Ristoranti quasi come nel pre Covid, ma la crisi taglia gli utili
Rapporto Fipe: nel 2022 consumi fuori casa ancora a -4% sul 2019, valore che sale al 12% tenendo conto dell’inflazione. Il 28 aprile la Giornata della ristorazione. Problemi di reclutamento di personale. Il presidente Stoppani: «Modello da ripensare»
di Emiliano Sgambato
4' di lettura
Il 2022 è stato l’anno della ripresa del consumo di pasti fuori casa: per tornare ai livelli pre Covid manca ormai poco e il 2023 si è aperto con segnali positivi che lasciano intravedere il “pareggio”. Il 64% dei ristoratori dichiara di essere tornato ai livelli di fatturato del 2019 e il 57% degli operatori è fiducioso, ma non si possono sottovalutare gli effetti della crisi in corso, con l’inflazione che da un lato incide dal lato costi e dall’altro taglia il potere d’acquisto delle famiglie.
È la fotografia scattata sul settore del report annuale sulla ristorazione redatto da Fipe, presentato a Roma in un evento che ha anche lanciato la Giornata della Ristorazione italiana per il prossimo 28 aprile .
«Sebbene ancora inferiore rispetto ai livelli del 2019 di 4 punti percentuali a valori correnti, la spesa delle famiglie nella ristorazione è risalita a circa 82 miliardi di euro, avvicinandosi agli 85 miliardi e mezzo del periodo pre-Covid», segnala la Federazione pubblici esercizi aderente a Confcommercio, secondo cui «il traino è arrivato anche dal ritorno del turismo internazionale e il valore aggiunto del settore ha superato nel 2022 i 43 miliardi di euro (+18% rispetto all’anno precedente)». Tuttavia a prezzi costanti, cioè scontando l’inflazione, il terreno di recuperare sale al 12%.
Secondo il Rapporto, a dicembre 2022 erano 336mila le imprese operative nel mercato della ristorazione. Di queste, 9.526 hanno avviato l'attività nel corso dell'anno, mentre sono 20.139 quelle che hanno abbassato le saracinesche con un saldo negativo di oltre 10.600 unità. La cause sono da ricercare tra «gli strascichi della crisi pandemica» e «il forte incremento dei costi in particolare delle materie prime e dell'energia (+200%) che hanno fortemente eroso i margini operativi delle imprese». La crisi si sente soprattutto nei bar: solo uno su due è rimasto aperto tra quelli aperti negli ultimi 5 anni.
Lo studio sottolinea come la spinta inflattiva del settore sia stata più contenuta di quanto avvenuto a livello generale, con un incremento dei prezzi del 5% molto più contenuto rispetto a quello registrato per l'intera economia. «Un dato che rivela una certa difficoltà delle imprese nel gestire la fase di aggiustamento dei listini – comunicano da Fipe – dovuta a valutazioni di contesto ma anche a scelte conservative, fatte spesso per paura di perdere clientela che per giusta consapevolezza». Il 51% delle imprese ha aumentato i prezzi nel 2022 e il 26% dichiara che dovrà farlo nel 2023.
Continua a essere sentito il problema relativo all'occupazione dove si continua a fatica a trovare personale qualificato. Secondo Fipe comunque c'è stato un «deciso balzo in avanti che l’ha riportata vicino ai livelli pre-pandemia con oltre 165mila aziende con almeno un dipendente hanno impiegato nel 2022 una media di oltre 987mila lavoratori, solo 3.700 in meno del 2019». Si tratta però di un aspetto ancora critico «soprattutto rispetto al numero di contratti a tempo indeterminato e a quelli che riguardano donne e giovani impiegati nel settore, che invece restano abbondantemente sotto i livelli pre-covid». A questi va aggiunta la fetta di occupazione indipendente (titolari, soci, ecc.) che vale oltre 350 mila persone e che, invece, appare più lenta a tornare ai livelli del 2019.
Per il 2023 le stime di Fipe prevedono una crescita del comparto compresa tra il 5 e il 10%, confermata anche dal sentiment degli addetti ai lavori: il 70% dei ristoranti pensa di mantenere gli obiettivi conseguiti nel 2022, con 1 ristoratore su 4 che ritiene di superarli. «C'è in pratica un clima positivo sulle prospettive del settore. Nove imprenditori su dieci sono fiduciosi sul futuro, sebbene riconoscano che sia necessario far fronte ai cambiamenti imposti dall'emergenza pandemica».
Sul fronte del tipo di consumi, le colazioni e i pranzi fuori casa sono in affanno, meglio invece vanno le uscite serali per aperitivi e cene.
«Il Rapporto di quest’anno racconta di un “rovesciamento” di fronte, poiché nell'anno appena trascorso abbiamo visto rivelarsi l'altra faccia della crisi post-pandemica: dalla crisi della domanda si è passati nel volgere di pochi mesi ad affrontare una crisi di costi – dichiara Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio –. Pur avendo recuperato, magari non completamente, ma piuttosto solidamente, i livelli dei consumi pre-Covid, l’impatto del forte aumento delle bollette e, seppure meno intenso, delle materie prime, hanno messo a dura prova la tenuta dei conti economici delle aziende. Rimettere al centro il lavoro di qualità e ripensare i modelli organizzativi delle imprese in termini di sostenibilità sono i due assi portanti di una strategia imprenditoriale per i prossimi anni. La ristorazione è, e rimane, intersezione tra filiere essenziali e sostanziali del Made in Italy e stile di vita delle comunità; e il suo racconto contribuisce a dare un punto di riferimento più solido all'economia del Paese. Per questo presentando anche la giornata della ristorazione che si svolgerà il 28 aprile, uniamo numeri e simboli di un settore che merita grande attenzione».
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