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Corte Ue respinge ricorso di Ungheria e Polonia sullo Stato di diritto

La magistratura comunitaria “difende” il meccanismo che lega erogazione dei fondi a rispetto Stato di diritto. Ora la Commissione può agire contro i due Paesi

dal nostro corrispondente Beda Romano

Ungheria, in piazza l'opposizione anti-Orban

2' di lettura

Dopo una lunga trafila procedurale, la Corte europea di Giustizia ha respinto oggi, mercoledì 16 febbraio, il ricorso presentato dai governi di Ungheria e Polonia contro il regolamento che condiziona l'esborso del denaro comunitario al rispetto dello stato di diritto. La decisione era attesa dopo che nei mesi scorsi l'avvocato generale si era espresso anch'egli contro il ricorso. La Commissione europea potrebbe ora agire contro i due paesi.

Nella sua sentenza, la magistratura comunitaria ricorda che «Il regolamento mira (…) a proteggere il bilancio dell'Unione europea da pregiudizi derivanti in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello stato di diritto, e non già a sanzionare, di per sé, violazioni del genere». La Corte sottolinea che in questo contesto «il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l'Unione si fonda (…) giustifica la fiducia reciproca tra tali Stati».

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«Poiché tale rispetto costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall'applicazione dei Trattati, l'Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni, di difendere tali valori», conclude la Corte europea di Giustizia in una attesissima sentenza, dalla valenza molto politica. I giudici comunitari hanno quindi chiesto ai governi di Ungheria e Polonia di assumersi i costi dell'iter processuale. La sentenza non può essere oggetto di appello.

I liberali: basta scuse, bloccare fondi a Ungheria e Polonia

In un comunicato, i liberali di Renew Europe hanno spiegato che ormai la Commissione «non ha più scuse» e deve applicare il regolamento approvato nel 2021 e che prevede di bloccare i fondi di coesione nel caso di violazione dello stato di diritto (Bruxelles si è finora trattenuta dall'applicare le norme in attesa della sentenza). Sia Varsavia che Budapest sono in difetto in questo campo. Il primo paese per una controversa riforma della giustizia, il secondo per il non rispetto della libertà di espressione.Entrambi i paesi sono grandi beneficiari dei fondi comunitari. Proprio a causa della violazione dello stato di diritto Bruxelles ha bloccato finora il benestare ai piani di rilancio economico presentati da Varsavia e Budapest.

Ue ancora più spaccata

I piani sono propedeutici all'esborso del denaro proveniente dal Fondo per la Ripresa e la Resilienza. Alla Polonia dovrebbero andare sussidi per 23,9 miliardi di euro, mentre all'Ungheria il denaro a fondo perduto ammonta a 7,2 miliardi di euro.La sentenza acuisce inevitabilmente la spaccatura nell'Unione europea in un contesto internazionale difficile. Nei giorni scorsi, in piena campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento, il premier Viktor Orbán ha lasciato aperta la porta a una uscita del suo paese dall'Unione europea, malgrado nell'ultimo Eurobarometro gli ungheresi si siano dimostrati tra i più europeisti (il 53% degli ungheresi ritiene l'Unione “un luogo di stabilità in un mondo caotico”, rispetto a una media europea del 50%).


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