Così la ristorazione italiana conquista spazi all’estero
Non si tratta più di tipiche trattorie tricolori, ma di catene della cucina internazionale fondate in Italia che puntano a crescere in altri Paesi
di Maria Teresa Manuelli
I punti chiave
4' di lettura
Non si ferma il successo del made in Italy all’estero, in particolare nell’ambito alimentare e ristorativo. Secondo i dati Fipe, la rete dei ristoranti italiani nel mondo conta 2.218 locali certificati in 60 Paesi esteri, in 451 diverse città, per un totale di 250.875 coperti. Di questi circa il 33% è concentrato nei paesi Ue, il 23,3% tra Asia e Oceania, quasi il 30% in America del Nord, il 13% in America Latina e il restante 10% tra Africa, Medio Oriente ed Europa non Ue. Tanti gli esempi di successo sia di singoli imprenditori nostrani sia di note aziende italiane che esportano il proprio format ristorativo, come Rossopomodoro, Lavazza e illy Caffè.
Poke House, 170 locali nel 2022
Più giovane, ma in forte espansione troviamo anche Poke House, la foodtech nata nel 2018 da un’idea dei due imprenditori Matteo Pichi e Vittoria Zanetti, che nel 2022 prevede 80 nuove aperture tra Europa e Stati Uniti, portando l’insegna a 170 locali e il fatturato a oltre 100 milioni di euro. La scorsa primavera aveva acquisito la catena londinese Ahi Poké. Pochi giorni fa, invece, ha messo a segno l’investimento in uno dei brand iconici della California, Sweetfin, conosciuto come il precursore del poke e leader delle bowl plant-based negli Stati Uniti.
Poke House, che ha chiuso il 2021 con un fatturato superiore ai 40 milioni di euro, supporterà lo sviluppo di Sweetfin attraverso un piano di sviluppo che prevede imminenti 40 nuove aperture nei prossimi anni tra la West Coast, il Texas e l’Arizona, e la condivisione di know-how tecnologico, uno degli asset strategici più importanti del modello di business di Poke House, insieme al delivery.
«Il nostro successo – spiega Matteo Pichi, co-fondatore e ceo di Poke House – si fonda proprio su un modello ibrido, a metà strada tra retail e digital, dove la componente tecnologica è fondamentale: un sistema omnichannel sviluppato in casa, un software Crm proprietario con un programma di fidelizzazione che conta migliaia di utenti e un approccio data-driven che ha permesso all’azienda di intercettare i trend di consumo e adattare rapidamente la propria offerta in cinque Paesi diversi».
Doppio Malto cerca partner
Con 28 locali e la previsione di chiudere il giro d’affari 2022 a oltre 60 milioni di euro (erano 25 nel 2021), la catena italiana di ristoranti nata dal birrificio Doppio Malto di Erba è alla ricerca di nuovi partner commerciali di fiducia per esportare il format fuori dai confini nazionali. L’insegna ha già conquistato dieci regioni italiane e due Stati europei: Francia e Regno Unito. «Quest’anno abbiamo in programma altre dieci aperture», commenta Giovanni Porcu, ceo e founder di Foodbrand Spa, titolare del marchio Doppio Malto. Punto forte è la birra artigianale, tutta prodotta nei birrifici aziendali, in particolare in quello di recentissima costruzione situato a Iglesias, in Sardegna, in grado di raggiungere a regime una capacità produttiva di cinque milioni di litri.
Löwengrube va in Albania
Nata per portare in Italia la tradizione bavarese, la catena di ristoranti Löwengrube lo scorso aprile è sbarcata al di là dell’Adriatico e ha aperto il primo locale fuori dai confini nazionali. Il ristorante è stato inaugurato all’ingresso dell’Arena Center di Tirana, l’avveniristico complesso inaugurato nel 2019. Il franchising di successo, nato nel 2005 da una prima birreria nella periferia di Firenze per iniziativa di due giovani imprenditori italiani, ha già portato il sapore e l’esperienza delle bierstube bavaresi in 27 punti vendita in Italia e prevede anche altre aperture all’estero.
Alta ristorazione oltre i confini
Anche le insegne più blasonate guardano oltre confine con interesse. Masi Wine Bar Munich è l’ultimo nato nella Masi Wine Experience, il progetto di ospitalità e di cultura di Masi, produttore leader di Amarone, sia in Italia (in Valpolicella, sul Lago di Garda, sulle colline di Valdobbiadene e sulle Dolomiti bellunesi di Cortina d’Ampezzo), sia all’estero in Svizzera (con il Masi Wine Bar Zürich), in Germania (il Masi Wine Bar Munich presso Campari House, nella centralissima Maximilianstrasse) e in Argentina, vicino Mendoza (nella tenuta ecosostenibile Masi Tupungato).
Mentre a ottobre è stata inaugurata a Tokyo la terza Gucci Osteria da Massimo Bottura. Situato all’ultimo piano del flagship store Gucci Namiki a Ginza, è il secondo avamposto globale per il ristorante fuori dall’Italia, dopo quello situato in Rodeo Drive, a Beverly Hills, negli Stati Uniti. Con una capienza di 48 coperti nella sala principale e 12 sulla terrazza, il nuovo ristorante servirà pranzo, cena e aperitivo “all’italiana”. La cucina sarà guidata dallo chef Antonio Iacoviello.
Il Gruppo Langosteria, fondato da Enrico Buonocore nel 2007, lo scorso anno ha aperto la prima location estera a Parigi, in collaborazione con Cheval Blanc Paris, la nuova Maison dell’omonimo gruppo facente capo a Lvmh. Affacciato sulla Senna, il ristorante è al settimo piano dell’hotel con una vista panoramica mozzafiato. L’apertura francese rappresenta il primo passo verso un nuovo percorso che punta a posizionare il brand in location strategiche a livello globale.
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