Corsi in inglese addio? Così gli Atenei si adeguano alla bocciatura del Consiglio di Stato
di Francesca Barbieri
4' di lettura
Stop ai corsi di laurea in inglese? Sì, forse, non proprio. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 29 gennaio scorso, che ha confermato la bocciatura (già espressa dal Tar nel 2013) della decisione del Politecnico di Milano di organizzare intere lauree magistrali e dottorati in lingua inglese, il ministero dell’Istruzione ha deciso di aprire un tavolo con la Crui (Conferenza dei rettori) che dovrà “dettare” delle linee guida alle università per allinearsi al diktat dei giudici. Ma non da subito.
Per l’anno accademico 2018/19, infatti, è stato deciso che tutto resterà come prima, visto che le future matricole (sopratutto quelli in arrivo dall’estero) si stanno già muovendo per valutare le proposte delle università in vista delle iscrizioni.
Tre scenari possibili dal 2019/2020
A definire i tempi sarà proprio il tavolo Miur-Crui : il ministro Valeria Fedeli ha dichiarato «che si intende procedere con gradualità». Di sicuro dunque le nuove regole debutteranno dall’anno accademico 2019/2020, o addirittura più avanti. Con almeno tre scenari possibili:
1. Per ogni corso esclusivamente in inglese andrà avviato un “gemello” in italiano (soluzione complessa che porterebbe di fatto a una duplicazione dei corsi);
2. Andranno inseriti alcuni insegnamenti in italiano nei corsi finora totalmente in inglese, ipotesi più probabile visto che la bocciatura dei giudici riguarda appunto solo i corsi dove si parla esclusivamente inglese;
3. Ci sarà una sorta di criterio di prossimità: ad esempio se l’ateneo A ha un corso in inglese in ingegneria informatica potrà mantenerlo se nella stessa città, o a breve distanza, c'è l'ateneo B che ha un corso in ingegneria informatica in italiano.
Corsi in inglese in 6 atenei su dieci
In base alla rilevazione condotta per la Guida università del Sole 24 Ore nell’anno accademico in corso sono 339 i corsi di laurea in inglese in 56 atenei su 90 per un totale che sfiora i 50mila studenti iscritti.
Sono quasi tutti corsi di laurea magistrali (il 15% del totale) e se consideriamo anche i corsi parzialmente in inglese l'offerta quasi raddoppia superando i 600 corsi.
Intanto, in vista dell'anno accademico alle porte molti atenei proseguono sulla strada dell'internazionalizzazione. Partiamo proprio dal Politecnico di Milano: le lauree magistrali in inglese sono 25 (più del 60%), con un trend di iscrizioni in forte crescita per questi corsi. Si è passati infatti dai 3.266 iscritti del 2014/15 agli 8.483 del 2017/18.
«Il bilancio è positivo – commenta il rettore Ferruccio Resta – sono aumentati i laureati e si sono ridotti gli abbandoni, con un tasso di occupazione a un anno dalla laurea del 94 per cento».
Le aule sono sempre più internazionali, con un terzo degli studenti che arrivano dall'estero «e per alcuni corsi – sottolinea Resta – la percentuale supera il 50 per cento. L'obiettivo che ci siamo posti è di creare un contesto internazionale in Italia, accessibile anche per quegli studenti che non possono permettersi di studiare all'estero».
L'Alma Mater di Bologna ha 32 di corsi in inglese e 21 con curricula sia in italiano sia in inglese (principalmente lauree magistrali). Gli immatricolati di quest’anno sono stati circa duemila, più del 10% del totale delle matricole. «I corsi in inglese piacciono agli studenti - spiega il prorettore alla didattica Enrico Sangiorgi - con un trend di iscritti in crescita: quest’anno abbiamo arricchito l’offerta inserendo nell’ambito di ingegneria industriale la specializzazione in advanced sportscar manufacturing, in collaborazione con 10 aziende del settore che hanno base in Emilia Romagna». E ci sono novità in arrivo con il prossimo anno accademico: scienze e gestione della natura si arricchisce del curriculum internazionale in global change ecology and sustainable development goals, mentre all’interno della laurea magistrale in analisi e gestione dell'ambiente arriva il curriculum in water and coastal management. Partiranno inoltre le magistrali in Advanced cosmetic sciences nella sede di Rimini e Politics and market a Forlì.
Spostandoci in Veneto, l’università di Padova ha 24 corsi in inglese e gli studenti sono passati da 1.200 a 1.500 in un anno. Totalmente in inglese anche due corsi triennali «Animal care – tutela del benessere animale» e «Psychological science».
«Molti di questi corsi – spiega il prorettore alla didattica Daniela Mapelli – sono nati in italiano e poi trasformati in inglese. Ogni anno registriamo molte richieste di studenti stranieri, tanto che quest'anno abbiamo deciso di anticipare i bandi per i ragazzi extra-Ue già a dicembre 2017».
L'università di Trento, che ha già 20 corsi in inglese, ne introdurrà due nuovi da settembre, data science e environmental meteorology, mentre la Libera Università di Bolzano (ma non stupisce più di tanto vista la collocazione geografica) è addirittura trilingue: italiano, inglese e tedesco. I corsi di laurea vanno dall’economia al design, da scienze a informatica. Il requisito per l’ammissione a tutti i corsi è un livello B2 in almeno due lingue su tre.
E l’elenco potrebbe continuare con molti atenei privati (la Luiss di Roma, ad esempio, propone Corporate finance, disponibile in inglese sia al primo sia al secondo livello) e ) ma anche realtà più piccole, come l'Università della Calabria (finance insurance) e quella di Camerino (bioscience e biotechnology) .
loading...