Coronavirus, le imprese familiari resistono alla crisi e prevedono di crescere nel 2021
Dopo il calo pesante di fatturato nel 2020, le imprese metalmeccaniche, alimentari e del tessile vedono un rimbalzo per l’esercizio in corso
di Carlo Andrea Finotto
I punti chiave
4' di lettura
Le imprese familiari si sono rivelate più solide e stabili rispetto a quelle non familiari. Infatti, pur avendo riscontrato per oltre il 60% dei casi un calo della domanda con riflesso sui fatturati e sui redditi 2020, è possibile mettere in luce alcuni aspetti positivi che denotano segnali di ottimismo per il futuro. In sintesi: meno problemi di liquidità, minore necessità di attuare azioni di modifica della clientela o del prodotto, più pronta attuazione dello smart working, attesa di un maggiore aumento del fatturato estero nel corso del 2021 rispetto alle imprese non familiari.
L’identikit delle imprese
Il quadro emerge dallo studio realizzato da Fabula, il il Family Business Lab della Liuc – Università Cattaneo di Castellanza, per analizzare l’impatto della pandemia durante lo scorso anno sulle imprese. Gli analisti hanno analizzato le risposte di 182 imprese italiane, Pmi con un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro, appartenenti a svariati settori, fra cui quello metalmeccanico (14%), alimentari/bevande (12%), tessile/abbigliamento (8%), plastica e gomma (8%), per l'86% imprese familiari (ovvero imprese la cui maggioranza del capitale è detenuta da una famiglia). Per il 75% delle realtà familiari (contro il 60% delle altre) la crisi attuale non rappresenta una minaccia alla sopravvivenza e può essere vista come una opportunità di miglioramento.
Il campione analizzato dalla Liuc è composto per il 58% da attività produttive dislocate a Nordovest, per il 20% a Nordest, nel 6% dei casi al Centro e per la quota restante (26%) al Sud e nelle isole. Nell’81% dei casi si tratta di piccole (39%) o micro (42%) imprese.
L’impatto del Covid su domanda e produttività
«Il calo della domanda nel 2020 è stato generalizzato (per circa il 61% delle imprese) e lo si teme anche per il 2021» spiega lo studio, «ma per un numero inferiore di imprese (il 50%)». Inoltre, «le previsioni espresse dalle imprese familiari risultano leggermente più ottimistiche rispetto a quelle delle realtà non familiari». Nel dettaglio: la quota di imprese familiari che non prevede un calo della domanda nel 2021 è del 51,3%, contro il 40% del resto del campione.
Incoraggiante appare anche il dato relativo alla produttività. Sia nel 2020 e ancora di più nel 2021 per le imprese non si è riscontrato e non si riscontrerà un calo della produttività della forza lavoro. Questa valutazione coinvolge il 75% delle aziende family e il 68% di quelle non family nel 2021.
Le criticità
«Nel 2020 il 37% circa delle imprese riscontra una riduzione della liquidità contro una previsione del 30% circa per il 2021 – si legge nella ricerca –. Le imprese familiari hanno lamentato problemi di liquidità decisamente inferiori rispetto a quelle non familiari e le previsioni in merito sono più ottimistiche di quanto non lo siano quelle delle imprese non familiari». Per quanto riguarda invece le criticità tecnologiche o una possibile resistenza al cambiamento da parte dei dipendenti, si tratta in entrambi i casi di problemi mediamente poco sentiti da parte delle imprese coinvolte nello studio.
«Quasi la metà delle imprese – spiega lo studio di Fabula – dichiara di aver messo in atto azioni di modifica della clientela target e in futuro la reazione potrebbe risultare ancor più diffusa (oltre la metà). La reazione è meno frequente fra le imprese familiari, a testimonianza di una loro maggiore stabilità in termini di clientela». Inoltre «anche in termini di prodotto, quasi la metà delle imprese dichiara di aver messo in atto azioni di modifica del sistema d'offerta e in termini previsionali la reazione potrebbe crescere». La dinamica tra le tipologie di imprese è simile a quella riscontrata nelle azioni intraprese nei confronti della clientela.
L’organizzazione del lavoro
Due imprese su tre dichiarano di aver modificato l'organizzazione del lavoro ma in termini previsionali la reazione dovrebbe risultare meno diffusa (circa 58%). Anche questa reazione è risultata meno frequente fra le imprese familiari, rispetto alle non familiari. Strettamente connesso all’organizzazione del lavoro è il temo dello smart working. In questo caso, «ben il 72% delle imprese dichiara di aver adottato pratiche di smartworking ma in termini previsionali la reazione dovrebbe risultare meno diffusa (circa 59%). Questa reazione è risultata meno frequente fra le imprese familiari e dovrebbe esserlo anche in futuro, suggerendo la tendenza a tornare alla normalità del rientro fisico in azienda».
Il ricorso alla cassa integrazione è stato piuttosto massiccio nel corso del 2020, con una quota maggiore delle imprese familiari. Nel 2021, peraltro, le aziende prevodono nel complesso ti attingere in misura minore agli ammortizzatori sociali, diffusione della pandemia permettendo. Escluso dalla grande maggioranza delle imprese un possibile taglio del personale (le percentuali delle risposte, sia per le imprese familiari che per quelle non familiari, supera l’80%).
Il fatturato
Pesante il calo del fatturato registrato dalle imprese nel corso del 2020 rispetto al 2019. Lo studio analizza oltre al sentiment delle imprese anche alcuni settori nello specifico, in questo caso solo per le imprese familiari. Per la metalmeccanica si calcola un calo del 21%, per i prodotti agricoli, alimentari e bevande il calo è stato del 16%, mentre per il tessile-abbigliamento e le calzature si tocca il -27%. Gli stessi settori, per contro, prevedono un rimbalzo deciso nel corso del 2021: +25% per la metalmeccanica, +15% per prodotti agricoli, alimentari e bevande, +17% per tessile, abbigliamento e calzature.
Più che un rischio un’opportunità
Su un punto importante le imprese, familiari e non, non hanno dubbi: alla domanda “Ritenete che questa crisi rappresenti una minaccia per la sopravvivenza della vostra impresa?” il 75% di quelle familiari e il 60% di quelle non familiari ha risposto di no. Al contrario, rileva lo studio, «la maggioranza delle imprese (76%) percepisce la crisi come un'opportunità di rinnovamento. Anche questa percezione vale soprattutto per le imprese familiari (77% contro 68)».
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