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Conti pubblici, Patto di stabilità: ecco come è messa l’Italia

Il governo Meloni cercherà di evitare impegni eccessivi, ma dovrà fare i conti con l’opposizione della Germania e dei paesi rigoristi. Giorgetti: passo avanti in Ue ma andava escluso il Pnrr

di Andrea Carli

Aggiornato il 26 aprile 2023, ore 13:00

Ue, Meloni: auspichiamo riforma patto stabilità entro l'anno

6' di lettura

La Commissione europea ha avanzato le nuove proposte legislative Ue sui conti pubblici. Nel contesto di una trattativa all’ultimo ritocco, Bruxelles ha annunciato la proposta legislativa sulla riforma del Patto di Stabilità e Crescita europeo, il cuore della comune disciplina economica. I vecchi parametri del Patto di stabilità sono sospesi dal 2020 per effetto della pandemia. Le nuove regole proposte da Bruxelles dovranno trovare applicazione dal prossimo anno.

Patto, Italia rischia correzione da 14-15 miliardi l’anno

Una manovra correttiva da 14-15 miliardi l’anno, pari allo 0,85% del Pil: questa, secondo la proiezione elaborata dai tecnici della Commissione europea, l’ampiezza dell’intervento che l’Italia dovrebbe attuare per imboccare la strada del risanamento dei conti pubblici. I conti, a quanto si è appreso, sono stati fatti a Bruxelles in base ai parametri contenuti nella proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita presentata oggi e sono già stati comunicati ai singoli Paesi.

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La simulazione condotta dai tecnici della Commissione prende come riferimento i dati relativi ai rapporti tra deficit e Pil e tra debito pubblico e Pil in Italia. Poichè la proposta di riforma del Patto presentata oggi prevede un aggiustamento minimo dello 0,50% per i Paesi che presentano uno scostamento non troppo ampio dai paramenti di riferimento (il 3% per il rapporto deficit-Pil e il 60% per quello deficit-Pil), per l’Italia si arriva alla conclusione che la traiettoria tecnica di rientro, se tarata su quattro anni, dovrebbe prevedere una riduzione annua dello 0,85%. Se invece l’Italia volesse e potesse usufruire di un’estensione del periodo previsto per il rientro dei conti pubblici, ovvero sette anni, la correzione annua scenderebbe allo 0,45% del Pil. Per la Francia la simulazione della Commissione indica la necessità di un rientro pari allo 0,65 del Pil su 4 anni che scenderebbe allo 0,35% su sette anni. Per la Spagna i due parametri di riferimento sarebbero invece lo 0,60 su 4 anni e lo 0,35 su sette.

Giorgetti: passo avanti in Ue ma andava escluso il Pnrr

A stretto giro dalla presentazione della proposta da parte della Commissione europea, una nota del ministero dell’Economia e delle Finanze ha delineato la posizione italiana sulla proposta “partorita” dalla Commissione. «Prendiamo atto della proposta della commissione sul nuovo patto di stabilità - ha detto il ministro Giorgetti -. È certamente un passo avanti ma noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è».

Gentiloni: Italia dovrà ridurre il debito in modo graduale

«L’Italia - ha sottolineato il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni a margine della presentazione della proposta di riforma del patto di Stabilità - dovrà ridurre il livello del proprio debito. Quando questa riforma verrà approvata - ha aggiunto l’ex presidente del Consiglio - l’Italia potrà farlo in modo più graduale e potrà farlo anche nel modo che avrà deciso l’Italia».

«Se guardiamo il corso degli ultimi trenta, quarant’anni abbiamo avuto diversi periodi in cui il debito è stato ridotto più o meno significativamente», ha anche ricordato Gentiloni. aggiungendo allo stesso tempo che «molto spesso il debito aumenta per una cattiva qualità della spesa pubblica e non per soltanto per fare degli investimenti positivi». Secondo il commissario Ue, dunque, «non tutto lo spazio per gli investimenti viene dalle regole fiscali. Per aumentare gli investimenti non bastano le regole fiscali, ma le regole fiscali possono favorirli o sfavorirli. Io penso che fin qui non ci fosse un meccanismo per favorirli, adesso questo meccanismo c’è», ha continuato Gentiloni.

La simulazione

In questi giorni è circolata una tabella confezionata dalla Dg Ecofin della Commissione europea che simula la situazione dei vari paesi a seconda che scelgano un piano di bilancio con gli impegno di riduzione dell'indebitamento a 4 anni o a 7 anni. Nel caso dell'Italia nel caso di 4 anni, l'aggiustamento dovrebbe essere pari allo 0,85% del pil, nel caso di 7 anni dello 0,45%. Questi calcoli non costituiscono un riferimento né centrale né unico, dal momento che la partita dell'aggiustamento dipenderà dalla traiettoria definita dalla Commissione europea per il medio termine e dalla regola della spesa. Alla richiesta di quantificare lo sforzo di bilancio che riguarderebbe l'Italia, Gentiloni si è limitato a dire di non conoscere le cifre indicate in quella tabella. «Non conosco quei numeri - ha risposto -, la cosa certa è che l'Italia dovrà sicuramente ridurre il livello del debito e non c'è nessun italiano, al governo o meno, che non ne sia consapevole».

