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Corpo e pittura al centro del terzo London Gallery Weekend

A Londra 125 gallerie fanno network per portare curatori e collezionisti inglesi e internazionali nei loro spazi

di Silvia Anna Barrilà

Marcin Dudek, Neoplan, installazione, fotografia di Marcin Dudek, Courtesy the artist and Edel Assanti, London, London Gallery Weekend 2023

3' di lettura

Per valorizzare l'opera di un artista è fondamentale il contatto con il curatore, che la espone nei musei e nelle istituzioni, veri certificatori del significato artistico. È, dunque, una strategia vincente quella delle gallerie londinesi, che per il terzo anno si sono unite nel London Gallery Weekend dal 2 al 4 giugno, invitando a loro spese (grazie anche al sostegno dell'Art Fund) 20 curatori inglesi di istituzioni che spesso non hanno budget per le trasferte e – novità di quest'anno – quattro curatori internazionali. Tra questi, anche l'italiano Lorenzo Balbi, direttore del Mambo di Bologna, che è risultato uno dei nomi internazionali più proposti dalle gallerie aderenti all'iniziativa.

L'evento

L'idea del Gallery Weekend a Londra è nata con la pandemia ed è emanazione di un gruppo su WhatsApp iniziato dalla nota gallerista Sadie Coles. “In quel momento ci siamo trovati tutti in conversazione” ha commentato Jeremy Epstein della galleria Edel Assanti, fondatore e direttore del London Gallery Weekend, “per cui abbiamo voluto portare avanti quel dialogo e celebrare le gallerie londinesi creando un secondo momento di incontro internazionale oltre a Frieze, quando tra fiere e musei è difficile trovare il tempo di visitare l’intera gamma di gallerie che compongono la variegata comunità di Londra”.
Oggi l'evento raccoglie circa 125 gallerie nelle tre principali aree del centro, sud ed est di Londra, che versano una quota di partecipazione che va da 600 a 3.300 sterline a seconda della dimensione della galleria (intesa in termini di personale). In questa fascia, ogni galleria stabilisce la quota con cui partecipare a sua discrezione, senza che le altre lo vengano a sapere. In cambio, vengono incluse nel sito con mappa interattiva, nella comunicazione e, inoltre, viene organizzato un programma Vip con tre invitati per ciascuna galleria che accedono ad un servizio shuttle, visite agli atelier degli artisti e alle collezioni private. “Lavoriamo con una serie di sponsor il cui supporto è molto apprezzato, in particolare, dato il difficile clima nel fundraising post-pandemia” ha commentato Jeremy Epstein.

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George Rouy, The Core of Human Condition, 2022, acrilico e olio su tela, 210 x 240 cm, fotografia di Deniz Guzel, Courtesy the artist and Hannah Barry Gallery. © Hannah Barry Gallery, London Gallery Weekend 2023

I temi

Un aspetto importante per gli organizzatori è la componente sociale dell'arte e l'inclusività, anche per coinvolgere un pubblico nuovo, abituato magari ad andare nei musei della città, ma inconsapevole dell'offerta culturale delle gallerie. Per questo è stato organizzato un programma di performance nelle piazze, visite guidate, tour e laboratori. “È un format molto utile per avere una panoramica ampia sulle gallerie londinesi” ha commentato il direttore del Mambo Lorenzo Balbi. “È molto stimolante vedere dove le gallerie sono collocate e come dialogano con lo spazio, mentre in fiera si ha una percezione ‘anestetizzata' dal format dello stand. Mi piacciono le mostre che sfidano gli spazi, come nel caso di Marcin Dudek da Edel Assanti, che ha immesso un bus di tifosi rumeni nello spazio della galleria”.
In generale, è elevata la qualità dell'offerta. “Alcune gallerie hanno presentato mostre di qualità museale, sia monografiche che collettive” ha affermato Balbi. Per esempio, da Pace c'è un dialogo curato dall'ex-direttore del Pompidou Alfred Pacquement tra Lee Ufan e Claude Villiat, fondatori rispettivamente dei movimenti artistici Mono-ha in Giappone e Supports/Surfaces in Francia. Da Lisson la mostra “Matter as Actor” ha posto al centro dell'attenzione la materia declinata in tutte le sue forme, sottolineandone l'aspetto culturale e storico. Tra le personali, la mostra di Gary Simmons da Hauser & Wirth, la prima nella galleria di Londra, e quella di Jane Dickson da Alison Jacques, la prima in città da venti anni a questa parte.

Max Wade, Military Alphabet , 2022, olio su lino, 170 x 200cm, fotografia di Elliott Mickleburgh, Courtesy Sid Motion, London Gallery Weekend 2023

In generale, la pittura rimane il genere dominante, ma vira sempre di più verso l'astrazione. “L'interesse si è spostato su generi che durante la pandemia non si potevano esperire con facilità” ha spiegato Balbi, “come l'astrazione e la performance, infatti, un altro tema molto presente è quello del rapporto con il corpo. E poi persiste l'attenzione sugli artisti afro-discendenti o della Diaspora africana”. Unico appunto, il mancato collegamento con le istituzioni, infatti, alcuni musei erano in fase di allestimento.

Le gallerie giovani

E se nelle zone centrali della città, come Mayfair, le proposte si concentrano su nomi storici o affermati e una fascia di prezzo elevata, a South e East London si scoprono, invece, gli artisti emergenti. Nei quartieri come Peckham e Debtford, zone multietniche un tempo considerate pericolose e ora divenute luoghi vivaci e alla moda pieni di locali e gallerie, si trovano indirizzi da non perdere con artisti inglesi emergenti come George Rouy da Hannah Barry Gallery, Max Wade da Sid Motion Gallery, Estefanía B Flores da Xxijra Hii e Georgina Hill da South London. Anche qui è forte la presenza della pittura astratta, ma anche l'esplorazione dell'identità e del corpo in relazione con lo spazio e l'ambiente. Storie individuali che diventano parte di una narrazione sociopolitica di più ampio respiro e di un'osservazione sul presente e sul futuro.

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