ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùPentastellati in fibrillazione

Conte tra Di Maio e Grillo, le divisioni M5s rendono concreta l’ipotesi nuovo partito

L’ex premier strizza l’occhio alla variegata galassia dei pacifisti: c’è più di un segnale che stia seriamente valutando uno sganciamento dal governo

di Emilia Patta

Pnrr, Conte: "Siamo in ritardo. Non bisogna sprecare un euro"

3' di lettura

Primarie di coalizione con anche il M5s, e sarebbe la prima volta in assoluto, per scegliere il candidato del centrosinistra che correrà in autunno per la guida della regione Sicilia. Anche solo l’ipotesi è il segno che Letta non rinuncia, nonostante le fortissime divisioni sulla guerra in Ucraina con Giuseppe Conte, a lavorare al “campo largo” da contrapporre alla destra. Eppure da qui all’autunno molte cose potrebbero cambiare. E anche a Largo del Nazareno è arrivato negli ultimi giorni più di un segnale che Conte stia seriamente valutando uno sganciamento dal governo - una sorta di appoggio esterno - per tentare di recuperare consensi nell’area eterogenea dei pacifisti anti-Usa e anti-Nato.

Contrasti sul termovalorizzatore romano e sulle armi all’Ucraina

L’insistenza con la quale il presidente pentastellato chiede un nuovo voto del Parlamento sulla questione delle armi all’Ucraina - è la domanda che si fanno i dem così come il ministro degli Esteri e principale competitor interno di Conte, Luigi Di Maio - che senso avrebbe se non quello di mettere nero su bianco un no del M5s in politica estera e aprire di fatto una crisi di governo? Al più tardi l’occasione sarà data dal decreto Aiuti, calendarizzato in Aula alla Camera per il 30 giugno, dopo i ballottaggi delle comunali: se il governo non cambierà la norma che consente al sindaco dem di Roma Roberto Gualtieri di costruire il termovalorizzatore, il M5s voterà no.

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I numeri dopo una possibile scissione in Parlamento

«Alcuni giornali ci descrivono come isolati. Forse nei palazzi della politica, dove siamo gli unici a batterci per i lavoratori che guadagnano pochi euro l’ora. Ma certo non siamo isolati nel Paese perché l’86% degli italiani la pensa come noi - scrive Conte su Facebook riferendosi a un sondaggio sul salario minimo -. Mentre i privilegiati della politica vogliono togliere i sostegni a chi non ha di che mangiare per investire sulla folle corsa alle armi». C’è tutto: il no alle armi, il soffiare sul disagio sociale. Conte guarda fuori dai palazzi, appunto, e non dentro. Nella convinzione che anche se un eventuale strappo con Draghi provocasse una scissione in Parlamento il ritorno in termini di voti ci sarebbe. Sulla carta Di Maio può contare su un’ottantina di parlamentari: con lui personalità come la viceministra all’Economia Laura Castelli, il presidente della commissione Ue della Camera Sergio Battelli, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, il deputato Gianluca Vacca e il senatore Primo Di Nicola. Ma il resto dell’organigramma 5 Stelle non è tutto contiano doc. “Uomini” di Conte possono essere considerati il capodelegazione al governo Stefano Patuanelli e i 5 vice recentemente nominati: Mario Turco, Alessandra Todde, Paola Taverna, Michele Gubitosa e Riccardo Ricciardi. Fuori dal cerchio stretto ma in questa fase politica molto vicino a Conte c’è ad esempio il presidente della Camera Roberto Fico: dirigenti (ex?) fichiani come il presidente della prima commissione della Camera Giuseppe Brescia o il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Inca come reagirebbero in caso di strappo di Conte con il governo? E come reagirebbe lo stesso Fico?

L’influenza di Grillo

Senza contare che resta alta l’influenza del Garante Beppe Grillo, recentemente “assunto” dal M5s con un contratto da 300mila euro per la comunicazione sui temi green, a cui fanno diretto riferimento dirigenti come Carla Ruocco e il capogruppo alla Camera Davide Crippa. Se in questa fase Grillo appoggia la linea anti-armi di Conte, va ricordato che proprio lui è stato uno dei “padri” della nascita del governo Draghi. E non vede per nulla di buon occhio le ipotesi di cambio del simbolo, con l’introduzione di un riferimento personale a Conte, che circolano nel movimento. Una soluzione, quella del cambio del simbolo e dunque della creazione un nuovo partito, che tuttavia Conte continua a non escludere. Soprattutto se a giugno il Tribunale di Napoli dovesse bocciare per la seconda volta le votazioni sullo statuto e sulla leadership congelando nuovamente tutti gli organi statutari, compresa la presidenza.

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