Cos'è il Donbass e perché la Russia è già in Ucraina
Con gli accordi di Minsk del 2015 queste regioni ribelli tornarono all'Ucraina, in cambio di maggiore autonomia. Ma i patti non sono mai stati rispettati
di Biagio Simonetta
3' di lettura
Più di un abitante su 10 non ha abbastanza denaro per acquistare un tozzo di pane. Eppure è qui, lungo le rive del fiume Donec, dove si estende un bacino carbonifero da cui si estraggono annualmente oltre 10 milioni di tonnellate di carbone, che sta prendendo forma un nuovo conflitto internazionale le cui conseguenze sono ancora ignote.
Da qualche giorno il Donbass è finito sulle prime pagine di tutto il mondo. Ma dove si trova esattamente? E qual è la storia di questa terra?
Il Donbass – che significa bacino del Donec – è un'area dell'Ucraina orientale suddivisa in tre oblast’ (che in russo, grossomodo, equivale, alle regioni), tra cui quello di Donetsk, che è la città principale, quello di Luhansk e quello di Dnipropetrovsk. Da qui, Kiev è distante 700 km. E tutto, o quasi, sembra a predominanza russa: dalla lingua alla chiesa. È nel Donbass che Vladimir Putin ha deciso di giocare la sua partita. È qui che il presidente russo – nella sua escalation neo-zarista – ha proclamato l'indipendenza della Repubblica di Donetsk e della Repubblica di Luhansk, che sono solo una parte dei rispettivi oblast'.
Gli accordi di Minsk e i separatisti
L'instabilità del Donbass, però, ha radici più profonde, e le mosse di Putin partono da lontano. Almeno dal 2014, cioè da quando la Russia invase la Crimea, penisola dell'Ucraina meridionale, che oggi è una Repubblica autonoma di fatto federata alla Russia. È in quei giorni che l'onda dei nostalgici dell'ex Unione Sovietica, foraggiati dal Cremlino, iniziò a farsi sentire anche nel Donbass. I ribelli filo russi, armati e finanziati da Mosca, riuscirono a prendere il controllo di una parte del territorio, dichiarandone l'indipendenza e chiedendone la secessione dall'Ucraina attraverso un referendum. Referendum che secondo gli organizzatori si chiuse con percentuali bulgare a favore dell'indipendenza.
Dopo 13mila morti, città abbandonate e migliaia di civili in fuga, gli scontri si fermarono – almeno ufficialmente – con gli accordi di Minsk, siglati nel 2015 da Russia e Ucraina. Gli accordi prevedevano il ritorno delle regioni ribelli all'Ucraina, in cambio di maggiore autonomia. Ma non sono mai stati rispettati veramente.
Un fatto culturale
Nel Donbass, circa 800mila abitanti su un totale di 5 milioni, hanno il passaporto russo. E le ragioni di questi numeri sono culturali ed etniche. Soprattutto nei territori delle due Repubbliche autoproclamate, la cultura russa è dominante. A scuola si studia la versione sovietica della storia. In televisione i canali trasmettono programmi in lingua russa. E anche la chiesa ortodossa locale si è staccata da quella ucraina per legarsi a quella della madre Russia.
La nostalgia sovietica è da sempre un carbone ardente sul quale ha soffiato forte una condizione economica instabile. Gran parte della popolazione del Donbass non ha mai nascosto una certa insofferenza verso Kiev, ritenendo che dal 1991 (anno in cui l'Ucraina dichiarò l'indipendenza dall'URSS) le condizioni di vita siano peggiorate. Tutte variabili su cui Putin ha fatto leva, nel corso di questi anni.
Il calcio in trasferta
Per molti italiani, il Donbass è familiare grazie a Donetsk. O più precisamente per la sua squadra di calcio, lo Shakhtar Donetsk, che negli ultimi 10 anni ha frequentato i salotti buoni del calcio europeo, disputando quasi sempre la Champions League. Quest'anno, il club ha ingaggiato un allenatore italiano, Roberto De Zerbi. Ma lo Shakhtar Donetsk non gioca più nel suo stadio, il Donbass Arena, già da qualche anno. Costruito nel 2009, ha ospitato anche alcune partite degli Europei di calcio nel 2012. Ma nel 2014, proprio durante gli scontri fra i separatisti e le forze ucraine, la struttura è stata colpita da due ordigni. Da allora, lo Shakhtar è “emigrato” per ragioni di sicurezza. E attualmente si allena e gioca a Kiev.
Putin è già in Ucraina
Nelle ultime ore, Putin ha riconosciuto unilateralmente la Repubblica di Donetsk e la Repubblica di Luhansk, e ha già fatto entrare i carrarmati russi sul loro territorio. Di fatto, però, si tratta di una vera e propria invasione, perché quei territori a tutti gli effetti sono Ucraina. Un fatto in netto contrasto con l'attuale ordine internazionale.
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