SICUREZZA

Coronavirus, l’incertezza dei controlli sulle regole del governo

A rischio il rispetto delle norme nelle zone rosse e nel resto d’Italia: scarse le risorse in campo. A partire dalle polizie locali

di Marco Ludovico

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3' di lettura

Il tema si è posto subito: come facciamo a garantire il rispetto delle norme sul coronavirus? Dopo il dispiegamento di forze militari e di polizia per il transito nelle zone rosse, sul territorio sono giunte via via le altre norme da palazzo Chigi. Per ogni sindaco, prefetto e titolare di un’Ausl(azienda unità sanitaria locale) è sorto il problema di garantire il minor numero possibile di violazioni. Anzi zero trasgressioni, in teoria, vista la minaccia abnorme del contagio.

Il monitoraggio dei prefetti
L’ultimo Dpcm (decreto presidente del Consiglio dei ministri) del premier Giuseppe Conte, con la chiusura delle scuole insieme ad altre misure di contenimento, indica i prefetti sul territorio come responsabili del monitoraggio delle norme.
Ma come spiega senza voler essere citato uno dei prefetti in prima linea «monitoraggio vuol dire tutto e niente; va fatta invece un’opera quotidiana di dialogo con le altre autorità locali a cominciare dal sindaco».

Il ruolo dei sindaci
I primi cittadini sono autorità sanitarie nel loro comune: il loro potere, dunque, è essenziale nella filiera con le Ausl, la Regione e il ministero della Salute. Considerata la frammentazione dei centri cittadini, si può immaginare il numero altrettanto variegato di iniziative, prese di posizione e misure adottate dai sindaci a cominciare dalle ordinanze: queste ultime tocca ai prefetti verificare se rispondano o meno alle leggi. Sono già intervenuti in diversi casi.

La fragilità dei controlli
Se il prefetto dialoga senza remore con tutti i primi cittadini della provincia l’eventualità di misure comunali improvvide o incongrue si riduce. Nello scenario migliore, però, quando il rapporto tra le due autorità è efficace, escono comunque allo scoperto i limiti di un sistema amministrativo non proprio solido vista la scarsità di risorse.
Sorge così il primo quesito: a chi tocca vigilare sull’osservanza delle norme contro l’epidemia?

Le forze in campo
L’emergenza sanitaria presuppone l’intervento delle autorità comunali: i controlli spettano alle polizie locali. Profili di pubblica sicurezza e di ordine pubblico, soprattutto quelli più ampi e rischiosi, impongono invece l’azione di Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, coordinati da prefetto e questore.
Questa è la teoria e la norma. La pratica, invece, fa i conti con il clima di emergenza sul territorio, panico compreso. Solo una tenuta solida nel confronto tra gli attori in campo garantisce l’efficacia dei controlli. Non sempre è così.

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I limiti delle polizie locali
Le risorse finanziarie sempre meno disponibili per gli enti locali hanno ridimensionato numeri e mezzi di quelle che una volta si chiamavano municipali.
Ci sono centri urbani nelle zone rosse dove adesso il numero dei vigili urbani dovrebbe essere il quadruplo degli effettiviproprio per poter contrastare ogni violazione delle procedure di sicurezza sanitaria. Ma la mobilitazione della polizia locale su questo fronte va decisa dal sindaco. E non è affatto scontata.

Il ruolo delle forze dell’ordine
Poliziotti, carabinieri e finanzieri, anch’essi sotto organico, devono fare i conti con i compiti principali ed è molto complicato, se non improprio, dirottarli in via ordinaria su controlli e sanzioni per chi vìola le disposizioni sul coronavirus. Il rischio più concreto, sul territorio è un gioco a rimpiattino tra le autoritàsu un’emergenza problematica, delicato e ad alto rischio.
Anche una sanzione troppo severa e occhiuta, del resto, diventa controproducente, così come il mancato intervento per far rispettare le norme. Prima o poi il governo - in primis il presidente Conte e i ministri Roberto Speranza (Salute), Luciana Lamorgese (Interno) e Lorenzo Guerini (Difesa) - dovrà occuparsi anche di questo.

Per approfondire:
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