Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne: chi ha aderito, cosa prevede, come hanno votato i partiti
Solo Calderoli si astenne al momento della ratifica al Senato. Ottantuno punti per chiedere attenzione anche all’uso che i mezzi di comunicazione fanno del corpo femminile per pubblicizzare prodotti
di Nicoletta Cottone
I punti chiave
- Una pietra miliare contro la violenza di genere
- Amnesty: è il trattato di maggiore portata per affrontare la violenza contro le donne
- Astensione di Lega e Fdi nelle risoluzioni del Parlamento europeo
- Chi erano i primi firmatari
- La Turchia il primo Paese a ratificarla, per poi revocarla
- I numeri dell’approvazione in Italia
- L’obiettivo della convenzione: eliminare pregiudizi e stereotipi
- Le misure di tutela delle vittime
- La vicepresidente Jourová: è la risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne
- La commissaria Dalli: passo importante per la Ue
5' di lettura
La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica ha compiuto 12 anni l’11 maggio 2023. É entrata in vigore il 1° agosto 2014, ratificata solo da dieci Stati. La Convenzione del Consiglio d’Europa è stata approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e aperta alla firma l’11 maggio 2011 a Istanbul. Firmata dall’Unione europea il 13 giugno 2017 è poi rimasta in sospeso fino alla scorsa primavera per l’opposizione dei sei Stati. Poi nel 2023 l’Unione europea ha concluso il percorso di adesione alla Convenzione e l’ha ratificata senza l’unanimità, cosa che non impedisce al trattato di vincolare tutti i Paesi membri. L’Unione europea ha aderito alla convenzione di Istanbul il 1º ottobre 2023.
Una pietra miliare contro la violenza di genere
La Convenzione è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per un quadro normativo completo a tutela delle donne contro la violenza, di qualsiasi forma. É composta da un preambolo, 81 articoli divisi in 12 capitoli e un allegato. Una pietra miliare contro la violenza di genere, a patto che ci sia un’evoluzione culturale nella società. L’applicabilità della Convenzione è prevista sia in tempo di pace, sia nelle situazioni di conflitto armato, circostanza che da sempre rappresenta un momento di feroci violenze sulle donne.
Amnesty: è il trattato di maggiore portata per affrontare la violenza contro le donne
Secondo Amnesty International è «il trattato internazionale di più vasta portata creato per affrontare la violenza contro le donne e la violenza domestica. Stabilisce gli standard minimi per i governi in Europa nella prevenzione, protezione e condanna della violenza contro le donne e della violenza domestica. Include obblighi per gli Stati di introdurre servizi di protezione e supporto per contrastare la violenza contro le donne, come per esempio un adeguato numero di rifugi, centri antiviolenza, linee telefoniche gratuite 24 ore su 24, consulenza psicologica e assistenza medica per vittime di violenza. Invita inoltre le autorità a garantire l’educazione all’uguaglianza di genere, alla sessualità e alle relazioni sane».
Astensione di Lega e Fdi nelle risoluzioni del Parlamento europeo
Il Parlamento europeo il 10 maggio 2023 ha votato due risoluzioni per invitare l’Unione europea ad adottare la Convenzione: la prima con 472 favorevoli, 62 contrari e 72 astenuti, la seconda con 464 favorevoli, 81 contrari e 45 astenuti. Tra gli astenuti europarlamentari italiani di Lega e Fratelli d’Italia. Secondo il capo delegazione di Fdl una astensione legata alla non condivisione nel metodo del voto a maggioranza e nel merito per la preoccupazione che la Convenzione potesse essere strumentalizzata in relazione alle cosiddette tematiche del gender. Nella nota del capo delegazione di FdI si legge che «La Corte di Giustizia ha ben definito il perimetro dell’adesione alla Convenzione da parte dell’Ue: essa non può riguardare le materie che i Trattati attribuiscono alla competenza esclusiva degli Stati membri, come sappiamo essere l’educazione e il diritto di famiglia. Non esiste quindi alcuna possibilità che la Convenzione venga usata per imporre normative specifiche ai governi nazionali».
