Coronavirus: libero accesso a merci e lavoratori, ecco le regole per i 70mila frontalieri che lavorano in Svizzera
Una nota del ministero degli Esteri precisa che le limitazioni non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro. E che anche le merci possono entrare e uscire dai territori interessati
di Nicoletta Cottone
3' di lettura
«Le limitazioni introdotte oggi non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro. Salvo che siano soggetti a quarantena o che siano risultati positivi al virus, i transfrontalieri potranno quindi entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa». Una nota esplicativa al Dpcm 8 Marzo, pubblicata sul sito del ministero degli Esteri, precisa così le regole per gli italiani che lavorano in Svizzera. I quali «potranno comprovare il motivo lavorativo dello spostamento con qualsiasi mezzo, inclusa una dichiarazione che potrà essere resa alle forze di polizia in caso di eventuali controlli».
Anche le merci possono entrare ed uscire dai territori interessati. Un’esigenza sottolineata inoltre da Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, che chiede al Governo «di garantire e favorire la libera circolazione delle merci in entrata e in uscita dalle vaste aree interdette in cui si originano quote decisive del Pil, del lavoro e dell’export italiano».
Il nodo dei transfrontalieri
È stata una notte di telefonate, interlocuzioni e precisazioni. Per chiarire le conseguenze sui lavoratori frontalieri del decreto che blinda la Lombardia e 14 province del Nord per l’emergeza coronavirus. L’ha raccontata su Facebook Alessandro Alfieri, senatore del Pd, classe 1972, residente a Cunardo, in provincia di Varese. Che ilsole24ore.com ha sentito telefonicamente, perché ogni giorno 70mila lavoratori frontalieri varcano il confine per andare a lavorare in Svizzera. E di questi 65mila partono dalle province di Varese e Como. E rappresentano, spiega Alfieri, un quarto della forza lavoro del Canton Ticino.
Le «comprovate esigenze»
«Nelle delicate ore notturne - racconta il senatore Alfieri - ho subito lavorato affinchè i ministeri di Roma e di Berna si parlassero per chiarire le conseguenze del provvedimento sui lavoratori frontalieri. Grazie a questa interlocuzione è stato chiarito che i nostri frontalieri che non possono utilizzare il telelavoro o lo smartworking potranno recarsi quotidianamente al lavoro oltreconfine, rientrando nella fattispecie “comprovate esigenze lavorative”».
Nel Canton Ticino in arrivo misure per il lavoro a casa
Inoltre è stato chiesto alle autorità ticinesi di «mettere in campo iniziative simili a quelle italiane - spiega Alfieri - per promuovere e facilitare le modalità di lavoro da casa anche in Canton Ticino. E ora a Bellinzona si sta lavorando in questa direzione». Brera e Bellinzona stanno mettendo a punto misure anti-coronavirus con raccomandazioni legate anche al telelavoro e alo smartworking. Il problema è che molti trasnfrontalieri sono proprio medici e infermieri che dovranno aiutare la Svizzera a gestire l’ondata dell’emergenza coronavirus in arrivo anche lì. E c’è preoccupazione, visto che i contratti ticinesi non danno le garanzie di quelli italiani, che l’emergenza non si trasformi in una selezione per fare restre al lavoro solo le figure di cui c’è bisogno, lasciando a casa gli altri.
Farnesina: libero accesso a merci e persone
La Farnesina, con una nota, ha dunque chiarito che «le limitazioni introdotte non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro». Ma ha anche spiegato che le merci possono entrare e uscire dai territori interessati. «Il trasporto delle merci - si legge infatti sul sito - è considerato come un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno degli stessi, limitatamente alle esigenze di consegna o di prelievo delle merci».
Cosa prevede il decreto
Il Dpcm 8 marzo, infatti, consente una mobilità ridotta in tutta la Lombardia e in 14 province: Modena, Parma, Piacenza, Reggio dell'Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia. In queste zone bisogna evitare ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori, a meno che non siano motivati da comprovate esigenze lavorative (se il datore non ha attivato lo smart working o misurte di congedo o di ferie), situazioni di necessità (se sono chiusi esercizi di zona che vendono generi di prima necessità) o spostamenti per motivi di salute per visite mediche ed esami. È consentito il rientro nel proprio domicilio, nella propria abitazione, nella propria residenza.
Per approfondire:
● Coronavirus in Italia, i dati e la mappa
● Cosa sappiamo finora del Coronavirus
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