sicurezza

Coronavirus, emergenza carceri: è corsa all’aumento dei braccialetti elettronici

Il ministro della Giustizia Bonafede lavora a un piano per incrementare in maniera significativa il numero dei braccialetti per i detenuti ai domiciliari, rispetto ai 5mila attuali (ma 920 immediatamente disponibili)

di Andrea Gagliardi

Il coronavirus incendia le carceri italiane

3' di lettura

Sono 57.405 le persone detenute presenti oggi negli Istituti penitenziari, a fronte di meno di 48.000 posti regolamentari disponibili. «Ancora troppe per consentire che siano attuate le misure precauzionali indispensabili per impedire la diffusione del virus Covid-19». È l’allarme lanciato Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma, che ritiene indispensabili «nuove e incisive misure in grado di arrivare a una sensibile riduzione della popolazione detenuta».

Del resto è stato lo stesso Csm, in un parere del 26 marzo, a definire non sufficienti le misure varate dal governo con il decreto Cura Italia per ridurre il sovraffollamento carcerario e così il rischio contagio da coranavirus nelle carceri. Di più. Il Consiglio superiore della magistratura ha parlato di misure «inadeguate» a raggiungere gli obiettivi che l'esecutivo si è posto. E questo anche per «l'indisponibilità» dei braccialetti elettronici a cui è stata subordinata la concessione della detenzione domiciliare a chi deve scontare pene residue sino a 18 mesi.

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920 i braccialetti disponibili
In realtà è stato ufficializzato nei giorni scorsi che sono 5 mila i braccialetti messi a disposizione per il controllo a distanza dei detenuti ai domiciliari.
Ma sono 920 quelli «già disponibili» secondo quanto riferito dal Garante nazionale per i detenuti. E il provvedimento del capo del Dap e del capo della polizia che ha dato attuazione al decreto Cura Italia prevede l’installazione di un massimo di 300 apparecchi a settimana. I numeri attuali sono «ampiamente insufficienti» per affrontare l'emergenza, protesta l’associazione Antigone, facendo notare che in questo modo ci vorrebbe troppo tempo per l'uscita dalle carceri dei detenuti. «Con il numero di installazioni attualmente previste - evidenzia il presidente di Antigone Patrizio Gonnella - gli ultimi detenuti usciranno dal carcere infatti tra oltre tre mesi, quando ci auguriamo la fase acuta legata al diffondersi del Covid-19 sarà già ampiamente alle spalle».

Via Arenula: piano per incrementare braccialetti
Ecco perché il ministro della Giustizia Bonafede lavora a un piano per incrementare in maniera significativa il numero dei braccialetti. Sarebbe in corso, infatti, un'interlocuzione col Commissario straordinario all'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, per provvedere all'acquisto di ulteriori braccialetti elettronici (e al relativo servizio di installazione) che andrebbero ad aggiungersi a quelli già disponibili. Nel 2017 Fastweb si è aggiudicata la gara bandita dal ministero dell'Interno per fornire e attivare braccialetti per 36 mesi. Ma si lavorebbe a un servizio extra, con l’individuazione di un ulteriore fornitore che li possa installare.

Difficile il rispetto delle distanze di sicurezza
Dopo le rivolte dei giorni scorsi nelle carceri italiane, con danni economici stimati nell’ordine di qualche milione di euro, la situazione, secondo il quadro fornito dai garanti territoriali dei detenuti, è «sostanzialmente calma». Ma il livello di guardia e la tensione restano alti. Il Dap (Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria) fa sapere che sono 116 i poliziotti penitenziari positivi al coronavirus, mentre i detenuti nella stessa condizione sono 19. Numeri che comunque non consentono di abbassare la guardia sul rischio che le carceri, dove il sovraffollamento rende difficile il rispetto delle distanze che impediscono il contagio, possano diventare una bomba epidemiologica. Lo ha ribadito Palma , affermando che anche se il numero di persone detenute attualmente risultate positive a seguito dei test è estremamente contenuto, «il problema è potenzialmente molto pericoloso, in grado di esplodere, soprattutto perché se non si realizza la possibilità di allentamento del numero delle persone detenute all'interno degli spazi esistenti, non ci potranno essere situazioni di effettiva separazione».

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