Contemporanee trasvolate d’arte da Lisbona a Chicago
Il MCA, Museum of Contemporary Art e il MAAT, Museo di Arte, Architettura e Tecnologia della capitale portoghese, accomunati da scelte di mostre imperdibili
di Stefano Biolchini
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Nel variegato, e altamente inflazionato, panorama delle mostre d’arte contemporanea la combinazione vincente di 6 mostre su 6 da promuovere, e pure cum laude, è ormai più improbabile di un terno al lotto. Quando però il caso mette insieme - per via di un volo aereo con tappe obbligate, come nelle più blasonate trasvolate d’antan - due città lontanissime quali Chicago e Lisbona, ecco che la formula giusta si materializza come d’incanto. Due sono le istituzioni museali cui va reso il merito delle scelte: la statunitense MCA, Museum of Contemporary Art e il MAAT, Museo di Arte, Architettura e Tecnologia della capitale portoghese.
MCA, Museum of Contemporary Art, Chicago
Con le mostre d’arte che si sono espanse e sono diventate globali, e i dialoghi sull’identità, soprattutto da parte di coloro che hanno subito l’oppressione sistemica sempre più al centro dei dibattiti culturali, la risposta del MCA è la strabiliante “Forecast Form: Art in the Caribbean Diaspora, 1990s–Today”, prima grande mostra collettiva negli Stati Uniti a immaginare un nuovo approccio all’arte contemporanea nella diaspora caraibica, curata da Carla Acevedo-Yates, Marilyn and Larry Fields. Fra le molte opere in mostra si segnalano il “Cursed Grounds: Cursed Borders” di Didier William e il coloratissimo “Untitled, Silieta Series” della cubana Ana Mendieta, oltre all’installazione di ottantuno singoli lavori con cui Firelei Bàez descrive la vita della regina di Haiti, Marie-Louise Coidavid, e dei suoi figli, che morirono in esilio in Italia. Semplicemente imperdibile.
Sempre al MCA, la mostra Interiors approfondisce il potenziale delle semplificazioni dell’astrazione geometrica per alludere, obliquamente, al corpo. Le opere di questa mostra utilizzano forme e curve per implicare la presenza sensuale di una figura. Allo stesso tempo - come spiegano i curatori Nolan Jimbo, Marjorie Susman Curatorial Fellow - questi elementi astratti frammentano, oscurano o distorcono il corpo, permettendo ai soggetti di rimanere indeterminati. L’esposizione, ospitata nelle gallerie della famiglia Cohen e Stone, al quarto piano del museo, include opere che adottano strategie estetiche che si rivolgono verso l’interno e preservano l’interiorità, resistendo alle pressioni per essere pubblicamente visibili e definibili entro categorie statiche di identità. Interiors è stato ispirato dal dipinto di Miyoko Ito, Chiffonier (1971), che è stato acquisito dalla MCA nel 2005 ed è in mostra per la prima volta. Tra le opere si segnala di Zilia Sánchez, Topología (de la serie Tatuajes), 1993–2001 e di Fred Eversley “Untitled”.
Sempre a Chicago l’intensa ed emozionante mostra, curata da Amanda Donnan, intitolata Duane Linklater: mymothersside. Attraverso il lavoro dell’artista, Duane Linklater, qui ci si interroga su come convenzioni e struttura dei musei abbiano storicamente escluso i contenuti indigeni. Sono in rassegna sculture e video che si concentrano su pratiche ancestrali come la caccia e il commercio di pellicce; traduzioni digitali di oggetti tribali conservati in collezioni istituzionali oltre a strutture di grandi dimensioni che decostruiscono e riassemblano uno dei simboli dell’indigeneità: il tipi, ovvero la tenda conica di pali ricoperti di pelli, abitazione prediletta dai nativi americani. Con i suoi dipinti di copertura dei tipi drappeggiati e piegati, Linklater trasforma l’involucro di tela semicircolare della tradizionale casa Cree in un supporto per immagini stampate in digitale che tinge con coloranti naturali, e che lasciano trasparire nostalgici riferimenti all’infanzia dell’artista.
