Coronavirus: appello per la difesa dei whistleblower. Censura non solo in Cina
Dal caso famoso di Li Wenliang, prima perseguito poi riabilitato infine morto per il virus, alla collega Ai Fen, scomparsa, e alla russa Vasilieva arrestata
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Il dottore Li Wenliang, la dottoressa Ai Fei, la dottoressa Anastasia Vasilieva. Sono tre, i più famosi, dei whistleblower che hanno denunciato la comparsa del coronavirus quando ancora non se ne parlava in maniera chiara e ufficiale (i due medici cinesi) o ne hanno criticato la gestione (la dottoressa russa).
Quello del medico cinese di Wuhan, Li Wenliang, è probabilmente il più famoso:dopo aver notato delle polmoniti sospette e averlo scritto su Facebook è stato costretto dalle autorità a firmare una dichiarazione della polizia secondo cui il suo post sui social media in merito al coronavirus era illegale.
Quando la pandemia è diventata di dominio pubblico e la storia si è risaputa Wenliang è stato “riabilitato”, ma per una tragica ironia della sorte è stato contagiato dal virus ed è morto. Li Wenliang non è l'unico dottore che ha pagato in prima persona: la dottoressa Ai Fen dell'Ospedale Centrale di Wuhan ha affermato che i suoi supervisori hanno cercato di zittirla dopo che aveva sollevato i primi avvertimenti sul coronavirus. Ai Fen ora è scomparsa.
Anche la vicenda di Anastasia Vasilieva è nota e ha avuto una importante risonanza sui social. In sintesi: la dottoressa russa ha criticato la gestione dell’emergenza ed è stata arrestata.
Queste vicende sono ricordate da Priscilla Robledo, rappresentante per l’Italia di The Good Lobby, un’organizzazione non profit con uffici a Bruxelles e a Milano. «Ci auguriamo che i governi del mondo non approfittino di questa situazione di incertezza e paura per dare una stretta ancora maggiore ai diritti civili, in primo luogo sull'operatività delle leggi a tutela dei whistleblower» dichiara Robledo.
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«Per questo motivo abbiamo promosso un appello - cui hanno aderito più di 90 organizzazioni a livello mondiale - in cui richiamiamo l’attenzione e l'importanza rispetto alla protezione dei whistleblower che hanno segnalato - o segnalano - illeciti relativi al Covid-19», continua Robledo.
L’appello trova il suo fondamento, spiegano da The good Lobby, rispetto ai timori che i diritti civili - in particolare di parola e informazione - possano essere lesi, considerato come l'accesso a atti e documenti della Pubblica Amministrazione nel nostro Paese sia stato sospeso - sino al 31 maggio - dal Decreto Cura Italia varato lo scorso 17 marzo.
Per The Good Lobby Italia alcune delle più importanti aree di rischio per la tutela dei whistleblower sono da riscontrarsi a livello di sistema sanitario, appalti pubblici, violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro, filiere internazionali ineguali e impreparate, pratiche di concorrenza sleale e abusi di mercato senza dimenticare le significative violazioni dei diritti di privacy su larga scala che potrebbe comportare il tracciamento digitale delle persone.
Le associazioni firmatarie ricordano che sono diversi i casi nel mondo in cui si sono verificate ritorsioni nei confronti di whistleblower (o di chi liberamente ha espresso un'opinione) nel corso di questa emergenza Coronavirus.
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