Chi erano i primi firmatari
Nel 2011 i firmatari originali del trattato erano Austria, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Lussemburgo, Montenegro, Portogallo, Slovacchia, Svezia e Turchia. Poi la ratifica è andata lentamente, tanto che solo il 1° ottobre 2023 è entrata in vigore. L’accordo è stato firmato da 45 paesi, ma ratificato (e dunque realmente entrato in vigore) solo da 20 di questi, tra cui l’Italia nel 2013. Gli Stati che hanno ratificato la Convenzione sono giuridicamente vincolati dalle sue disposizioni.
La Turchia il primo Paese a ratificarla, per poi revocarla
Il 12 marzo 2012 la Turchia è diventata il primo paese a ratificare la Convenzione. Nove anni dopo la ratifica, però, il 20 marzo 2021, la Turchia ha revocato la propria partecipazione alla convenzione, con un decreto firmato dal presidente Erdoğan. Alcuni Paesi firmatari hanno tardato a ratificare la Convenzione, come per esempio la Moldavia, che aveva firmato il 6 febbraio 2017 e ha ratificato il 20 ottobre 2021
I numeri dell’approvazione in Italia
In Italia dopo l’approvazione unanime del testo di ratifica alla Camera il 28 maggio 2013, il Senato il 19 giugno 2013 ha votato sì al documento con 274 voti favorevoli e un solo astenuto. Si tratta di Roberto Calderoli, all’epoca vicepresidente del Senato, eletto nelle liste della Lega nord e autonomie nella XVII legislatura. Contestualmente alla firma, l’Italia ha depositato presso il Consiglio d’Europa una nota a verbale nella quale ha dichiarato che «applicherà la Convenzione nel rispetto dei principi e delle previsioni costituzionali».
L’obiettivo della convenzione: eliminare pregiudizi e stereotipi
L’obiettivo della Convenzione è quello di «promuovere i cambiamenti nei comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini».
Le misure di tutela delle vittime
Il testo indica, in 81 punti, le misure destinate a tutelare i diritti delle vittime. La vittima deve essere garantita senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, sul genere, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sull’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza a una minoranza nazionale, sul censo, sulla nascita, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sull’età, sulle condizioni di salute, sulla disabilità, sullo status matrimoniale, sullo status di migrante o di rifugiato o su qualunque altra condizione. La Convenzione impone agli Stati aderenti di punire, con conseguente risarcimento dei danni, una serie di comportamenti di violenza nei confronti delle donne, dallo stalking alla violenza fisica, dallo stupro al matrimonio forzato, dalle mutilazioni genitali all’aborto o alla sterilizzazione forzati, fino alle molestie sessuali. Per uscire dal silenzio fondamentale anche il ruolo di scuole e università per veicolare messaggi volti a educare e sensibilizzare al tema.
La vicepresidente Jourová: è la risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne
«La violenza sulle donne - ha osservato Vera Jourová, vicepresidente della Commissione europea, responsabile del coordinamento delle politiche su valori e trasparenza - è una censura delle società democratiche. Una donna su tre al di sopra dei 15 anni ha subito violenze fisiche o sessuali. Molte non lo denunciano. Molti aggressori rimangono impuniti. Dobbiamo agire e la Convenzione di Istanbul è la nostra risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne. Continueremo a incoraggiare gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per prevenire la violenza sulle donne e per garantire protezione e sostegno efficaci a tutte le vittime».
La commissaria Dalli: passo importante per la Ue
«L’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul costituisce un passo importante per l’Ue, con cui si riconosce che la violenza sulle donne costituisce una violazione dei diritti umani. Solo quando le donne e le ragazze non vivranno più nell’insicurezza, nella paura e nella violenza quotidiane - ha sottolineato Helena Dalli, commissaria per l’Uguaglianza - vivremo in un’Unione veramente equa e paritaria. L’entrata in vigore storica di oggi è un buon passo nella direzione giusta».
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