maggioranza giallorossa

Il governo Conte ottiene la fiducia al Senato con 169 sì. Il premier a Salvini: «Non vedo dignità nel vostro voltafaccia»

Il nuovo esecutivo ha ottenuto la fiducia con 169 voti favorevoli. Contrari 133, 5 gli astenuti. Chiedendo la fiducia a Montecitorio, Conte ha invocato una nuova stagione riformatrice dai toni pacati, promettendo il taglio dei parlamentari e una nuova legge elettorale, la revisione dei decreti Sicurezza, legge di Bilancio senza aumento dell'Iva, tagli al cuneo fiscale e un nuovo Patto di Stabilità

di Nicola Barone e Vittorio Nuti

Le 10 parole chiave di Giuseppe Conte

4' di lettura

Il nuovo governo Conte ha ottenuto la fiducia anche al Senato. I voti favorevoli sono stati 169, 133 i contrari, 5 gli astenuti. «Il Parlamento ha votato la fiducia al Governo. Un nuovo inizio per l'Italia, una stagione riformatrice di rilancio e speranza - ha twittato Conte dopo il voto - Costituzione e rispetto delle Istituzioni la nostra bussola, gli interessi degli
italiani il nostro obiettivo. Al lavoro con coraggio e determinazione».

Per completare la squadra del nuovo esecutivo mancano solo i sottosegretari, sui quali si chiude «il prima possibile», dice il premier dopo il voto al Senato rispondendo a chi gli chiede se la nomina dei sottosegretari arriverà nel Consiglio dei ministri di giovedì 12 settembre. E alla domanda se la visita a Bruxelles di mercoledì serva ad avviare la trattativa con l’Ue, Conte risponde che «la manovra si fa in Italia».

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«Assegnare ad altri le proprie colpe è il percorso più lineare per essere deresponsabilizzati a vita, un modo certo, non il migliore, per salvare la propria leadership. Errare è umano, ma dare agli altri le proprie colpe è il modo migliore per conservare la leadership del proprio partito». Così il premier Giuseppe Conte nella replica al Senato sulla fiducia, in risposta diretta all'opposizione durissima del centrodestra. «Poi con calma nelle prossime settimane spiegherete al Paese cosa ci sia di dignitoso in tutti i repentini voltafaccia che ci sono stati in poche settimane», aggiunge il premier finito nel mirino del Carroccio.

Gli strali di Matteo Salvini lanciati a Palazzo Madama («ho conosciuto per mesi quello che sembrava un presidente del Consiglio. Poi non so che cosa è cambiato, cosa gli hanno promesso. Da un premier mi aspetto un'idea per l'Italia, non insulti continui. È un uomo organico al potere, senza dignità. Abbiamo scoperto un nuovo Monti, un nuovo Gentiloni. Chi si somiglia, si piglia») producono la reazione stizzita di Conte secondo cui la polemica contro il governo giallorosso arriva «da chi è rimasto fermo all'8, quando con arroganza e con scarse cognizioni di diritto costituzionale ha ritenuto di provocare una crisi, ha ritenuto di poter unilateralmente portare a elezioni il paese e addirittura a portare il Paese a elezioni da ministro dell'Interno e sempre unilateralmente e arbitrariamente di concentrare definitivamente tutti i pieni poteri su di se. Se questo era lo schema è comprensibile che chiunque lo abbia ostacolato sia diventato nemico».

Alla sua seconda prova in Parlamento per ottenere la fiducia, il nuovo esecutivo sembra poter contare su una maggioranza che potrebbe oscillare sulla carta tra i 169 e i 173 voti a favore (incassato nel frattempo il via libera dei senatori a vita Liliana Segre e Mario Monti).

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I NUMERI AL SENATO

Maggioranza ½+1 = 161

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La seduta è partita nervosa e rissosa, dopo la bagarre scoppiata a Montecitorio tra Cinque Stelle e leghisti con grida, cartelli e cori da stadio. Al suo arrivo, Conte è stato accolto da urla e dai cori «traditore, traditore» e «dignità, dignità»partiti dai banchi della Lega. Un senatore, dai banchi di Forza Italia, mostra un cartello con la scritta «Sei un barone, non un conte» riferito al premier. Governo presente quasi al completo, con 19 ministri su 21 seduti ai loro scranni (assenti il titolare dell'Economia Roberto Gualtieri e quello dell'Ambiente Sergio Costa). In Aula anche il leader della Lega Matteo Salvini, ieri in piazza con Giorgia Meloni. Per lui l'applauso dei senatori del Carroccio e il coro «Matteo, Matteo», che ha interrotto per qualche minuto la discussione generale sulla fiducia.

Nel suo intervento, disturbato dal grido «Bibbiano, Bibbiano» intonato dai leghisti, il dem Dario Stéfano definisce l'Esecutivo Conte bis «espressione compiuta degli anticorpi istituzionali che la nostra Carte costituzionale prevede per arginare atteggiamenti populisti e sovranisti». «Era nostro dovere civile fermare questo scempio, questo schiaffo alla storia», spiega. con la fiducia a questo governo, conclude, « si cementa in un patto politico che intende chiudere una stagione di odio e rancore, la stagione delle spiagge e dei mojito preferiti ai luoghi istituzionali».

L'intesa Pd-M5S è stata invece il bersaglio del senatore leghista ed ex sottosegretario all'Interno Stefano Candiani, che ha accusato il governo in rampa di lancio di «sottomissione all'Europa» e di aver realizzato «il funerale della politica» e la «restaurazione della prima Repubblica».

«Per scrivere un contratto di governo ci sono volute settimane, ora ci avete messo 10 giorni a mettervi d'accordo con quella roba lì», ha attaccato Candiani, e riferendosi al Pd ha aggiunto: «Voglio vedervi quando Di Battista andrà in piazza».

PER APPROFONDIRE: Conte 1 e Conte 2, le parole più usate nei discorsi per la fiducia

I numeri della fiducia a Palazzo Madama
La fiducia al Senato - primo vero scoglio politico del Conte bis prima della legge di Bilancio, altro passaggio particolarmente delicato – ha numeri più risicati rispetto all'altro ramo. La forchetta dei voti favorevoli è tra 169 e 173. In partenza, a sostenere il governo ci sono i due principali azionisti Pd e M5S. Tra i 107 senatori pentastellati i sì oscillano fra 103 e 105: Gianluigi Paragone ha annunciato che non darà la fiducia, indecisi – ma orientati al sì - sarebbero anche Lello Ciampolillo e Mario Giarrusso. Manca poi il voto di una senatrice assente giustificata per malattia. I voti favorevoli certi tra i 51 senatori democratici dovrebbero attestarsi a quota 49: oltre a un assente giustificato per malattia in forse il voto di Matteo Richetti che potrebbe uscire dall'Aula.

In totale, dunque, una soglia probabile di 154 sì a cui si aggiungerebbero nove voti favorevoli del gruppo Misto (quattro di LeU, Nencini, Buccarella, De Bonis, Nugnes, De Falco) e altri tre voti della Autonomie (Casini, Bressa e Laniece). Il totale salirebbe così a 166 voti a sostegno del nuovo Esecutivo a cui potrebbero aggiungersi anche alcuni voti favorevoli dei sei senatori a vita: Liliana Segre, Mario Monti e Elena Cattaneo.

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