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Così «The Donald» passa al contrattacco

di Mario Platero

(AP)

3' di lettura

NEW YORK - Sull'ordine esecutivo per l'immigrazione di Donald Trump interviene anche Sally Yates, segretario alla Giustizia ad interim di nomina obamiana e lo dichiara illegale. Esplode un caso. Donald Trump, fino a quel momento sulla difensiva, accusa la Yates, di aver tradito la sua amministrazione, la rimuove e al suo posto nomina Dana Boente un procuratore federale della Virginia di estrazione repubblicana. Tutto in poche ore, ormai nella notte a Washington, dove in genere quando si tratta di affari di Stato regna la disciplina e l’ordine.

Ecco dunque che l'alta tensione generata dall'ordine esecutivo di Donald Trump sull'immigrazione, un ordine che ha una giustificazione soprattutto elettorale, emesso frettolosamente, passa dalle strade al contesto istituzionale. Difficile dire se sia stato opportuno l'intervento della Yates, chiaramente vulnerabile sul piano politico. O, se per questo, c’è da chiedersi se fosse opportuno l'intervento di ieri di Barack Obama che incoraggiava gli americani a resistere a deviazioni dai loro valori: gli americani già resistevano da soli, senza bisogno di un intervento che ha politicizzato la vicenda.

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Una cosa è certa, fino al quel momento, per varie ragioni, per le dimostrazioni, per l'insurrezione internazionale, per le proteste, per le ribellione spontanea del mondo imprenditoriale americano, Trump si era indebolito. Con l'azione democratica ha avuto il destro per poter contrattaccare, cosa in cui è maestro: i democratici - ha detto - non proteggono il Paese da possibili attacchi del terrorismo. Di certo questa crisi con contorni istituzionali, le proteste ed altro non fanno bene ai mercati.

Ma c'è qualcosa di più. E di questo si continuerà a discutere. Per la formulazione delle leggi, in America, vale un principio: il Presidente propone ma il congresso dispone. È un principio sacrosanto della democrazia americana che poggia sulla separazione dei poteri. Gli ordini esecutivi, una sorta di decreto legge, restano uno strumento a disposizione dell'esecutivo, del Presidente, ma solo per questioni di emergenza o per superare certi impasse politici. Soprattutto debbono essere ineccepibili sul piano giuridico, nella sostanza debbono rispettare le leggi vigenti.

Anche Barack Obama, stufo del muro contro muro dei repubblicani, usava i decreti per sbloccare situazioni insostenibili. Ricorderete che era costantemente attaccato dai repubblicani: «Rispetta la procedure!», «Rispetta il Parlamento», lo attaccavano i repubblicani, furiosi dall'essere bypassati. Ma Obama aveva una squadra giuridica impeccabile: se promulgava un ordine non violava leggi come ha fatto Trump, ignorando una norma del 1965 che impedisce un'azione simile a quella che ha annunciato l'altro giorno.

Per questo la signora Ann Donnelly, giudice federal di Brooklyn, aveva bloccato tutto, la legge del 1965 superava la legge del 1952 a cui si riferiva Trump. Per questo altri giudici e avvocati stanno studiando gli altri decreti per capire se ci sono vulnerabilità simili a quelle che abbiamo visto per l'ordine sull'immigrazione. E per questo la Yates è intervenuta.

Di certo per Trump l'equazione era improvvisamente cambiata, era sulla difensiva, aveva fatto una marcia indietro parziale. Ma ora, con l'intervento di un segretario alla giustizia ad interim, in attesa della conferma di Jeff Session, nominato da Trump, la vicenda da tecnica diventa politica. Donald Trump, come abbiamo detto, maestro del contrattacco, sfrutta la situazione la accusa di tradimento e la sostituisce. Tutto in poche ore.

È vero che il caos che si è generato per quest'ordine esecutivo di Trump va al cuore dei valori americani, spacca il Paese, mobilita le aziende che vedono a rischio la loro cultura di apertura. Ma è anche vero che l'equazione cambia in continuazione: prima Trump è sulla difensiva, fa marcia indietro parziale, poi torna aggressivo accusando i democratici di indebolire la protezione del Paese in nome della politica. Siamo ai primi dieci giorni dell'amministrazione Trump, ci vorrà un assestamento, gestire la Casa Bianca è un lavoro che si impara strada facendo. Ma c’è qualcosa di profondamente irrituale in questa presidenza che difficilmente cambierà. Del resto è stata l'irritualità che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca e fino a quando personaggi come Stephen Bannon, ispiratore “operativo” dell'irritualità resteranno al suo fianco, le controversie continueranno.

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