Corte dei Conti: la digitalizzazione della cultura ancora in ritardo
Il lavoro svolto dal MiC dal 2016 al 2020 evidenzia la frammentarietà del livello di informatizzazione di 770 luoghi della cultura sul territorio, orientato alla conoscenza scientifica e alla tutela e gestione del patrimonio a discapito della sua fruizione, manca l’open access
di Marilena Pirrelli
I punti chiave
6' di lettura
Nel digitale l'Italia è agli ultimi posti in Europa, nel segmento culturale il Ministero della Cultura tra il 2016 e il 2020 ha dedicato al processo di digitalizzazione e all'innovazione tecnologica, risorse finanziarie tra i diversi capitoli di bilancio per un ammontare complessivo di 35,6 milioni di euro rispetto a 747 milioni di euro di stanziamenti complessivi, pari al 4,6% della capienza totale dei rispettivi capitoli del bilancio statale.
I ripetuti lockdown legati all'emergenza pandemica e la successiva crisi economica hanno reso più che mai urgente il ripensamento della funzione dei luoghi della cultura, affinché si aprano alla collettività con una veloce attuazione delle strategie digitali. Con 55 siti Patrimonio Mondiale dell'Unesco nel 2020, i settori della cultura e del turismo italiani rappresentano il 12% del Pil e generano, rispettivamente, il 6 e il 15% circa dell'occupazione totale. È quanto emerge dall'analisi che la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti ha condotto sullo stato delle spese per la digitalizzazione 2016-2020 del patrimonio culturale italiano grazie alla lavoro svolto dal Politecnico di Milano, in particolare dall'Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali.
La Corte dei Conti mappa il digitale
Nel documento, approvato con Delibera n. 50/2022/G, i magistrati contabili hanno evidenziato la frammentarietà del livello di informatizzazione di 770 luoghi della cultura sul territorio nazionale, con approcci digitali spesso impermeabili al cambiamento e indicativi di un orientamento al dialogo interno tra specialisti di settore, piuttosto che all'apertura verso gli utenti, soprattutto stranieri, data la presenza di molti siti Internet in sola lingua italiana. “Sul tema stesso dei servizi digitali per l'utenza - ha specificato la Corte - l'importante sforzo di digitalizzazione a oggi compiuto dagli uffici del Ministero della Cultura si è per lo più orientato alla conoscenza scientifica e alla tutela e gestione del patrimonio, non alla sua fruizione da parte di un'utenza allargata, malgrado l'ampliamento del bacino dei fruitori naturalmente prodotto dalla digitalizzazione.
Insomma la digitalizzazione del patrimonio è considerato un potente fattore di crescita culturale per la società, la cui positiva ricaduta sul piano della valorizzazione turistica dei territori in ambito globale non è che uno dei possibili ed auspicabili sviluppi, ma molto è ancora quello che c’è da fare.
Lo stato dell’arte digitale
Le analisi riportate nella indagine della Corte dei Conti fotografano una situazione complessa in 163 istituti (istituti centrali, segretariati regionali, soprintendenze, direzioni regionali musei, uffici dirigenziali e istituti autonomi), fatta di molte realtà (770) articolate su tutto il territorio nazionale, con competenze su patrimoni molto diversificati, con una storia alle spalle in tema di informatizzazione che ha proceduto a velocità differenti a causa anche della frammentazione dei sistemi informativi e della cronica carenza di competenze digitali.
Quantitativamente il lavoro svolto in tema di digitalizzazione appare imponente: oltre 37 milioni di descrizioni catalografiche a cui sono associate circa 26 milioni immagini, contando solo ciò che è raccolto nei sistemi informativi nazionali. Tale patrimonio informativo è stato consultato da oltre 100 milioni di visitatori unici negli ultimi 5 anni.
La criticità
Questi dati assolutamente positivi convivono però con numerose criticità altrettanto evidenti: la formalizzazione della strategia digitale è ancora poco diffusa, così come le competenze specifiche; i musei risultano infatti ancora auto-didatti o dipendenti da consulenti esterni:
- il 64% dei musei ha dichiarato di non avere al proprio interno professionisti con competenze legate al digitale e solo recentemente si stanno avviando percorsi di formazione del personale;
- il 76% dei musei ha dichiarato di non avere alcun piano strategico dell'innovazione digitale;
- lo stato di avanzamento della digitalizzazione procede in modo assolutamente disomogeneo: si va dal 21% delle istituzioni che non hanno realizzato alcuna digitalizzazione, fino al 23% delle istituzioni che digitalizza più del 75% della collezione;
- il 68% dei musei dichiara di avere un sistema di catalogazione informatizzato, ma il catalogo cartaceo è ancora diffusissimo (il 53% dei musei ha più della metà della collezione così schedata);
- molti istituti, in particolar modo i musei, tendono ancor oggi a creare propri strumenti che difficilmente dialogano con i sistemi nazionali, presentando, nel medio periodo, difficoltà di manutenzione e aggiornamento;
- i progetti approvati risultano spesso realizzati su supporti informatici divenuti presto obsoleti e che hanno richiesto e ancora richiedono una complessa (e onerosa) attività diretta al recupero, spesso anche solo parziale, dei dati e delle informazioni raccolte;
- solo il 22% ha dichiarato di aver preso in riuso software di titolarità di un'altra P.A.;
-solo il 2% ha aderito al programma di abilitazione al cloud DTD/AgID;
- solo il 15% ha aderito al Sistema Museale Nazionale (SMN) deputato alla governance del patrimonio culturale;
- solo il 26% ha reso conformi i propri servizi alle linee di indirizzo sull'interoperabilità tecnica (condizione necessaria per l'attuazione del principio “once only”);
- la prevalenza di siti web a contenuto redazionale è ancora netta, mentre sono ancora poco sviluppate le forme di interazione con l'utenza;
- molti siti web di note istituzioni museali utilizzano, in alternativa alla lingua italiana, la sola lingua inglese nonostante appaia di chiara evidenza che solo il rispetto del noto principio del multilinguismo può favorire la fruizione globale sotto un profilo non solo didattico, culturale e sociale, ma anche evidentemente di incentivazione del turismo;
- i musei italiani si concentrano prevalentemente sulla comunicazione tramite i propri canali di comunicazione (sito web e social network), sono ancora poco valorizzati i canali terzi, che sono invece quelli privilegiati dagli utenti;
- il 48% dei siti web non è compatibile con i dispositivi da mobile;- solo il 20% dei musei offre servizi di biglietteria online;
- il 32% non dispone di alcun sistema informatizzato di supporto alle attività amministrative e di back office, come la gestione degli acquisti o del personale;
- quanto all'e-commerce di prodotti, sono ancora pochi i musei che sfruttano questa leva: l'8% dei musei dispone di un sistema informatizzato a supporto e l'11% lo ha in comune con altre istituzioni.
