubblici esercizi deve inoltre gestire il non sempre facile rapporto tra clienti, social e informazione. È il caso delle polemiche viste la passata estate tra caro scontrini, toastgate, false recensioni, polemiche tra servizio e cortesia al cliente. «Tutti ricordano le polemiche estive sui cosiddetti scontrini gonfiati - ricorda Stoppani - con le presunte furberie di alcuni nostri operatori che hanno applicato maggiorazioni rispetto al prezzo base di alcuni prodotti somministrati, scatenando così un uragano di diffamazione. C’è infatti la strana pretesa per la quale nei nostri bar e ristoranti ogni servizio aggiuntivo deve essere inteso come cortesia, senza rendersi conto che quella cortesia ha comunque un costo aggiuntivo per l’esercente». L’intervento del presidente Fipe si conclude con «I pubblici esercizi, che fanno della convivialità il loro business, hanno un portato di socialità e una potenzialità di presidio del territorio che pochissime altre attività esprimono, luoghi della nostra cultura, simboli del nostro modo di intendere la comunità e la libertà». Parole a cui la platea ha tributato la standing ovation.
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