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Cosa è successo a Snapchat: da social prodigio a incubo finanziario

di Biagio Simonetta

(Reuters)

4' di lettura

È una mattina del novembre 2013, e il telefono del fondatore di Snapchat, Evan Spiegel, inizia a squillare. Dall'altra parte c'è Mark Zuckerberg, CEO e padrone di Facebook. «Ciao Evan, ho un assegno da 10 miliardi per te, in cambio della tua piattaforma». La proposta suona più o meno così. È il giorno che potrebbe cambiare la storia di Snapchat, e in fondo anche quella di Spiegel. Ma il giovane Evan, che le cronache raccontano fin troppo smaliziato, declina e mette giù. Ha ben altre idee per la testa. Il suo Snapchat viaggia veloce: i tassi di crescita sono a doppia cifra, gli utenti si moltiplicano, decine di investitori privati sono pronti a puntare le loro fiches sul fantasmino, molti scommettono che Facebook sia ormai in declino e che l'idea di Spiegel frantumerà il mercato. Una quotazione in borsa inizia a essere più di un'idea.

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Sono passati poco più di cinque anni da allora. Un'eternità, nell'era digitale. E Snapchat in borsa si è quotata davvero. Oggi, però, qualcosa si è rotto, nel fantastico mondo di Spiegel. La crescita si è arrestata, alcune mosse decise dai vertici aziendali sono risultate perdenti, qualche manager di spessore ha deciso di abbandonare la nave (l'ultimo è stato lo chief financial officer, Tim Stone). Zuckerberg, che ha risparmiato quei famosi 10 miliardi, li ha investiti per copiare in modo quasi clamoroso i servizi di Snapchat, per proporli sulle sue piattaforme, in particolare su Instagram dove vanno a gonfie vele le IG Stories, con tassi di crescita enormi. E oggi, in attesa di una trimestrale che non dovrebbe essere (almeno dal punto di vista finanziario) così disastrosa, le nuvole sul cielo del social network con sede a Los Angeles sono nere.

Il crollo in borsa
Snapchat ha esordito in borsa il 2 marzo del 2017. Una giornata storica per il titolo “Snap”: collocato a 17 dollari, è partito di scatto attorno a 25 dollari. E ha poi tagliato il traguardo finale della prima giornata al New York Stock Exchange senza fare una piega e senza mai guardarsi indietro, con un guadagno che ha sfiorato il 50% (per chiudere a +44%) e una capitalizzazione di mercato da oltre 33 miliardi includendo tutte le categorie di azioni e opzioni sottostanti. Oggi, poco meno di due anni dopo, le azioni sono crollate a una cifra vicina ai 6 euro. E anche la capitalizzazione di mercato non arriva a 8 miliardi. Nelle ultime ore, complice l'addio di Stone, il titolo ha perso il 10%, dimostrando tutta la fragilità di Snapchat in questo particolare momento storico.

Incapace di difendersi
Ma cosa è successo a Snapchat? E dove è finito quel titano esploso fra le mani del 28enne Spiegel? «Ha subito il fatto di essere un follower ingombrante ma senza veri vantaggi competitivi» dice al Sole24ORE Andrea Lamperti, direttore dell'Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano. Per Lamperti, il social del fantasmino «non è riuscito a difendere le sue innovazioni dal “copia e incolla” dei social più affermati. I messaggi che si autodistruggono sono stati copiati da altri, le foto con sovrapposizioni di animazioni sono all'interno ormai di tutte le piattaforme social, la parte media è sovrastata da LinkedIn». Ne verrà fuori? «Difficile dirlo – osserva ancora Lamperti - al momento non vediamo caratteristiche particolarmente attrattive e difendibili. Ricorderei che Snapchat non è riuscito, fuori dagli Stati Uniti, a crearsi una community così numerosa da proteggerlo. Inizialmente si pensava potesse diffondersi molto tra i giovanissimi, scappati da Facebook, mentre alla lunga quella fetta è stata assorbita più che altro da Instagram».

Le mosse sbagliate
Nella storia recente di Snapchat, sono almeno tre le mosse che non hanno convinto. E che potrebbero aver influito in modo importante sul freno alla crescita di Snapchat. Ad agosto 2018 si è appreso che il numero di utenti giornalieri attivi è sceso da 191 a 188 milioni, con un segno meno che ha fatto la sua comparsa per la prima volta sin da quado Snapchat è nato (nel 2011). A pesare, secondo gli analisti, è stato un restyling grafico introdotto nell'inverno precedente che non è piaciuto a nessuno. Un autentico flop che ha spinto circa 1,2 milioni di utenti a firmare una petizione su Change.org per ripristinare la versione precedente (cosa poi successa).

Altro boomerang è stato la mancata introduzione di un sistema di monetizzazione delle storie. Le storie, giova ricordarlo, sono nate su Snapchat, erano il suo autentico punto di forza. Un paio d'anni fa le ha copiate Instagram, che però le ha rese monetizzabili sin da subito. E nel giro di pochi mesi il mondo, quello dei video che si autodistruggono, si è capovolto.
Non ha convinto nemmeno la scelta di puntare con forza su un device, gli occhiali Spectacles, che non ha fatto breccia nel cuore degli utenti, probabilmente ancora non pronti a rinunciare allo smartphone e ad affidarsi a degli occhiali smart per filmare e postare il mondo che li circonda.

Anche le relazioni con le celebrità non sembrano il punto forte dell'azienda californiana. A febbraio del 2018, è bastato un tweet della modella Kylie Jenner (una delle influencer più importanti nel mondo digitale) sul presunto malfunzionamento della piattaforma a fra crollare il titolo di Snapchat, bruciando 1,3 miliardi di dollari.
Questi potrebbero essere peccati di gioventù, certo. Snapchat – è bene ribadirlo - rimane una piattaforma da tenere in forte considerazione, nel mondo dei social network. Ma la perdita di smalto sull'innovazione e l'arresto della crescita del numero di utenti preoccupano gli investitori. Anche perché se il competitor numero uno è un monopolizzatore come Facebook, c'è poco da stare tranquilli.

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