MAAT, Museo di Arte, Architettura e Tecnologia, Lisbona
Anche in terra portoghese ci si interroga sul ruolo e selezione dei musei attraverso un vero e proprio itinerario alla scoperta di nuovi mondi dell’arte che, con la mostra Archipelago Hervé Di Rosa, propone un viaggio in parallelo con quelli narrati da Jules Verne. Anfitrioni, giustappunto, l’artista Hervé Di Rosa e il museo da lui fondato, MIAM, Musée international des Arts Modestes di Sète (Francia). Attraverso un’ampia selezione di opere della collezione del MIAM si riscoprono i modi di creazione che sono stati messi da parte dall’arte istituzionalizzata da musei, critici e storia. Nella Galleria Oval, l’artista disegna le nuove mappe “geografiche” dell’arte, assemblando una “pangea” che comprende fanzine, castelli di sabbia, fumetti, arte tradizionale, arte naïve, grafica, arte grezza, case di bambole, arte psichedelica, cinema, arte commerciale etc.Le sue piramidi comprendono e imbalsamano in bella vista volatili in plastica, pupazzi da collezione, riproduzioni di supereroi, bambolotti e personaggi dei cartoons oltre a mostri d’ogni genere. Una miscellanea coloratissima in grado di riciclare l’universo Disney e quello dei manga giapponesi, robot e tassidermie, arte geografiche rivisitate e vestiti di conchiglie. Sospesi per aria si allungano terribili gonfiabili serpentiformi, a terra tappeti-guida dai colori sgargianti per un nuovo universo fatto di nostalgici pupazzetti e riflessioni meta-artistiche. Un vero piacere per una nuova roboante estetica, dove anche le “buone cose di pessimo gusto”di gozzaniana memoria trovano accostamenti inusuali per raggiungere inusitate vette piramidali e nostalgiche, fumettistiche, potenze evocative. Contenuti in teche piramidali e in una roulotte, i fiabeschi pupazzi e i ludici sogni da bande dessinée acquistano una compiutezza straniante, scomponendo e riabilitando quel che resta ai margini del canone museale, per ricomporsi in una nuova estetica valoriale. Una mostra strabiliante, nostalgica, per creativi senza confini.
Il corpo umano visto attraverso la lente della mitologia e a contatto con l’acqua e gli altri elementi primordiali è al centro della riflessione della mostra Sandra Rocha, Da Calma fez-se o vento, curata da João Pinharanda. Il progetto di Sandra Rocha nasce dall’incontro tra immagini fisse e in movimento, per lo più realizzate nelle Azzorre, e letture che accompagnano la sua ricerca: Ovidio, Gaston Bachelard, Emmanuel Coccia e Jean-Christophe Bailly. L’acqua è qui fonte continua di energia, e come dalle riflessioni di Eraclito, riprende fortemente l’idea del movimento perpetuo propugnata dal filosofo di Efeso. Fra piante rigogliose, cascate sferzanti e rocce “freudiane”, divinizzati volti umani e corpi nudi sono al centro di fotografie che ripercorrono le gesta sorprese di Diana come quello di Narciso. Una narrazione dal tocco immaginifico e densamente poetico è la cifra stilistica predominante di questa artista che in un gioco sapiente di acquosi riflessi rinvia al perpetuarsi dei cicli naturali, simboleggiando un nuovo inizio verso un infinito trascendente e sacro.
Infine, sempre al MAAT, la mostra Eye Spark, dedicata ai lavori di Jonathas de Andrade e curata da João Mourão e Luís Silva, si focalizza sulla ricerca dell’artista brasiliano attraverso un nucleo di opere che spaziano nell’intero e complesso percorso della sua poetica. Le sue fotografie variano dai volti maschili degli operai e lavoratori ritratti in Giordania alla ricerca delle sembianze possibili del Cristo terreno, fino a quelle dei proletari, salariati e braccianti sudamericani fotografati a più riprese. Le sue installazioni erotizzanti e nostalgiche speculano sulle carenze di utopie, ideali e visioni del mondo in America Latina. Il corpo maschile è destrutturato, frammentato e analizzato in funzione dei temi legati all’universo del lavoro e dell’identità contemporanea. In una densa commistione, evocazioni dal potente afflato erotico e critica storico-politica si intersecano per aprirsi a tematiche quali il ruolo che i corpi, nel loro splendore scultoreo, così come i loro punti di incontro clandestini, hanno avuto nella costruzione di un mondo molto sfumato e ambiguo, a volte conflittuale e dallo sguardo contraddittorio, che fa da sfondo all’immaginario omoerotico. Le camicie sporche di cemento, tinta, oli e sudore degli operai, ma anche i costumi da bagno dimenticati in un club di Recife raccontano un universo maschile fatto di sacrifici e dolore, di piaceri narcisistici e nuovi riti misterici d’incontro quasi orgiastico. Una mostra dal sapore nostalgico e straniante, in grado di raccontare al contempo il mondo del lavoro operaio, la mascolinità e l’universo queer.
Forecast Form: Art in the Caribbean Diaspora, 1990s–Today, a cura di Carla Acevedo-Yates, Marilyn and Larry Fields, MCA, Museum of Contemporary Art , Chicago, fino al 30 aprile 2023
Interiors, a cura di Nolan Jimbo, Marjorie Susman, MCA, Museum of Contemporary Art , Chicago, fino al 30 aprile 2023
Duane Linklater: mymothersside, MCA, Museum of Contemporary Art, Chicago, fino al 3 settembre 2023
Archipelago Hervé Di Rosa, a cura di Noelig Le Roux, MAAT, Museo di Arte, Architettura e Tecnologia, Lisbona, fino all’11 settembre 2023
Da Calma fez-se o vento, Sandra Rocha, a cura di João Pinharanda, MAAT, Museo di Arte, Architettura e Tecnologia, Lisbona, fino al 18 settembre 2023
Eye Spark, Jonathas de Andrade, a cura di João Mourão e Luís Silva, MAAT, Museo di Arte, Architettura e Tecnologia, Lisbona, fino al 30 aprile 2023
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