Conti correnti, ecco quanto pesa il Fisco sull’erosione dei risparmi
Tra rivisitazioni di aliquote sui guadagni e aumenti dell’imposta di bollo, nel tempi la tassazione è andata a colpire sempre di più il patrimonio del contribuente, non solo il reddito. E la pressione fiscale su conti e investimenti ha registrato un deciso balzo
di Gianfranco Ursino
4' di lettura
Gli oneri e i rendimenti collegati a un conto bancario, così come per qualsiasi altro strumento finanziario, non dipendono solo dalle condizioni di offerta. Oltre alle varie voci di costo, è importante comprendere anche come funziona la tassazione che grava sulle attività finanziarie. Tra rivisitazioni di aliquote sui guadagni e aumenti dell’imposta di bollo, nel tempi la tassazione è andata a colpire sempre di più il patrimonio del contribuente, non solo il reddito. E la pressione fiscale su conti e investimenti ha registrato un deciso balzo.
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L’anacronistica aliquota del 26%
La ritenuta fiscale sugli interessi attivi maturati sul conto corrente (da anni anacronistica con i tassi a zero o prossimi allo zero), è pari al 26%. La stessa aliquota prevista per la gran parte dei guadagni realizzati con i vari prodotti finanziari, ad eccezione di titoli di Stato, buoni fruttiferi postali e investimenti equiparati (titoli di Stato esteri di Paesi white list e sovranazionali) che sono tassati al più mite 12,5%.
Il paradosso
E se invece di pagare interessi attivi ai correntisti, le banche iniziassero anche in Italia ad applicare tassi negativi sulla liquidità deposita sul conto corrente cosa succederebbe? L’erario restituirebbe ai correntisti il 26% degli interessi pagati per lasciare i soldi sul conto o quantomeno consentirebbe di compensare questo importo o portarlo in detrazione sul 730 come già avviene per gli interessi passivi sui mutui? Quesiti che se formulati solo qualche mese fa potevano lasciar credere al lettore di essersi addentrato in un bel libro di fantascienza.
All’estero l’applicazione di tassi negativi da parte delle banche sulla liquidità depositata sul conto dai clienti è già realtà. In Svizzera e in Germania gli istituti di credito da mesi applicano tassi negativi sulle somme depositate sul conto che vanno oltre i 100mila euro. E in Germania sta anche divampando la polemica perché alcune banche vogliono far pagare interessi passivi a tutti i correntisti, proporzionalmente anche a quelli che hanno pochi euro sul conto. In Italia a inizio ottobre 2019 il primo istituto ad annunciare di voler applicare dal 2020 tassi negativi sui depositi dei clienti più facoltosi è stato UniCredit e c’è da attendersi che anche le altre banche si metteranno presto in scia. Siamo all’inizio di una nuova era nel rapporto banca-clienti.
Il bollo fisso
Sui conti correnti è previsto anche un prelievo fisso da parte del Fisco, ovvero l’imposta di bollo. A differenza della tassazione sulle rendite finanziarie che colpisce solo i guadagni, l’imposta di bollo sui conti correnti (come anche quella proporzionale sulle attività finanziarie) viene applicata in ogni caso, anche se il correntista non incassa interessi, perché colpisce la consistenza del patrimonio e non il reddito prodotto. Il pagamento della tassa avviene attraverso l’addebito sul conto corrente su cui gli investimenti sono collegati.
Il presupposto per la sua applicazione è l’invio delle comunicazioni periodiche ai clienti da parte degli intermediari, ovvero il documento contabile che riporta la valorizzazione dei titoli in portafoglio a una certa data. La comunicazione può essere inviata in forma cartacea oppure online con una tempistica concordata tra il cliente e l’intermediario e, in ogni caso, si presume inviata con riferimento al 31 dicembre di ogni anno o alla chiusura del rapporto.
Tra giacenze medie e giornaliere
Oggi il prelievo fisso annuo sui conti correnti e sui libretti di risparmio, sia bancari che postali è pari a 34,20 euro per le persone fisiche e 100 euro per gli altri soggetti. In particolare il bollo d’importo fisso si applica su ciascun conto corrente e su ogni libretto di risparmio bancario o postale. Per escludere dalla tassazione i depositi minimi intestati alle persone fisiche, è stata prevista l’esenzione per conti e libretti il cui valore medio complessivo di giacenza (calcolato in base ai saldi contabili giornalieri) non supera i 5mila euro nel periodo rendicontato.
Il riscontro va fatto, in occasione di ogni estratto conto o rendiconto, considerando non il saldo medio del singolo rapporto, ma quello cumulato di tutti i c/c e i libretti identicamente intestati e intrattenuti con il medesimo intermediario. E in presenza di più rapporti di c/c e libretti, l’esenzione compete a tutti oppure a nessuno, non rilevando la giacenza media del singolo ma quella cumulata complessiva che, se superiore a 5mila euro, comporta l’addebito del bollo fisso su tutti i rapporti intrattenuti dal cliente, anche se singolarmente d’importo irrisorio.
Per calcolare la giacenza media - specifica l'Agenzia delle Entrate - è necessario dividere la somma delle giacenze giornaliere (saldi giornalieri) per 365, indipendentemente dal numero di giorni in cui il deposito/conto risulta attivo.
Dal bollo all’Isee
Il valore della giacenza media è utile anche per i controlli incrociati da parte del Fisco sul reddito Isee (indicatore della situazione economica equivalente). L’obiettivo, infatti, è quello di arrivare a scoprire i soggetti che «barano» sulla propria ricchezza familiare e, dichiarando molto di meno di quanto effettivamente dispongono, accedono a prestazioni sociali agevolate che invece non spetterebbero.
La via di uscita
Per evitare di pagare il tributo fisso di 34,2 euro annui si potrebbero aprire più conti correnti presso banche diverse, il cui saldo, singolarmente, è inferiore a 5mila euro. Tuttavia occorre considerare che i conti correnti presentano dei costi di tenuta conto che spesso superano il beneficio derivante dal risparmio fiscale.
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