Corrotti e corruttori mimetizzati nella città dei lobbisti
La credibilità politica dell’Unione è destinata a uscire minata nel profondo dal Qatargate
di Ezio Perillo
3' di lettura
A poco più di un mese dalla sua rivelazione giudiziaria, il Qatargate si presenta come un intrigo politico, i cui moventi restano, ancora oggi, quasi tutti da chiarire.
Da un lato – quello dei presunti corrotti –, esso coinvolge, almeno in queste prime fasi dell’inchiesta, una manciata di parlamentari europei, e i loro collaboratori personali, chiaramente insufficienti per poter da soli condizionare le votazioni o le prese di posizione di un’istituzione composta da 705 deputati, eletti in 27 Stati membri, ripartiti tra otto gruppi politici e nella quale le risoluzioni dell’aula sono adottate, nella migliore delle ipotesi, a maggioranza. Un consenso molto difficile da raggiungere, operando con poche persone e sotto traccia. Se si tratta invece di chiedere loro un intervento in aula della durata di un minuto, allora la posta ricevuta in cambio sembra davvero sproporzionata. In tali circostanze, è quindi probabile che ci siano in libertà altri corrotti che, mimetizzandosi tra i banchi della democrazia, sperano di farla ancora franca.
Dall’altro lato della storia – quello dei corruttori –, lo scandalo riguarda cittadini di Stati terzi, decisi a corrompere i “deputati” dell’Ue per nascondere agli occhi dell’opinione pubblica, anzitutto dei loro Paesi, precise violazioni di diritti umani imputabili ai loro governi.
Un disegno criminoso tecnicamente inusuale, perché incentrato su un sistema di corruzione “politica” dell’istituzione democratica dell’Ue (ma architettato da soggetti esterni) e politicamente inusitato perché moralmente inammissibile.
I detti “deputati” europei, per avidità di denaro, si sarebbero adoperati per realizzare un obiettivo non diretto a procurare un vantaggio materiale ai loro corruttori ma volto a coprire comportamenti gravemente anti-umanitari commessi dai loro governi e comunque contrari ai valori fondamentali su cui si basa l’Ue. Primi, tra tutti, quelli «del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani» (art.2 Tue). È questa l’immoralità politica di questo nuovo pactum sceleris. Al quale non è escluso si possa aggiungere anche l’intento, da parte dei corruttori, di minare la credibilità politica mediterranea dell’Unione. È innegabile che questa operazione, abbia conseguito un amarissimo risultato: quello di pregiudicare seriamente, dentro e fuori l’Europa, l’immagine e la reputazione non solo del Parlamento europeo ma anche quelle dell’Ue nel suo insieme.
Da qui la necessità di indagare quanto prima su chi possano essere stati i sicari dei corruttori, di cui fino a questo momento non si ha invero alcuna traccia. Anzi, questi due Stati terzi, che beneficiano d’importanti protezioni internazionali e religiose, negano ogni addebito. Si scopre comunque il volto inquietante di una nuova, grave forma di corruzione, quella perpetrata a danno della democrazia istituzionale dell’Ue. Anche nel cuore dell’Unione, fraus omnia corrumpit.
La corruzione, purtroppo, non conosce isole che ne siano immuni. Anche i palazzi della giustizia, oppure quelli della Città del Vaticano (si veda lo scandalo dei Vatican-leaks) o di altre istituzioni di altissimo ordine costituzionale non ne sono stati e non ne sono esenti. Come non ricordare che il padre di tutti gli scandali d’intrigo politico è stato Il Watergate, che vide tra i protagonisti l’uomo più potente al mondo, cioè il presidente degli Stati Uniti, all’epoca Richard Nixon.
D’altronde, in questo specifico campo, i corruttori non cercano politici stupidi o pusillanimi, ma quelli scaltri, avidi di soldi o di potere. Ed è per questa ragione che Bruxelles è diventata, dopo Washington, la piazza politica dove si concentra il più alto numero di lobbisti al mondo. E, a volte, tra un lobbista e un corruttore il passo può essere davvero breve.
Forse, per reprimere certi reati occorre saperli prevenire. Forse, prima della sanzione viene l’educazione e prima della guardiola viene la scuola. Forse, contro la corruzione politica, le regole del diritto dovrebbero essere precedute da un rigoroso e costante insegnamento, a chi di dovere, dei valori morali e civili legati all’esercizio del suo ministero. Forse, sarebbe opportuno se in ogni aula del Parlamento europeo ci fosse scritto, nelle lingue ufficiali dell’Ue, che
«la corruzione è un reato».
loading...