Ue al lavoro per far fronte alla crisi. Conte: usare il Mes per prestiti ai governi
In un’intervista al Financial Times il premier italiano ha invitato i Paesi Ue a utilizzare tutta la «potenza di fuoco» del Mes per fronteggiare la crisi
dal nostro corrispondente Beda Romano
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BRUXELLES - Sono ore decisive quelle di questi giorni sul fronte politico. Istituzioni europee e governi nazionali stanno lavorando su una serie di ipotesi per mettere a punto una risposta realmente comunitaria alla crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus. Le parti sono alla ricerca di un difficile compromesso politico e tecnico. Al centro delle discussioni vi è l'uso più o meno innovativo del Meccanismo europeo di Stabilità.
Aprire le linee di credito
Giuseppe Conte ha rilasciato venerdì 20 marzo una intervista al Financial Times in cui ha esortato i paesi membri a utilizzare i poco meno di 500 miliardi di euro a disposizione del Mes («potenza di fuoco» è l’espressione usata dal presidente del Consiglio), possibilmente concedendo prestiti a tutti i governi nazionali pur di evitare di stigmatizzare un governo in particolare. «Il tempismo è essenziale. La strada da seguire è di aprire le linee di credito del Mes a tutti gli stati membri».
Il sostegno di Gentiloni
«La logica, la filosofia» del premier Conte sull’uso del Mes «è assolutamente condivisibile », ha commentato parlando da Bruxelles a Radio Rai il commissario agli affari monetari Paolo Gentiloni. Ammettendo che la discussione è ancora in corso e il suo esito resta incerto, l’uomo politico ha aggiunto: «Temo che l’evoluzione della pandemia aumenterà anche la consapevolezza da parte di tutti della necessità di reagire con strumenti innovativi anche sul piano finanziario»
Oltre all’idea dei prestiti, un’altra possibilità potrebbe essere quella di creare con il denaro del Mes un fondo con cui finanziare alcune delle scelte di politica economica dei vari governi: dalla cassa integrazione in Italia al Kurzarbeit in Germania al chômage partiel in Francia, così come aiuti ai sistemi sanitari. Questa soluzione piace di più a coloro che pensano di non avere bisogno di un prestito dal Mes, e vogliono evitarlo anche per motivi di politica interna.
«L’obiettivo è di mettere a punto uno strumento che sia potente, efficace e non crei stigma sui mercati e tra i Paesi membri – spiegava giovedì 19 marzo un esponente comunitario –. Le idee sul tavolo sono molte. Vorremmo preparare uno schema che sia pronto il più velocemente possibile, da presentare ai ministri delle Finanze subito dopo». Le trattative sono difficili perché incrociano questioni politiche, ma anche nodi tecnici e giuridici.
Gli schieramenti dentro la Ue
Al netto di questi ultimi aspetti, sul fronte politico il confronto è tra chi pensa che il Mes debba essere usato solo nei casi previsti dai Trattati e chi invece sostiene siano necessarie inventiva e discrezionalità in un momento gravissimo. Al tempo stesso si confrontano due esperienze, due politiche, due filosofie. Al primo gruppo appartengono i Paesi reticenti all’idea di condividere risorse in un contesto confederale, ritenendo peraltro di non essere troppo colpiti dalla pandemia.
Al secondo gruppo appartengono invece i Paesi che più soffrono dell’epidemia, che da tempo cavalcano l’idea di una mutualizzazione delle risorse, e che difendono l’efficacia del volano comunitario rispetto a mere misure nazionali. In alcuni casi, come l’Italia, sono anche oberati da un enorme debito pubblico. Come detto, l’esito delle discussioni resta drammaticamente incerto. A indurre a un cauto ottimismo sono la gravità della situazione, sanitaria, non solo economica.
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