Per i magistrati contabili «urge un deciso cambio di passo nella futura messa a terra di tale strategica implementazione digitale condivisa con la pubblica amministrazione.
Le raccomandazioni
Il Ministero della Cultura - scrivono i magistrati contabili - è apparso consapevole non solo delle menzionate criticità, ma anche delle non più procrastinabili azioni necessarie per superarle:
- sviluppare il potenziale delle banche dati culturali e delle collezioni digitali, sia dal punto di vista scientifico che di valorizzazione turistica;
- garantire l'uso e l'accessibilità a lungo termine degli archivi digitali e dei prodotti di digitalizzazione del patrimonio culturale;
- ridurre le inefficienze e abbassare i costi di gestione attraverso la razionalizzazione dei sistemi informativi (approccio cloud), la dematerializzazione degli archivi cartacei e la digitalizzazione dei depositi;
- creare piattaforme per un accesso ampio e integrato al patrimonio di informazioni culturali, al fine di facilitare la fornitura di servizi digitali a cittadini, turisti, scuole, imprese e società civile e garantire l'uso e il riutilizzo da parte di imprese culturali e creative, start-up;
- formare ed aggiornare le competenze digitali tramite un programma life long learning rivolto al personale del Ministero e a tutti gli operatori che operano nel mondo del patrimonio culturale;
- elaborare indicatori della performance attendibili e costantemente aggiornati, segnatamente per ciò che riguarda il rispetto del cronoprogramma ed il puntuale monitoraggio della spesa, al fine di evitare ulteriori diseconomie;
- conciliare le restrittive disposizioni nazionali vigenti in materia di diritto d'autore con le condivisibili raccomandazioni comunitarie, da tempo adottate, in tema di condivisione del patrimonio artistico-culturale e di prioritaria necessità di inclusione dei soggetti a vario titolo più svantaggiati (per motivi economici, didattici, culturali ed anche geografici).
Open access
La non completa armonizzazione di parte della normativa italiana con la legislazione europea - sottolinena la Corte dei Conti -, il cambiamento dei processi indotto dall'utilizzo di sistemi e tecnologie che operano in ambiente web, l'evoluzione dei bisogni degli utenti abituati sempre più ad accedere in modo semplice e immediato alle informazioni, la pressione ad adeguare il funzionamento della pubblica amministrazione alle prassi adottate dalle grandi piattaforme digitali, hanno aperto delle questioni per le quali è necessario trovare una corretta conciliazione degli interessi coinvolti. Le trasformazioni radicali che il digitale ha prodotto nella società contemporanea invitano, dunque, ad abbandonare i tradizionali paradigmi “proprietari”, in favore di una visione del patrimonio culturale più democratica, inclusiva e orizzontale.
In tutto il mondo sempre più musei, biblioteche e archivi adottano politiche di open access. Alcune delle circa 900 istituzioni culturali che hanno finora adottato politiche open sono tra le più famose e visitate al mondo, come il Metropolitan Museum of Art, lo Smithsonian, il Rijksmuseum. Rientrano tra queste anche alcune istituzioni italiane, quali la Fondazione BEIC di Milano, i Musei Reali di Torino, il Museo Egizio di Torino.
Gli obiettivi del Pnrr
Infine, nel rispetto di quanto previsto dal Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale e nella consapevolezza della centralità del tema nelle politiche ministeriali, il Ministero della Cultura ha ritenuto di implementare il coordinamento delle politiche di digitalizzazione del patrimonio culturale, in un'ottica necessariamente intersettoriale, osservaon i magistrati contabili. L'importanza del Pnrr anche in quest'ambito, non può non richiamare l'Amministrazione al rispetto dei modi e dei tempi previsti dal Piano stesso, attraverso il necessario monitoraggio degli investimenti programmati si conclude nel documento.
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