Contratto bancari: Unicredit, Banco Bpm, Bnl frenano su aumenti e sollevano i nodi produttività e flessibilità
Al ventiduesimo congresso della Fabi, il ceo di Unicredit, spiega che l’istituto è dentro il Casl di Abi e seguirà questa strada fino in fondo. L’ad di Banco Bpm, Castagna, solleva il tema produttività, mentre Goitini, ad di Bnl, quello della flessibilità
di Cristina Casadei
I punti chiave
5' di lettura
Sull’aumento economico medio di 435 euro chiesto dai bancari, per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, «sul principio e sulla sostanza non c’è dibattito, su come arrivarci sì». A dirlo è l’amministratore delegato di UniCredit, intervenendo al ventiduesimo congresso della Fabi, guidata da Lando Maria Sileoni. È una nuova tessera nel mosaico delle posizioni che si stanno delineando prima ancora che parta la trattativa tra Abi e i sindacati, su cui pesa la scelta della prima banca del paese, Intesa Sanpaolo, di revocare il mandato di rappresentanza ad Abi sul contratto. Certamente, non sfugge la vicinanza della posizione espressa dal numero uno di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, alla linea di Orcel e alla negoziazione nel Casl di Abi, al pari dell’ad di Bnl, Elena Goitini. Così come quella dell’ad di Bper, Piero Montani, al ceo di Intesa, Carlo Messina, sugli aumenti che potrebbe portare verso la creazione di un nuovo asse negoziale.
La trattativa al via in luglio
Se le trattative per il rinnovo del contratto dei bancari si apriranno nella prima metà di luglio con la presentazione ufficiale della piattaforma sindacale ad Abi, come è emerso al congresso della Fabi, è verosimile che entro l’anno si possa raggiungere la sintesi sul nuovo contratto. O, almeno, questo è quello che auspicano il sindacato e i lavoratori che si sono detti pronti anche a scendere in piazza, di fronte a posizioni rigide della banche sulla loro richiesta di aumento. Con ulteriore avviso per i naviganti «di non presentarsi con l’una tantum», ha detto Sileoni.
Per Orcel il negoziato si fa in Abi, fino in fondo
Per la prima volta dopo la mossa di Intesa Sanpaolo, proprio al congresso del primo sindacato dei bancari italiani, a cui hanno partecipato le più importanti banche del paese, sono emerse in maniera piuttosto chiara le posizioni di diversi capi azienda sul contratto. «Seguiremo fino in fondo la strada che abbiamo intrapreso», ha spiegato Orcel. Che sottolinea: «Noi siamo ancora nel Casl Abi (Comitato per gli affari sindacali e del lavoro, ndr) e quelle negoziazioni vengono gestite in quella sede». Non sarebbe «corretto anticipare delle decisioni», al di fuori, lascia intendere il manager. Facendo riferimento alla banca che guida, Orcel elenca una serie di caratteristiche determinate: «Noi assumiamo mentre altri non assumono. Noi non chiudiamo sportelli e altri li chiudono. Noi facciamo formazione e abbiamo deciso di farla a 360°. Nella nostra banca la remunerazione è importante ed è basata sulla meritocrazia. Dal 2021 abbiamo dimostrato che siamo la banca in Italia che paga meglio, che ha aumentato i premi di produttività e i bonus più di tutti gli altri. Abbiamo investito più di 100 milioni di euro per compensare l’aumento del caro prezzi sulle fasce più basse dei nostri colleghi». Sull’aumento di 435 euro mensili, a precisa domanda di Sileoni, Orcel dice che è al Casl di Abi che si deve chiedere. In generale, però, «non c’è una differenza di vedute sulle persone della banca. Devono essere riconosciute per quello che fanno ed essere remunerate correttamente». Quindi sul principio dell’aumento «non c’è dibattito, c’è sul come conseguire l’obiettivo», dice Orcel. Non bisogna dimenticare che il compenso dei lavoratori «va visto a tutto tondo», aggiunge il manager, quindi, tenendo conto anche dei percorsi di formazione e del welfare, per esempio. Sicuramente, in prospettiva, Orcel vede profilarsi una contrazione dei ricavi per le banche europee e italiane e un aumento del costo del credito. E anche di questo non si può non tenere conto. Così come dei 25 miliardi di utili di cui ha parlato Sileoni.
