Coronavirus, tamponi in calo: in una settimana 120mila in meno
Nella settimana dal 2 all’8 dicembre, rispetto alla settimana precedente, si osserva una flessione dei nuovi casi (136.493 rispetto a 165.879), a fronte di una riduzione di oltre 121 mila casi testati (551.068 rispetto a 672.794). Questo il quadro tracciato dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe
di An.Ga.
2' di lettura
Rallentano i nuovi casi, ma crollano i tamponi nella settimana dal 2 all’8 dicembre. Rispetto alla settimana precedente, si osserva infatti una flessione dei nuovi casi (136.493 rispetto a 165.879), a fronte di una riduzione di oltre 121mila casi testati (551.068 rispetto a 672.794). Questo il quadro tracciato dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe. Calano del 5,4% i casi attualmente positivi (737.525 rispetto a 779.945) e, sul fronte degli ospedali, diminuiscono sia i ricoveri con sintomi (30.081 rispetto a 32.811) che le terapie intensive (3.345 rispetto a 3.663); in lieve riduzione anche i decessi (4.879 rispetto a 5.055).
«Anche questa settimana - evidenzia Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - si confermano evidenti segnali di rallentamento del contagio quali la riduzione dell'incremento percentuale dei casi totali (8,4% rispetto 11,4% a livello nazionale, registrata anche in tutte le Regioni)» ma si registra «un'ingiustificata riduzione di oltre 121 mila casi testati (-18,1%), che solo in 5 Regioni aumentano rispetto alla settimana precedente». Va evidenziato, ad ogni modo, che l’11 dicembre i tamponi effettuati sono risaliti a quota 190mila.
Rallentano i nuovi casi ma calano i tamponi
Diversa la lettura dei dati sui tamponi in calo da parte di Paolo Spada, chirurgo vascolare all'Humanitas Research Hospital di Milano, autore di una seguita rubrica di lettura dei dati dei contagi sulla pagina Facebook Pillole di Ottimismo. «Il numero dei test segue le richieste, quindi è del tutto normale che ora se ne facciano meno - spiega - dal momento che i casi sintomatici diminuiscono (e il tracciamento ancora non è ripartito, e non potrà farlo davvero finchè il livello di contagio non sarà ulteriormente ridotto). Va superata la tentazione di ridurre tutto alla battuta: “certo che calano i contagi, si fanno meno test”, perché è semmai l'inverso, si fanno meno tamponi perché per fortuna l'ondata si sta abbassando e i laboratori non sono più sotto assedio. Come non lo sono più i Pronto Soccorso e, piano piano, anche i reparti (ma ci vuole ancora un po' per quelli)».
Gimbe: la prognosi rimane riservata
Secondo la Fondazione Gimbe «le misure di mitigazione hanno allentato la pressione su ricoveri e terapie intensive, ma la soglia di occupazione per pazienti Covid continua a rimanere oltre il 40% nei reparti di area medica e del 30% nelle terapie intensive in 15 Regioni. La curva dei decessi comincia a salire in maniera meno ripida».
«Con questi numeri - aggiunge Cartabellotta - il Paese si presenta come un paziente con “quadro clinico” ancora molto grave e instabile che, superata la fase acuta, inizia a mostrare i primi segni di miglioramento grazie alle terapie somministrate. Ma la prognosi rimane riservata».
«Siamo in una fase estremamente delicata - ribadisce Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe - innanzitutto con oltre 700mila attualmente positivi è impossibile riprendere il tracciamento dei contatti; poi, ci attendono lunghi mesi invernali che favoriscono la diffusione di tutti i virus respiratori; infine, sino a metà gennaio non sapremo se l'impatto dell'influenza sarà più contenuto rispetto alle stagioni precedenti. Arrivare a quel momento con gli ospedali saturi potrebbe avere conseguenze disastrose».
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