Così i designer riscoprono l’originalità dell’artigianato
Alcune produzioni di nicchia salvano le tradizioni e nel contempo innovano prodotti che escono dalla ripetitività e dai confini locali
di Antonella Galli
4' di lettura
Sono definitivamente tramontati i tempi in cui la parola design sottintendeva, come unica specificazione, l’aggettivo industriale. Progettare per l’industria è, oggi, solo una delle possibili declinazioni, mentre l’artigianalità, con i suoi riti, i suoi tempi, è rientrata a pieno titolo nella produzione degli arredi. E, quel che è più interessante, non attraverso canali separati, ma in una commistione continua con i processi industriali che impreziosisce e personalizza il prodotto finale.
Lo dimostra l’iniziativa di Felice Rizzotti, storico rivenditore di arredi di design in Sicilia, e di Ferruccio Laviani, affermato architetto e designer, che hanno scelto di avviare una produzione di arredi lontana dai canoni standard, a partire dalla Sicilia e dalle sue tradizioni e recuperando mestieri artigianali locali a rischio d’estinzione. Così ha preso vita Not.O, una collezione di contenitori declinata in quattro linee che mixano produzione industriale ed elementi di artigianato siciliano, intitolate a luoghi dell’isola. Nella serie Avola, ad esempio, vetri serigrafati rivestono tutti i lati dei mobili e riproducono fasce di greche nere su fondo bianco e oro. Oltre al tema decorativo che richiama l’antica presenza greca sull’isola, Avola recupera la tradizione popolare del verre paint per le immagini sacre e miracolose risalente al XVI secolo.
C’è poi la linea Caltagirone, con le ante ricoperte da formelle in pietra dell’Etna decorate e smaltate dai ceramisti calatini con motivi materici che ricordano Fausto Melotti o Lucio Fontana. O, ancora, la serie Enna, rivestita da intarsi lignei policromi a triangoli e trapezi irregolari. Un richiamo al futurismo, presente sull’isola con gli affreschi di Benedetta Cappa Marinetti nel Palazzo del Poste di Palermo.
Come gli ideatori di Not.O, anche Alessandro Vecchiato, fondatore insieme a Dario Campa di Punta Conterie a Murano – innovativo spazio ibrido con galleria, ristorante, libreria e shop – ha sentito la necessità di riavvicinare i designer agli artigiani del vetro ancora in attività sull’isola. Si è rivolto al designer Luca Nichetto, di origini muranesi, per guidare un selezionato manipolo di progettisti e artisti da tutto il mondo nella creazione di nuove opere in collaborazione con le fornaci di Murano. Ne è nata Empathic, una collezione di vasi, vassoi, specchi, tavoli e sculture in serie limitata (in mostra fino al 22 aprile a Punta Conterie) firmati, tra gli altri, da Ini Archibong, Marc Torphe, Elena Salmistraro, Benjamin Hubert. «È stato entusiasmante vedere come persone con background completamente diversi – spiega Nichetto – abbiano rispettato la tradizione dell’isola, realizzando opere che li rappresentano». Con esiti anche molto poetici, come i tre tavoli Madonna del Monte del francese Noé Duchaufour-Lawrance, con i piani tondi o rettangolari in vetro colato di forte spessore che, nell’incastro con il supporto in metallo, riproducono realisticamente le onde che increspano la superficie della laguna.
Il connubio tra alto artigianato e design si esprime in produzioni di eccellenza come i mobili in legno di Bottega Ghianda, tra le migliori ebanisterie del mondo, rivitalizzata dal nuovo proprietario Romeo Sozzi: nella collezione spiccano il cassettone Come tutto scompare – in pregiato ebano bianco, con vano estraibile a ribaltina e cassetti removibili – e il tavolo Lionardo, con piano in cristallo e base in mogano che richiama gli incastri delle macchine leonardesche.
Un percorso seguito anche dalla storica manifattura di ceramiche Bitossi di Montelupo Fiorentino, che non ha mai interrotto il dialogo con il design contemporaneo, fino alla più recente collezione firmata dal talentuoso francese Pierre Marie: è composta da un vaso, un centrotavola, una teiera e un portabiscotti lavorati con preziosi ingobbi colorati – rivestimenti terrosi applicati prima della cottura – in delicati toni minerali (terra di Siena, verde cromo, blu fumo e gesso).
Un legame a doppio filo con i laboratori artigiani lo ha stretto anche il designer Luca De Felice, fondatore di Simposio Design, un collettivo basato a Milano che realizza progetti di interni in collaborazione con artigiani selezionati, e ora anche una serie di arredi, come il tavolo modulare Neverending Nivola, rifinito con polvere di lava dell’Etna e caratterizzato da gambe monolitiche scolpite in legno massello. Un filone, quello dell’artigianato applicato al design, sempre più rilevante anche per Michele De Lucchi, che ha creato i piatti artistici Dom per Zanat, azienda bosniaca di arredi di design realizzati in legni pregiati e con tecniche tradizionali. «L’artigianato non è solo un tema centrale del dibattito sulla modernità – ha affermato l’architetto – ma anche uno stile di vita da perseguire in quest’era digitale. Fare cose con le mani è cruciale per avere una vita bilanciata».
L’artigianato vissuto in chiave contemporanea e applicato alla produzione di arredi di pregio (e in generale di beni di lusso) dal 10 aprile sarà protagonista – pandemia permettendo – dell’atteso Homo Faber Event, alla sua seconda edizione: sull’isola veneziana di San Giorgio, presso la Fondazione Giorgio Cini, 15 mostre ideate da personalità di livello internazionale come Naoto Fukasawa, Sebastian Herkner, Robert Wilson, Stefano Boeri, valorizzeranno i mestieri e le opere dei migliori artigiani. L’iniziativa è della Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, istituzione no-profit che sostiene gli artigiani contemporanei in tutto il mondo. E lo sguardo si amplierà fino al Giappone, ospite d’onore.
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