Così il caveau del riso salva i chicchi antichi
Il presidente dell’Ente nazionale risi: Mortara ospita la banca del germoplasma che custodisce 1.700 varietà a partire dall’Ottocento. Nel centro anche l’attività di ricerca: con il fitotrone, che consente l’accelerazione delle stagioni, è possibile dimezzare i tempi di crescita delle piante
di Micaela Cappellini
3' di lettura
A Mortara, nascosto nella campagna pavese, c’è un caveau unico al mondo. È la banca del germoplasma del riso, una cella frigorifera a quattro gradi di temperatura e a 50 gradi di umidità che custodisce oltre 1.700 varietà di riso, dall’Ottocento fino ai giorni nostri. Di bunker come questi, che custodiscono la biodiversità e la mettono a disposizione di ricercatori e agricoltori, «non ne conosco altri», sostiene Paolo Carrà, presidente dell’Ente nazionale risi, che ha sede a Milano e che ha in capo la responsabilità della banca. Qualche azienda sementiera privata possiede una banca interna in cui conserva le proprie varietà, ma nemmeno i colossi internazionali hanno una biblioteca di questa ampiezza.
Cosa si custodisce nel caveau di Mortara?
La più antica varietà che abbiamo è la Bertone, che risale al 1829. Da noi passa la memoria storica del Paese. Le varietà registrate nel Ventennio, per esempio, hanno i nomi dell’epoca, una per tutte la Benito. Ci sono varietà che prendono il nome dei luoghi geografici, come Arborio. Altre, invece, si ispirano ai contadini che le hanno rinvenute per la prima volta nel loro campo di casa: il riso Rosa Marchetti, per esempio, è un omaggio alla moglie del proprietario della risaia. Quest’anno iscriveremo alla banca venti nuove varietà.
Qual è lo scopo della banca del riso?
Noi preserviamo le varietà e le forniamo agli agricoltori che ne fanno richiesta. La varietà Maratelli, per esempio, da tempo non era più coltivata: un gruppo di agricoltori l’ha voluta rimettere in circolazione e noi abbiamo fornito loro il seme per farlo. Il nostro patrimonio rappresenta anche una base di partenza per chi vuole fare
nuovi incroci. L’unico vincolo
che abbiamo riguarda l’accesso agli operatori stranieri,
che non è consentito. L’obiettivo è quello di evitare il
trasferimento di materiale genetico all’estero: sarebbe come autorizzare il trasferimento di know how italiano.
Oltre ai frigoriferi-caveau, la banca di Mortara è anche un centro di ricerca sul riso...
In media ospitiamo una ventina di ricercatori e lavoriamo a stretto contatto con il Crea e con diverse università. Da due anni abbiamo anche un fitotrone, un macchinario molto avanzato. In pratica, si tratta di un acceleratore di stagioni: al suo interno possiamo ricreare le condizioni climatiche di cui abbiamo bisogno in termini di temperatura e di umidità. Ogni varietà necessita di 10-12 anni per stabilizzarsi, ma grazie al fitotrone possiamo dimezzare questi tempi.
L’Italia è il principale produttore di riso e nella provincia di Pavia, che ne ospita la banca, si coltiva addirittura più riso che a Vercelli, nonostante sia il Piemonte la prima regione italiana per produzione. Come sta andando, quest’ultima campagna?
A livello nazionale, nel 2022 erano stati seminati a riso 218mila ettari, mentre quest’anno ne sono stati piantati 210mila, il 4% in meno. La diminuzione riguarda soprattutto la Lombardia, dove i contadini hanno in parte preferito piantare la soia o il mais, le cui quotazioni da gennaio sono salite. Se in Piemonte praticamente non c’è stato calo, in Lombardia siamo passati dai 93mila ettari del 2022 agli 83.700 di quest’anno, un calo di circa il 10%. Quanto alla produttività delle risaie, nel 2022 sono stati raccolti 1,237 milioni di tonnellate di risone. La raccolta di quest’anno è cominciata proprio in questi giorni e non avremo dati certi fino alla fine di novembre, ma ad oggi le previsioni dicono che la produzione italiana sembra tenere.
Il prezzo del riso è in crescita, come la maggior parte delle materie prime alimentari?
Sebbene negli ultimi giorni le quotazioni stiano risalendo, siamo a livelli più bassi rispetto alla campagna 2022-2023, quando i prezzi alti hanno creato anche problemi al consumo. In ogni caso, oggi restiamo a livelli più alti rispetto a prima del Covid. Il riso Parboiled, per esempio, era venduto tra i 28 e i 30 euro al quintale prima della pandemia, e l’anno scorso era arrivato anche a 80 euro al quintale. Il punto più alto lo abbiamo raggiunto con il Carnaroli, che nel 2022 ha superato i 110-120 euro al quintale.
Quale è la varietà di riso più coltivata in Lombardia?
È il Selenio, che viene utilizzato sia per la produzione di riso soffiato per la prima colazione che per il sushi. Secondo un’indagine che abbiamo recentemente commissionato come Ente risi, in Italia a trainare l’aumento dei consumi di riso sono soprattutto i giovani, grazie al successo di preparazioni come il sushi o il poke. Il vecchio risotto, invece, rimane al palo.
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