Conto alla rovescia per il Bocuse d’Or: l’Italia in finale prepara la strategia
di Camilla Rocca
3' di lettura
5 ore e 35 minuti che valgono 2 anni di vita. Questo è il Bocuse d'Or e questa è la sfida che dovrà affrontare Martino Ruggieri, rappresentante dell'Italia alla finale del concorso nato nel 1987 per volere dello chef Paul Bocuse. La lancette scandiscono le ore in cui lo chef continua, giorno dopo giorno, ad allenarsi: dealine il 29 e 30 gennaio a Lione. Due le tipologie di portata da presentare -al piatto e al vassoio- che sono state scelte dalla giuria la scorsa estate: la chartreuse di verdure e il carré de veau (una tipica preparazione classica francese, dove il vitello viene cotto intero con le ossa). E fino a quella data Martino Ruggieri e il team italiano si allenano nell'elaborare accompagnamenti e guarnizioni per emergere tra i 24 team concorrenti nella finalissima: “Punteremo a salse di accompagnamento in stile italiano, senza essere troppo all'avanguardia, dato che la giuria sarà internazionale, proporremo un cliché del Belpaese nel senso più positivo del termine. Quest'anno è stato abolito l'uso del sottovuoto e questa decisione rende la sfida ancora più avvincente, una competizione gastronomica in toto”.
Regione Piemonte fucina d'idee
Per Luciano Toma, direttore Accademia Bocuse d'Or ad Alba, il Piemonte (appena inserito nella classifica “Best in travel” 2019 secondo Lonely Planet) è il luogo perfetto per creare quell'humus fertile e costituire un motore di sviluppo della nuova cucina italiana. ll territorio piemontese inoltre gode di una vetrina internazionale agli occhi dei migliori chef europei emergenti che hanno utilizzato prodotti del territorio come il formaggio Castelmagno DOP, il filetto di Vitellone di Razza Piemontese, il riso S. Andrea DOP della Baraggia Biellese e Vercellese, accompagnati da 14 DOCG selezionate tra le più rappresentative a livello regionale dal Consorzio Piemonte Land of Perfection.
Perché sarà difficile vincere
I grandi team che partecipano tutti gli anni dispongono di un ricettario completo e un budget che l'Italia non ha: meno di 300 mila euro rispetto ad esempio agli Usa che dispongono di circa 3 milioni di euro e di team stermitati, contro i nostri quattro chef italiani. “Il nostro gap rispetto ai popoli nordici è che i grandi ristoranti della tradizione italiana sono condotti a livello familiare, basti pensare a Dal Pescatore e i Santini, alla famiglia Alajmo, a Enoteca Pinchiorri o Lorenzo con la famiglia Viani. Ognuno attua un processo creativo e interpretativo senza seguire un codice, mentre, in Francia, ogni ricetta è codificata e ogni chef, fin dalla più tenera età, deve confrontarsi con una mole di concorsi attraverso i quali testare il proprio livello professionale” ricorda Martino Ruggieri.
Perché potremo classificarci tra i primi tre
Lo chef Ruggieri ha vissuto negli ultimi anni in Francia, anche se questo potrebbe non essere un vero plus, dato che si occupava di una cucina moderna, diversa da quella richiesta dal Bocuse d'Or che pretende invece grande tecnica applicata alla classicità. Ma grazie anche alle sua esperienza intenazionale, La Pergola di Heinz Beck e L'Atelier de Joel Robuchon a Parigi, è la persona giusta per capire al meglio lo spirito del grande concorso francese. Rispetto agli scorsi anni l'Italia, ha i mezzi tecnici per poter sperimentare e sono stati fatti degli investimenti per ricreare esattamente la struttura e gli strumenti che saranno usati alla finale, in modo da rendere più agevole ogni processo tecnico di costruzione del piatto. Inoltre diversi membri del team hanno partecipato a diverse edizioni del Bocuse d'Or passate e questo rende più facile l’approccio alla gara.
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