Coronavirus, i negozi spingono per le chiusure. Catene retail, stop in tutta Italia
Molte le insegne che hanno scelto di chiudere in tutta la Penisola. I retailer di moda puntano sull’online, tra sconti, servizi extra
di Marta Casadei
4' di lettura
Da Calzedonia a Luisa Spagnoli, dal gruppo Capri (Gutteridge e Alcott) a Boggi Milano. La catene retail (fatte di negozi a gestione diretta e/o da franchising) fanno scuola nell’emergenza coronavirus e optano per una chiusura totale dei propri punti vendita in Italia.
Lo stop - partito ufficialmente dopo i Dpcm 8 marzo 2020, che domenica ha chiuso la Lombardia insieme a 14 province italiane, e 9 marzo 2020 che ha fatto di tutta Italia una zona protetta - è, per ora, volontario, fatto salvo per i grandi negozi e i centri commerciali che, nel weekend, devono essere chiusi per legge (al di fuori dei supermercati, di cui è garantita l’apertura).
Obiettivi: dipendenti al sicuro e riduzione dei contagi
Le motivazioni sono duplici: la prima è invitare indirettamente le persone a rimanere a casa, come suggerito dalle autorità («Se uno viene fare shopping a Milano in corso Vittorio Emanuele non ci venga», ha detto chiaro e tondo Giulio Gallera, assessore all Welfare della Lombardia, alla vigilia del weekend); la seconda, non meno importante, è proteggere i propri dipendenti e collaboratori. Assistenti alla vendita in primis.
Decisioni autonome: «Gesto di responsabilità»
La maggior parte delle insegne della moda ha dunque scelto di fare un passo indietro “autonomamente”: il Gruppo Calzedonia ha chiuso gli store spiegando che «non vendiamo beni di prima necessità», mentre Coccinelle ha chiuso tutti i negozi a gestione diretta. «Un gesto di responsabilità», hanno fatto sapere dall’azienda, che sui social ha aderito alla campagna #ioresto a casa. Anche Furla ha aderito alla stessa campagna, chiudendo «la maggior parte dei negozi in Italia» a partire da oggi. Chiusure appena annunciate anche per i punti vendita Yamamay e Carpisa: a fine febbraio il gruppo Pianoforte aveva scelto di dedicare un weekend di shopping solidale nel capoluogo lombardo alla raccolta fondi per l’ospedale Sacco di Milano.
Un negozio su due chiuso in Lombardia
In Lombardia, dove la situazione contagi è più critica rispetto al resto del Paese, la metà dei negozi sono chiusi: «La situazione è che circa il 50% delle attività commerciali hanno deciso di chiudere. Hanno deciso liberamente come è giusto che facciano» ha detto all’Ansa Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano.
Stringendo il focus sul segmento moda-lusso, MonteNapoleone District ha deciso di lasciare ai propri associati la libertà di scelta e di attenersi alle decisioni prese dal Governo. A partire da oggi chiuso anche il tempio dello shopping multibrand: Rinascente Duomo.
La richiesta al Governo: «Fateci chiudere»
A chiedere un provvedimento più restrittivo che costringa tutte le attività commerciali alla chiusura in Lombardia (chiesto anche dal governatore Fontana) sono gli stessi negozianti: «Se si dice alla gente di stare a casa che senso ha tenere aperti i negozi?», si è chiesto Luigi Ferrario dell’associazione Vie dello Shopping di Milano, che riunisce circa 200 esercenti. E ha aggiunto: «Chiudere anche prima che ce lo chiedano è anche un’opportunità di far vedere il nostro senso civico».
Dalle promozioni alle consegne gratis: focus sull’online
Tenere vivi i contatti con la clientela durante il lockdown rimane importantissimo per i marchi. Che, innanzitutto, continuano a vendere online. E a stuzzicare i clienti (che sono chiusi in casa, spesso annoiati, ma comunque iper connessi) via newsletter e social con il lancio di nuovi prodotti e promozioni. Il sito di arredamento e lifestyle Westwing, per esempio, ha lanciato martedì la nuova collezione, con un 15% di sconto per i membri già registrati.
C’è poi chi, per sopperire alla chiusura dei punti vendita fisici, offre servizi gratuiti e prodotti extra a chi acquista online. Nove25, azienda italiana che produce gioielli in argento personalizzati e ha negozi sparsi per la Penisola (tra cui uno da aprire in corso Buenos Aires a Milano) ha scelto questa strada: «La rete di store italiana, composta da 10 negozi, in questo momento è chiusa - conferma al Sole 24 Ore Roberto Dibenedetto, fondatore di Nove25 -. Diventa prioritario investire sulle vendite online: per facilitare i nostri clienti stiamo offrendo la consegna gratuita. Abbiamo anche un customizzatore di gioielli online, lanciato sul mercato lo scorso anno, che permette anche acquisti esclusivi: anche da casa si può sfruttare il proprio desiderio di creatività, senza passare in negozio».
Ripensare il modello di vendita e di coinvolgimento dei clienti
La situazione attuale, senza precedenti, sta offrendo ai retailer un’occasione per riflettere. Lo conferma David Pujolar, general manager di AW LAB, insegna dedicata a sneaker, sportswear e lifestyle con circa 200 negozi in Italia: «Questa situazione ci sta costringendo a ripensare a come svolgiamo la nostra attività e attiviamo, comunichiamo e interagiamo con la nostra community. È un’opportunità per testare nuove azioni, strategie e sperimentare», ha detto al Sole 24 Ore. Quando l’allerta per l’epidemia di coronavirus è iniziata, AW LAB, che ha una clientela perlopiù giovane e spesso organizza eventi e contest in negozio, ha immediatamente virato la strategia sul digitale: «Abbiamo integrato i magazzini di oltre 20 negozi con l’ecommerce e abbiamo deciso di realizzare il nostro principale evento del trimestre, AW LAB is me, in streaming, con gli artisti in diretta dalle loro case. Poi abbiamo lanciato nuove attività di gamification nella nostra App e usiamo avatar al posto dei modelli per fare i servizi fotografici».
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