Coronavirus, il super-calcolatore italiano che accelera la ricerca di un farmaco
Exscalate è una piattaforma (italiana) che scova molecole adatte a inibire patologie. Era già stata usata contro Zika, ora torna all’azione in un progetto finanziato dalla Ue
di Alberto Magnani
2' di lettura
È un sistema di super-calcolo capace di valutare miliardi di molecole in tempi strettissimi, fino a individuare quella adatta a inibire una patologia. Era entrato in campo con l’infezione tropicale Zika, ora potrebbe giocare il suo ruolo con il coronavirus. Exscalate, acronimo di EXaSCale smArt pLatform Against paThogEns, ha preso vita ai tempi del programma europeo Antarex con la collaborazione del gruppo farmaceutico Dompé, il consorzio interuniversitario Cineca e il Politecnico di Milano.
La piattaforma ha già contribuito alla ricerca contro il virus Zika, “scremando” molecole che si sarebbero rivelate decisive per il trattamento di pazienti vittime dell’infezione. Ora diventerà uno degli strumenti nelle mani della Ue per il contrasto al coronavirus con la creazione di Exscalate4CoV, un consorzio che ha incassato 3 milioni di euro dalla Commissione con procedura d’urgenza. Ne fanno parte altri centri di supercalcolo e laboratori di dinamica molecolare come Barcellona supercomputing center, Juelich in Germania, L’Isttuto reale di tecnologia in Svezia e l’Istituto nazionale di fisica nucleare in Italia.
Un “acceleratore” per la ricerca di un farmaco
L’applicazione di Exscalate è, in breve, quella di accelerare la ricerca per farmaci e terapie capaci di fronteggiare il virus. La piattaforma verrà ora utilizzata in maniera «verticale» sul coronavirus, sfruttando la sua potenza sull’epidemia che sta dilagando su scala internazionale. «I risultati delle simulazioni di interazione tra principi attivi e le strutture molecolari delle proteine attive di Covid-19 - spiega Sanzio Bassini, direttore del dipartimento Supercalcolo, applicazioni e innovazione del Cineca - potranno fornire indicazioni di progressiva maggiore efficacia terapeutica per fronteggiare le situazioni sintomatiche dell'infezione».
I calcoli eseguiti permettono insomma, aggiunge Bassini, di « fornire ai medici indicazioni circa i composti più efficaci e in grado di mitigare la domanda per terapie più intensive, che richiedono strutture ospedaliere più attrezzate e più critiche». Dal Cineca sottolineano che non si tratta in alcun modo di una «cura» al coronavirus e non si possono dare garanzie sui risultati. Di sicuro, però, l’ambizione è di replicare il modello su scala anche maggiore.
Cineca, insieme a Dompé e Politecnico di Milano, risponderà alla chiamata di una selezione di progetti in arrivo dalla Joint undertaking the innovative medicines initiative partnership tra la Commissione europea e la European federation of pharmaceutical industries and associations. «Stiamo lavorando per presentare una proposta anche a questa chiamata - dice Bassini - al fine di industrializzare e ingegnerizzare la filiera della applicazione e mettere a disposizione delle industrie farmaceutiche un valore di innovazione».
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