L’apertura del ceo di Intesa Sanpaolo sugli aumenti
Sul contratto è stato però Carlo Messina, il ceo di Intesa Sanpaolo, a sparigliare ancora una volta le carte, facendo una chiara apertura sulla richiesta di aumento di 435 euro, definendo la cifra «accettabile», per di più in una fase dove il tipo di stipendio dei bancari ha bisogno di manutenzione, in primis per via dell’inflazione. È la posizione di chi definisce il gruppo che guida «un unicum. Non c’è un datore di lavoro privato che sia più grande di Intesa Sanpaolo in Italia. La complessità di un’azienda bancaria come Intesa si ritrova in un’altra o 2 aziende del paese». Anche per questo la banca prende le sue decisioni con autonomia. Sulla lunghezza d’onda di Messina, si ritrovano anche altri amministratori delegati. Come quello di Bper, Piero Montani: «Vuole che dica una cosa contraria a Carlo Messina? Credo che Messina abbia ragione». Sul contratto il manager si dice «convinto che si chiuderà bene e velocemente, l’economico è un aspetto ma non il più importante, al benessere dei lavoratori ci pensiamo anche noi». Montani è però convinto che «la cosa più importante non sia la parte economica ma la flessibilità perché il mondo è cambiato e le banche sono diverse una dall’altra e dobbiamo essere veloci, con contratti più flessibili».
Per Castagna nodo produttività e livelli negoziali
A sollevare il nodo produttività e la necessità di inquadrare il rinnovo del contratto in un ragionamento più ampio degli aumenti tout court è l’amministratore delegato Giuseppe Castagna che sulla richiesta economica di 435 euro spiega «di non voler semplificare sul contratto. Possono essere tanti se non è inquadrato in ottica di produttività del sistema che è quella di rendere un servizio alla clientela che deve migliorare». Castagna aggiunge che bisogna anche interrogarsi sui due livelli negoziali e se «le soddisfazioni ai colleghi si devono esaurire nel nazionale o anche nei contratti aziendali, bisogna bilanciare le due cose».
Goitini: il Casl Abi è il contesto giusto per trattare
L’ad di Bnl Elena Goitini vede il Casl dell’Abi, «il contesto più giusto» per la trattativa sul rinnovo del contratto dei bancari. Parlando al congresso Fabi, Goitini ha spiegato che «intervenire sui salari è un dovere morale ed è importante», visto l’aumento dell’inflazione, ma occorre «farlo in modo equo e sostenibile» ed è importante «accompagnare la discussione sul quantum, che è doverosa, non abdicando agli interventi a supporto della flessibilità e del recupero della produttività».
Le piccole banche e il ruolo del contratto nazionale
Sul fronte delle piccole banche, da cui in passato è sempre arrivata la posizione più rigida sui livelli di aumento, il presidente della Banca del Piemonte, Camillo Venesio, già vicepresidente ed esponente delle piccole banche in Abi, ha spiegato di «credere nel Casl», e di non potere che ridire quanto detto dall’ad di Unicredit Andrea Orcel, secondo cui la trattativa sul rinnovo del contratto va gestita lì. «Continuerò a lavorare per cercare di ricostruire l’unità», afferma Venesio che ritiene «centrale la contrattazione nazionale».
La complessa sintesi del Casl di Abi
In attesa della conclusione delle assemblee dei bancari che dovranno dare il via libera alla piattaforma per il rinnovo del contratto, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha preferito non esprimersi prima di conoscerne l’esito, pur affermando che «è un dovere morale», il rientro di Intesa Sanpaolo nel Casl di Abi. La numero uno del Comitato affari sindacali e del lavoro, Ilaria Dalla Riva, ha però sottolineato che «il ceo Messina parla per la sua azienda» e che come presidente del Casl il suo ruolo «è diverso e dovrà portare a una sintesi tra banche tutte diverse tra loro». Sicuramente per i sindacati, a partire dalla Fabi, ma in maniera molto unitaria anche per First, Fisac, Uilca e Unisin, l’apertura del ceo di Intesa Sanpaolo è il «punto Unicreditdi partenza» e Abi deve «prendere atto che Intesa ha fatto questa apertura». Che ha spiazzato parecchi, ma non tutti.
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