Coronavirus, chi sono le tre ricercatrici che hanno isolato il virus
Maria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti lavorano nel laboratorio di Virologia dell’istituto italiano che per primo, insieme alla Francia, ha aperto la strada a un possibile vaccino
di Alessia Tripodi
Maria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti lavorano nel laboratorio di Virologia dell’istituto italiano che per primo, insieme alla Francia, ha aperto la strada a un possibile vaccino
2' di lettura
È un team tutto al femminile quello che all’istituto Spallanzani di Roma ha isolato il coronavirus cinese aprendo la strada a un possibile vaccino. La squadra è guidata da Maria Capobianchi, 67enne nata a Procida, laureata in scienze biologiche e specializzata in microbiologia, dal 2000 allo Spallanzani. Con lei lavorano Concetta Castilletti, 56 anni, siciliana di Ragusa responsabile della Unità dei virus emergenti, specializzata in microbiologia e virologia, e la giovane ricercatrice Francesca Colavita, 30 anni di Campobasso, da 4 anni al lavoro nel laboratorio dopo diverse missioni in Sierra Leone per fronteggiare l'emergenza Ebola.
Colavita, la più giovane del team, allo Spallanzani ha un contratto di collaborazione e lavora presso il laboratorio di Virologia e Biosicurezza. Ha partecipato anche a progetti in Sierra Leone nel laboratorio installato presso il 'Princess Christian Maternity Hospital' di Freetown.
La ministra Bonetti: «Elevata qualità della ricerca italiana»
«Il risultato ottenuto nel laboratorio di ricerca dell'Istituto Spallanzani guidato dalla professoressa Capobianchi certifica ancora una volta la dedizione, la professionalità e l'elevata qualità scientifica del mondo della ricerca italiano», ha affermato in una nota la ministra per la Famiglia, Elena Bonetti.
«Una vittoria di tutto il team»
«Abbiamo cullato il virus e abbiamo avuto anche un po' di fortuna» racconta Castilletti, due figli grandi e una famiglia che la supporta da sempre, a partire dal marito. «Sono abituati a questo genere di emergenze a casa mia - dice la ricercatrice - anche perchè io non mi ricordo una vita diversa da questa. È sempre stato così». Lo Spallanzani è un centro di eccellenza ed è da sempre in prima linea in questi casi.
«Ho vissuto la grande emergenza - dice - della Sars, di Ebola, dell'influenza suina, della chikungunya, e insieme ai miei colleghi siamo stati spesso in Africa. È un lavoro che mi piace moltissimo e non potrei fare altro. Ma la vittoria è di tutto il team. Eravamo tutti impegnati, tutta la squadra. Abbiamo un laboratorio all'avanguardia, impegnato 24 ore su 24 in questo genere di emergenze».
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