haftar sulla kuznetsov

Così la Russia s’insinua nella crisi libica

di Gianandrea Gaiani

Il generale Haftar (Ansa)

4' di lettura

La visita inaspettata del maresciallo Khalifa Haftar sulla portaerei Ammiraglio Kuznetsov, in rotta di rientro dalla acque siriane dove i suoi jet hanno contribuito alla vittoria ad Aleppo, ha un significato strategico ben più rilevante di un semplice “mostrar bandiera” di Mosca nella nostra ex colonia.

Haftar e il governo laico di Tobruk hanno incassato un “endorsement” di tutto rilievo da una Russia che appare sempre più influente in Medio Oriente e Nord Africa, dove emerge come unica potenza che abbia la determinazione e le capacità per combattere e vincere le forze islamiste nella loro più vasta accezione (dallo Stato Islamico ad al-Qaeda, dai Salafiti ai Fratelli Musulmani).

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In Tripolitania il governo su cui ha puntato l’Onu (e l’Italia) mostra di non avere alcun controllo del territorio neppure nella capitale, ormai in mano alle milizie dei fratelli Musulmani di Khalifa Ghwell, che guidava il governo islamista di Tripoli decaduto nell’aprile scorso con l’arrivo di al-Sarraj dalla Tunisia, ma che già due volte aveva tentato di riprendere il controllo della capitale.

In Cirenaica invece le forze di Haftar e del premier Abdullah al-Thani controllano saldamente il territorio pur combattendo le milizie islamiste nei sobborghi di Derna e Bengasi, controllano i pozzi e i terminal del greggio della cosiddetta Mezzaluna Petrolifera e si pongono come iunica forza affidabile per stabilizzare la Libia.

Il caos nell’ovest rischia di far naufragare il piano discusso nei giorni scorsi a Tripoli dal ministro italiano degli Interni, Marco Minniti, per boccare i traffici di immigrati illegali che attualmente rappresentano la metà del PIL della Tripolitania. Il tracollo di al-Sarraj spiazza USA ed europei che hanno voluto e sostenuto quel governo anche se negli ultimi giorni non sono sembrati così solerti nell’esprimergli il loro appoggio come ha fatto invece l’Italia riaprendo l’ambasciata a Tripoli.

L’imbarazzo dell’Occidente a Tripoli rischia di lasciare a Mosca l’opportunità di inserirsi anche nella crisi libica in appoggio alla fazione più solida e laica, anche se non riconosciuta dall’Onu. La visita di Haftar alla portaerei Kuznetsov rappresenta infatti uno schiaffo anche alle Nazioni Unite non tanto per l’ufficialità dell’incontro (Haftar e il premier al-Thani sono già stati più volte a Mosca a chiedere aiuto economico e militare offrendo in cambio di concessioni petrolifere) ma perché l’intesa firmata da Haftar e dal Contrammiraglio V. N. Sokolov, dopo una teleconferenza con il ministro della Difesa Sergei Shoigu, sembra concretizzare il ritorno, in armi, dei russi in Libia.

I media arabi e turchi rivelano infatti che l’accordo bilaterale per la lotta al terrorismo siglato sul ponte della portaerei include la cessione di una base navale alla flotta russa che finora nel Mediterraneo ha potuto contare solo sul porto siriano di Tartus.

L’ipotesi è che i russi tornino a impiegare Tobruk, munita base navale italiana nell’era coloniale poi occupata dai britannici nella Seconda guerra mondiale e già frequentata assiduamente dai sottomarini e dagli incrociatori sovietici negli anni 80, al fulmine della Guerra Fredda.

All’epoca Muanmar Gheddafi, ai ferri corti con Italia e Stati Uniti, aveva acquistato oltre 10 miliardi di dollari di armamenti a Mosca pagando in parte con la cessione di una base aeronavale e d’intelligence in cui operarono a lungo anche i velocissimi ricognitori strategici sovietici Mig 25 e velivoli da pattugliamento navale spesso rilevati in volo sul Mediterraneo.

Nel 1997 erano presenti in Libia circa 3.500 consiglieri militari russi e di altri Paesi del Patto di Varsavia incaricati di addestrare le forze di Gheddafi, mantenerne efficienti i mezzi e istruire terroristi di diverse fazioni europee (IRA, RAF tedesca, Brigate Risse e altri) in campi d’addestramento gestiti dai servizi segreti.

Con la caduta dell’Urss quasi tutte le basi oltremare vennero smantellate ma nel 2008 Gheddafi offrì nuovamente, ma invano, Tobruk alle forze aeree e navali di Mosca sperando di ottenere uno sconto sui debiti maturati per le armi russe acquistate ma non completamente pagate.

Oggi il ritorno dei russi a Tobruk renderebbe ancor più saldo l’asse tra Mosca e Il Cairo che assieme agli Emirati Arabi Uniti (che hanno già una base aerea a Marj, 100 chilometri da Bengasi dove schierano aerei antiguerriglia, droni ed elicotteri) sostengono Haftar garantendo all’uomo forte della Cirenaica la possibilità di gestire in piena autonomia la regione o addirittura di cercare di conquistare la Tripolitania.

Le truppe di Haftar stanno conquistando infatti posizioni e aeroporti importanti nel sud libico (dove le milizie di Misurata alleate di al-Sarraj sono malviste) e nell’ovest possono contare sull'appoggio delle milizie di Zintan già in passato in animo di attaccare Tripoli.

Per Mosca l’accesso alla base di Tobruk permetterebbe di consolidare la presenza militare nel Mediterraneo ponendosi anche come potenza in grado di mediare un eventuale negoziato di pace tra le fazioni in Libia, forse ancora una volta che la neoalleata Turchia che a Tripoli ha ancora una pesante influenza su diverse milizie islamiste.

In ogni caso i russi hanno l’occasione di sottrarre agli occidentali anche la gestione della crisi libica come hanno già fatto con quella siriana.

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