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Le tappe successive

L’attesa riforma della governance economica europea non finirà sul tavolo dei lavori organizzati del consiglio Ecofin informale di venerdì 28 e sabato 29, convocato dalla presidenza svedese di turno a Stoccolma. L’attesa è che sia oggetto delle discussioni tra i ministri Economici a margine dei lavori e durante la cena alla sera del primo giorno. «È troppo poco tempo per digerire le proposte», ha spiegato un funzionario europeo per chiarire perché non sarà oggetto di un confronto strutturato, nonostante sia un consiglio informale. «Sicuramente» le proposte della Commissione verranno «discusse a margine della riunione», «ci saranno ministri che forniranno commenti ai media», ma uno scambio vero e proprio strutturato tra i ministri economici dei 27 non è previsto, ha spiegato.«Mi aspetto - ha detto - che il confronto si svolga maggiormente a margine della riunione, nei corridoi, durante la cena». Anche la seconda sessione di lavoro dell’Ecofin informale, dedicata al ruolo della politica fiscale per la stabilizzazione, difficilmente potrà subire cambi di programma in corsa per dar spazio al confronto sulla governance economica: «La seconda sessione di lavoro si svolgerà in gruppi più piccoli di ministri con discussioni un po’ più approfondite», ha spiegato il funzionario, quindi «non ci aspettiamo che quel formato sarà il più adatto per avere il primo scambio» sulla riforma del Patto.

Le nuove norme dovranno venir approvate entro fine anno e prima che si concluda la clausola di salvaguardia che dalla pandemia ha sospeso le regole del Patto fino a fine 2023. «Il mese scorso il Consiglio ha chiesto di completare il lavoro legislativo entro la fine dell’anno. E sono fiducioso che potremo raggiungere questo obiettivo, se saremo all’altezza della sfida insieme - ha detto Gentiloni -. È nell’interesse di tutti gli Stati membri. Rassicurerebbe i mercati finanziari e gli investitori. Darebbe ai governi chiarezza sulla strada da seguire, considerando anche la disattivazione della ’clausola generale di salvaguardia’ alla fine di quest’anno».

Le nuove regole, aveva anticipato la Commissione a novembre, dovranno archiviare la regola attuale che prevede un calo del debito pubblico del 5% all’anno negli Stati con indebitamento eccessivo (la regola “del ventesimo”, ampiamente disattesa), per passare a percorsi di aggiustamento concordati da ciascun Paese sulla base di un’analisi della sostenibilità del debito, con accordi individuali con la Commissione, su modello Pnrr, per i percorsi della spesa primaria netta (quella escluse entrate una tantum, interessi o spese per disoccupazione).

Il pressing della Germania

La Germania ha chiesto però che i Paesi più indebitati taglino il debito di almeno l’1% all’anno, oltre ad aver indicato vari altri criteri numerici relativi ad esempio alla spesa e al saldo strutturale. «Il nostro obiettivo è rafforzare il Patto di stabilità e crescita, non indebolirlo. Abbiamo bisogno di più responsabilità», ha detto il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner in un intervento sul Financial Times in cui ha chiesto anche «disposizioni di salvaguardia per garantire un’effettiva diminuzione dei rapporti debito/pil». Una riforma, ha sottolineato, «è accettabile solo se apportiamo miglioramenti significativi al quadro. In caso contrario, non sarebbe opportuno modificare le regole».

La linea italiana

L’Italia, che - con riferimento al 2022 - ha sulle spalle un debito pari al 145% del prodotto interno lordo, ha chiesto di scomputare gli investimenti per la transizione energetica dal rapporto deficit/Pil. Per l'Italia il nuovo Patto non andrebbe visto come capitolo a se stante rispetto alla strategia per una Ue competitiva e verde. Tradotto: chiedere investimenti sul dossier esige, soprattutto per chi ha poco spazio fiscale, una flessibilità nel percorso del rientro del debito. Il governo Meloni cercherà di evitare impegni eccessivi, ma dovrà fare i conti con la posizione della Germania e dei paesi rigoristi (Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Lussemburgo). E in questa partita la Francia di Macron, con un debito al 113% del prodotto interno lordo, potrebbe avere un ruolo di spalla. Se le squadre sul campo delle regole in materia di conti pubblici sono due, i “falchi” e le “colombe”, i rigoristi e i fautori di un sistema orientato a una maggiore flessibilità, Parigi sembra rientrare sempre più nella seconda.

Le indicazioni nel Def

«La proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita - aveva ricordato Giorgetti nell’introduzione al Def, il Documento di economia e finanza - è incentrata su una regola di spesa i cui obiettivi sono modulati in base alla sostenibilità del debito pubblico di ciascun Stato membro. Coerentemente con la risoluzione parlamentare dello scorso 9 marzo - si legge ancora nel documento -, nel dibattito in seno all’Ecofin e ai suoi sottocomitati, il Governo ha sostenuto le linee principali della proposta dalla Commissione pur evidenziandone alcuni punti critici (ad esempio la categorizzazione degli Stati membri in base alla severità delle “sfide” di finanza pubblica) e proponendo l’adozione di un trattamento preferenziale per gli investimenti pubblici per contrastare i cambiamenti climatici e promuovere la transizione digitale (i due pillar del PNRR), nonché la spesa per la difesa derivante da impegni assunti nelle sedi internazionali. Il Governo sostiene, inoltre, la necessità di una maggiore simmetria della MIP (la procedura sugli squilibri macroeconomici, ndr) e continuerà ad attenersi a tali posizioni nel negoziato che seguirà la presentazione delle proposte legislative della Commissione».

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