Corruzione al Consiglio di Stato, chiesta l’archiviazione per Berlusconi
di Ivan Cimmarusti
2' di lettura
Non c'è prova che Silvio Berlusconi abbia corrotto giudici del Consiglio di Stato, per manipolare a suo favore la sentenza con cui palazzo Spada annullò la decisione di Bankitalia di far cedere al leader di Forza Italia quote di Banca Mediolanum. La marcia indietro è della Procura della Repubblica di Roma, che aveva iscritto l'ex presidente del Consiglio a seguito delle dichiarazioni dell'avvocato Pietro Amara, principale indagato in questo procedimento che con conta una trentina di indagati per corruzione in atti giudiziari.
Stando alla ricostruzione, Bankitalia aveva obbligato Berlusconi a cedere le quote eccedenti il 9,9% di Banca Mediolanum facenti capo a a Fininvest (socia al 29,9% dell'istituto) dopo la condanna nel processo Mediaset. Il provvedimento fu inutilmente impugnato davanti al Tar Lazio, che diede ragione a Bankitalia. Ed è al Consiglio di Stato che avviene un cambio di rotta: i giudici di Palazzo Spada, in accoglimento di una richiesta dei legali di Berlusconi, emettono prima una ordinanza che sospende la decisione della Banca centrale poi una sentenza con cui danno ragione all'ex presidente del Consiglio.
I pm hanno chiesto l'archiviazione anche per gli altri indagati: Roberto Giovagnoli, giudice estensore della sentenza datata 3 marzo 2016, l'ex funzionario della Presidenza del Consiglio, Renato Mazzocchi, e l'avvocato romano Francesco Marascio. L'indagine, come detto, nasce dalle dichiarazioni di Amara, che ha chiarito i contorni di alcuni reperti sequestrati dagli inquirenti nella casa di Mazzocchi: 250mila euro e il manoscritto della sentenza Mediolanum come scritta dal Consiglio di Stato. Amara aveva detto ai pm di aver saputo da Nicola Russo, ex giudice amministrativo, che i 250mila euro erano destinati al giudice Giovagnoli. In questa vicenda avrebbe giocato un ruolo anche Denis Verdini, che aveva riferito a Berlusconi che il denaro non era mai stato consegnato al giudice. La vicenda è stata smentita da Verdini, mentre Russo, in quanto indagato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Per questo i pm hanno deciso di archiviare.
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