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L’ultimo investimento è stato pianificato da poco: sei milioni per aumentare la capacità di stoccaggio del prosecco, aumentando i cosiddetti vasi vinari per arrivare a raddoppiare la capienza. A fare l’investimento un’azienda siciliana, la cooperativa Ermes, divenuta negli anni anche una delle più importanti produttrici di prosecco. Una storia esemplare quella di questa cooperativa fondata 25 anni fa che ha sede a Santa Ninfa in provincia di Trapani ma profondamente legata a Gibellina ed è guidata da Rosario Di Maria: una cantina che è nata nel cuore della Valle del Belìce, un luogo martoriato dal terremoto e da una difficile ricostruzione, ed è diventata simbolo del riscatto coniugando produzioni di grande qualità, attenzione per il territorio, amore per la cultura. Uno dei punti di forza della cooperativa è la continuità della governance «che è fondata – spiega il presidente – su un rapporto di fiducia con i soci che rappresentano il nostro grande punto di forza».
Il gruppo Ermes oggi è la cooperativa vitivinicola di primo livello con il più alto numero di ettari coltivati in Italia ed è presente in Sicilia, Veneto, Puglia e ora anche in Abruzzo dove, insieme alla Cantina sociale Valle di Sangro di Atessa (Chieti) è stato avviato un percorso mirato alla produzione congiunta di bianco da tavola e Montepulciano d’Abruzzo (in questo caso il progetto di fusione dovrebbe essere completato entro l’anno prossimo). E negli anni uno degli aspetti più interessanti è stato quello della contaminazione tra diversi territori: dal Veneto è stata portata in Sicilia il pinot grigio che è ora uno dei prodotti più apprezzati della cantina soprattutto nei mercati anglosassoni: «Siamo stati noi a regalare le piantine ai nostri soci che hanno creduto in questo progetto – racconta Di Maria – . Il Veneto ci ha dato grandi soddisfazioni e continua a darcene: è la prima regione in cui siamo presenti per uve lavorate. In pratica su un totale di 1,6 milioni di quintali sono 430 mila quelle venete».
Un percorso di crescita che è possibile individuare con chiarezza nei numeri di un’azienda diventata caso di studio: la crescita dei soci (erano 9 nel 1998 quando la coop è stata creata) passati da 2.335 del 2018 a 2.513 a fine vendemmia 2022 e «la crescita non accenna ad arrestarsi» dice il presidente; gli ettari vitati erano 10.592 nel 2018 (3.258 in biologico) e sono diventati 13.646 a fine vendemmia 2022 (3.219 in biologico); le bottiglie prodotte sono passate da 10 milioni di pezzi equivalenti di 0,75 del 2018 a 13 milioni di pezzi equivalenti di 9,75 del 2022. «La crescita del numero delle bottiglie – spiega Di Maria – conferma un costante e continuo lavoro di miglioramento dal punto di vista delle competenze professionale dei macchinari utilizzati». Senza dimenticare poi il numero di addetti: erano 93 di cui 49 stagionali nel 2018, sono oggi 145 di cui 62 stagionali con un’età media di 37 anni. Discorso a parte merita il fatturato i cui numeri del Gruppo Ermes vanno considerati tenendo conto del fatturato delle Cantine Orestiadi, la società controllata dal Gruppo Ermes specializzata nella produzione di vini per il canale Horeca. L’ultimo dato sul fatturato (consolidato) di Ermes è di 130 milioni con una crescita del 62,5% rispetto agli 80 milioni fatturati nel 2018. Sul fatturato incide e non poco la vendita di vino sfuso, secondo una linea di qualità che è rivendicata con orgoglio dal presidente della cooperativa . Ma sul fatturato incide anche l’export: i vini di Cantine Ermes e Tenute Orestiadi sono presenti in 29 Paesi tra questi i principali sono per quanto riguarda i Paesi Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Brasile e sono in fase di crescita i mercati giapponese e cinese; per quanto riguarda i Paesi dell’Unione europea invece Belgio, Polonia, Germania, Svizzera, Svezia, Danimarca.
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