Biot, l’ufficiale di Marina che passava segreti ai russi: i retroscena dell’indagine
Tutti i passaggi dei fascicoli informativi tra l’attività d’intelligence e la polizia giudiziaria sul caso d’accusa all’ufficiale di Marina
di Marco Ludovico
I punti chiave
4' di lettura
Servizi segreti e polizia giudiziaria: due mondi separati, obiettivi diversi, gerarchie e ordinamenti autonomi. Ma le informazioni d’intelligence e quelle necessarie per un atto d’accusa in tribunale sono diventate flusso e intreccio continuo e inarrestabile nel caso dello spionaggio a favore dei russi svolto secondo la procura di Roma dal capitano di fregata Walter Biot, ora in carcere a Regina Coeli con accuse gravissime (oggi 2 aprile la richiesta di essere sentito da pm nei prossimi giorni). Miriadi di appostamenti, intercettazioni, fotografie, microspie, carteggi, rapporti ai superiori, personale in allerta H 24-7/7 come si dice in gergo. Un percorso avvincente. Fragile, certo. A rischio di scoperta. Tutto svolto con il fiato sospeso. Poi, all’improvviso, con le dita incrociate, l’inevitabile blitz.
L’innesco dell’indagine
Non è ancora noto in che modo comincia il filo della ricerca informativa. Forse non si saprà mai. Un fatto è certo: si parte con l’attività d'intelligence cinque mesi fa. Tocca all’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), diretta dal prefetto Mario Parente, con il braccio operativo del controspionaggio. Settore tolto con la legge di riforma n. 124 del 2007 all’Aise (Agenzia informazioni e servizi esterni), oggi guidato dal generale Gianni Caravelli, allora si chiamava Sismi. Se il servizio esterno segue un agente ostile all’estero, varcato il confine in Italia deve passare il fascicolo all’Aisi. La competizione tra le due agenzie resta, è come dire la Roma e la Lazio o il Milan e l’Inter. Il livello di collaborazione tra i due servizi dieci o venti anni fa era minimo, anche meno. Oggi, almeno il giusto, c’è.
L’attività d’intelligence
L’Aisi, dunque, pedina Biot. Controlla il russo e i loro incontri. Raccoglie informazioni e arricchisce di continuo il fascicolo. Ogni passo falso di un’attività del genere può bruciare la procedura. L’appetito, però, vien mangiando anche con le informazioni raccolte. Bisogna vedere fino a che punto l’ufficiale di Marina si spinge nella frequentazione con la spia di Mosca. Lo sviluppo dei controlli aumenta il livello di qualità e quantità informativa. Ma il trascorrere del tempo incrementa il rischio dell’azione intelligence. Poi arriva una decisione non scontata. L’Aisi intende parlare e passare la questione, se condivisa, alla procura della Repubblica di Roma guidata da Michele Prestipino.
Le convergenze parallele
Da molti anni l’intelligence dialoga con gli inquirenti. Il confronto può essere proficuo per entrambi. Un sostenitore di questi processi è stato Mario Mori, direttore del Sisde, poi Aisi, dal 2001 al 2006. Grande amico, tra gli altri, di Ilda Boccassini, mitica pm e poi procuratore aggiunto a Milano. La vicenda dello spionaggio dell’ufficiale della Marina italiana a favore dei russi, però, è una questione politica. Anzi, geopolitica. Poteva essere risolta in via riservata tra le rispettive intelligence, sempre informate le autorità politiche superiori. Accertato il fatto, il nostro comparto avrebbe potuto trattare con i russi tempi, modalità e procedure per risolvere l’intesa anomala tra Biot e il funzionario di Mosca in servizio presso l’ambasciata a Roma. La decisione di andare in procura, invece, ha altre conseguenze. Non è escluso che fossero volute. É stata decisa, comunque, ad alto livello.
Una valutazione politica
Di certo l’intelligence - Aisi, Aise e Dis, il Dipartimento informazione e sicurezza al comando del prefetto Gennaro Vecchione, che coordina - deve trasmettere sempre i dossier più urgenti e rilevanti al suo vertice. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, e l’autorità delegata ai servizi di informazione e sicurezza Franco Gabrielli. Scontato, in questo caso, il coinvolgimento del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, e degli Affari Esteri Luigi Di Maio. Forse anche del titolare dell’Interno Luciana Lamorgese, per i profili di sicurezza nazionale. Trasmettere il fascicolo in procura assume quantomeno una conseguenza certa: la pubblicità della vicenda. L’arresto, com’è accaduto, sarebbe diventato noto, per forza di cose, e la storia di seguito. Avrebbe fatto il giro del mondo. Gli italiani, certo, sarebbero apparsi reclutabili da agenti esterni. Ma i russi con ogni evidenza risultavano cacciatori di segreti militari in casa d’altri. La scelta politica di mettere la questione in evidenza è un occhiolino strizzato a Washington. Un’ipotesi, certo. Ma plausibile.
Attività di polizia giudiziaria: la scommessa finale
Non tutti sanno che il materiale informativo d’intelligence non può essere utilizzato in un processo ai fini probatori. Così, quando la procura di Roma decide sul caso di dare la delega investigativa al Ros (Raggruppamento operativo speciale) dell’Arma dei Carabinieri, guidata da Teo Luzi, il lavoro di polizia giudiziaria non è affatto un copia e incolla su atti inquirenti dei report d’intelligence. Gli specialisti del Ros al comando del generale Pasquale Angelosanto devono costruire un’azione informativa solida sul piano giudiziario. A sostegno dell’ipotesi accusatoria della procura in termini di codice penale e di procedura penale. Non si parte da zero, certo. Ma neanche da un dossier già pronto.
Il blitz, la prova del fuoco
Il Ros ha lavorato in aggiornamento costante con la Procura, come era scontato. Gli ulteriori apporti Aisi sono stati condivisi e, soprattutto, valorizzati, se possibile, in una prospettiva giudiziaria. Dove non conta tanto il valore informativo, ma serve l’incastro della prova per l’accusa. Una prospettiva diversa. Poi tutto procede, va ricordato, con l’ansia di una fuga di notizie sempre in agguato. Di un passo falso di uno degli operatori, errare è umano. Di un imprevisto spiazzante e ingestibile. Alla fine il Ros deve comunque intervenire. Cristallizzare la scena del delitto e portare al pubblico ministero la prova provata dell’accusa. Il blitz nel parcheggio a Spinaceto, Biot in macchina con il russo, l’urlo “Carabinieri!” e le manette scattate in pochi secondi, è stato un attimo.
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