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Così Lidia Poët ha portato la Torino ottocentesca nel mondo

La serie Netflix

di Michele Casella

(LUCIA IUORIO/NETFLIX)

2' di lettura

A tutta pagina, appena aperto il sito della Film Commission Torino Piemonte, si impone subito alla vista il volto di Matilda De Angelis, l’interprete di Lidia Poët nella nuova serie Netflix. La scelta è quantomeno opportuna, non solo perché i sei episodi che la compongono sono stati rilasciati in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo, ma anche per aver riportato all’attenzione internazionale una Torino evidentemente memorabile. Il merito è innanzitutto di Lidia Poët, personaggio storico realmente esistito alla fine del 1800 e prima donna d’Italia ad entrare nell’Ordine degli Avvocati. Ma naturalmente molto è dovuto alla modalità con cui è narrata la sua storia, che entra di fatto nell’universo della fiction e ci restituisce le memorie di una donna che ha lottato strenuamente per la propria indipendenza.

La serie, prodotta da Matteo Rovere ma creata da Guido Iuculano e Davide Orsini, non indugia infatti sui successi della Poët, quanto sulle sue sconfitte, sugli innumerevoli ostacoli in cui è incappata nella sua vita. La compìta De Angelis scopre dunque un personaggio complesso e inaspettato, qui raccontato anche attraverso le sue esperienze professionali ma anche con le sue relazioni parentali ed affettive. Alla base del climax narrativo vi è infatti la sentenza che dichiara illegittima l’iscrizione all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione per il semplice motivo di esser donna.

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Girata per intero nella città di Torino, La legge di Lidia Poët esplora non solo l’Ex Curia Maxima di Via Corte d’Appello (solitamente inaccessibile), ma tante splendide location fra cui Palazzo Falletti Barolo e Palazzo dei Cavalieri, il Museo del Carcere Le Nuove e Piazza Cavour. «Si tratta di una serie con uno sguardo cinematografico molto importante», spiega Paolo Manera, direttore della Film Commission Torino Piemonte, «per la quale sono state impiegate 15 settimane di ripresa e un lungo periodo di preparazione. Tutto ciò ha coinvolto 50 professionisti qualificati e circa 800 altre persone. L’impatto sul territorio è stato importante, con una spesa di milioni di euro a beneficio della filiera locale». Ma un enorme impatto lo ha anche la riscoperta della Torino del 1883, un luogo decisamente avanti nel tempo, il primo in Europa ad avere l’illuminazione elettrica pubblica. La serie restituisce la dinamicità di quei tempi e i movimenti sociali che hanno lentamente portato all’emancipazione della donna. «Per noi si tratta di un progetto molto importante», spiega la Presidente della Film Commission Beatrice Borgia. «Ci siamo dati 3 direttrici strategiche, internazionalità, responsabilità e qualità. Lidia Poët le tocca tutte e ci permette di realizzare un cambio di paradigma, tanto da poter spingere la Regione ad allocare maggiori risorse proprio grazie a questo effetto di moltiplicatore economico». Dopo appena 15 giorni dal debutto worldwide, la storia della Poët sta riscuotendo ottimi riscontri, diventando da subito la terza serie più vista al mondo su Netflix. L’auspicio per Torino è che vi sia l’intenzione di proseguire nella narrazione di questa straordinaria vita, ma il finale aperto della prima stagione lascia ampi margini di speranza.

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