Così Cina, India e Usa rilanciano sulla formazione dei tecnici
di F. Gre.
2' di lettura
Dall’«ossessione» per gli ingegneri dell’India, che ogni anno ne sforna due volte il numero di abitanti dell’Islanda, fino ai Community and technical college degli Stati Uniti e al piano di istruzione decennale della Cina focalizzato sulla tecnologia e sui 10 settori produttivi chiave dell’economia asiatica. Esperienze a confronto a Torino nell’ambito degli Stati Generali di Confindustria, per scambiare buone pratiche e suggestioni. A cominciare dal racconto di Adhitya Iyer, scrittore ed Education Strategist, che confessa: «In India le famiglie accolgono con imbarazzo la scelta di studirare materie umanistiche, il nostro paese esporta ingegneri altamente qualificati, come quelli che hanno lavorato insieme per risolvere il millenium bug a ridosso dell’anno Duemila».
Sian Proctor, astronauta, divulgatrice Tv ed esperta di sistemi Stem racconta l’esperienza dei Community and technical college, «scuole dove si formano professioni tecniche – spiega – rivolte alla comunità, si tratta di percorsi di formazione precedenti alla laurea e rappresentano un punto di svolta nella formazione degli Stati Uniti, visti i costi in forte crescita della formazione universitaria». Quale l’obiettivo? Focalizzare la tecnologia come driver e «sostenere percorsi in grad di ottimizzare la conoscenza nella maniera più produttiva».
Per la Cina, come racconta Simone Hu, responsabile a Chongqing e Pechino della Scuola di formazione permanente della Fondazione Italia Cina, dove i laureati in materie Stem arrivano al 5% del totale, la centralità della formazione tecnica è garantita all’interno del piano decennale di programmazione sulla formazione varato dal Governo cinese. Anche in questo caso il driver è la tecnologia informatica e il focus è rappresentato dai 10 settori produttivi di riferimento per il Paese. «Il nostro Governo - dice – ha voluto aumentare la quota di studenti universitari con la riforma del 1999, in questa fase però il focus è rappresentato dalla formazione tecnica, nei licei».
Anche l’Europa è al tavolo della discussione, con un progetto ambizioso sulla formazione professionale, che deve puntare a eccellenza e inclusione, e che in Italia rappresenta un punto debole del sistema educativo per la scarsa occupabilità. Joao Santos, vice capo dell’Unità Employment, Social Affair and Inclusion della Commissione Europea, insiste sul tema del Long life learning. «La velocità del cambiamento delle competenze è la vera novità dell’industria 4.0 e, al contempo, la sfida per il sistema educativo che deve adeguarsi, sia per le esigenze degli studenti che quelle dei lavoratori e degli adulti che hanno bisogno di nuovi skills».
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