Cospito, 41-bis confermato perché è un punto di riferimento per gli anarchici
Depositate le motivazioni della conferma del 41-bis a carico dell’anarchico. Per i giudici segni certi di collegamento, con un ruolo di vertice, con la Fai, che propugna la lotta armata
di Patrizia Maciocchi
I punti chiave
3' di lettura
I collegamenti di Alfredo Cospito con la Fai (Federazione anarchica informale), l’associazione criminale di appartenenza, sono attuali e pericolosi. Con queste motivazioni la Cassazione (sentenza 13258) ha respinto, lo scorso 24 febbraio, la richiesta di revoca del 41-bis fatta dall’anarchico, in sciopero della fame da cinque mesi contro il regime speciale. Per la Suprema corte attualità dei collegamenti e pericolosità sono rese «evidenti dalle dichiarazioni di appartenenza alla Fai, provenienti dallo stesso, rinnovate in sede dibattimentale nel corso del processo scripta manent e anche nelle fasi di merito di questo procedimento, nonchè dai documenti da lui scritti in pendenza di detenzione e destinati ai compagni anarchici in libertà». Documenti che la Corte di legittimità cita - dalle interviste ai periodici ai dibattiti sui portali telematici - considerati dal Tribunale di sorveglianza un’esaltazione «dell’azione violenta, diretta e distruttiva, più incisiva rispetto alle iniziative dimostrative (presidi, occupazioni, danneggiamenti) e capace di mettere in pericolo con forza e concretezza la vita delle persone e di diffondere il terrore».
L’assenza di segni di dissociazione
Per i giudici ha pesato poi l’assenza di segni di dissociazione. Al contrario, il ricorrente «ha continuato con i suoi scritti fino ad epoca recente a propugnare il metodo di lotta armata sottolineando - si legge nella sentenza - anche la nascita della Fai-Fri e valorizzando la dimensione internazionale raggiunta da parte della stessa; ovvero esaltando l’anarchismo diverso da quello “classico” e connotato da azioni che mettono in pericolo la vita degli uomini e donne del potere, soprattutto se rivendicate con sigle costanti nel tempo; o ancora inneggiando ad attentati come quello al danni della Stazione dei carabinieri di Roma-San Giovanni o dell’amministratore delegato dell'Ansaldo Nucleare ing. Adinolfi, e ribadendo l’affermazione di non essersi pentito dell’azione, personalmente commessa, che aveva portato al ferimento di quest’ultimo».
L’attualità della pericolosità
Espressioni che l’ordinanza impugnata, in linea con il decreto del ministero, ha valorizzato «come espressive di evidente pericolosità del loro autore, che, con gli stessi mezzi - si è puntualizzato - potrebbe continuare ad essere, in termini autorevoli, per gli accoliti in libertà, se sottoposto a regime ordinario, punto di riferimento e fonte di indicazione delle linee programmatiche criminose e degli obiettivi da colpire». Per i giudici sono elementi che, valutati insieme al profilo criminale del detenuto e al suo ruolo di vertice nella Fai, avevano dimostrato la qualificata capacità di Cospito «di riprendere pienamente i vincoli associativi, pur dall’interno del carcere, e di veicolare all’esterno e con autorevolezza disposizioni criminali ove lo stesso venisse ricollocato nel circuito ordinario».
Una motivazione adeguata
Per la Suprema corte sono dunque inconsistenti le censure su una mancanza di motivazione alla base della conferma del 41-bis. Doglianze che «non colgono nel segno neppure nell’ottica della correttezza del contenuto del decreto ministeriale, che, in contrasto con la ratio della sua previsione alla luce del parametro normativo di riferimento, avrebbe inteso impedire al ricorrente esternazione di un pensiero politico o sanzionare istigazione e proselitismo – scrivono i giudici - traducendosi tali censure nell’opposizione di una diversa e alternativa lettura delle risultanze valorizzate dal Tribunale di sorveglianza sulla base di elementi fattuali, non suscettibili di rivalutazione in sede di legittimità e a maggior ragione nell’ambito dei più ristretti limiti consentiti dal 41-bis'».
La struttura della Fai
La Cassazione considera poi la struttura della Fai «È rilevante in tal senso ribadire il richiamo specifico fatto dal Tribunale di sorveglianza al punto della sentenza della Corte di assise di Torino in cui è argomentativamente rappresentato il corretto riferimento dell’acronimo Fai a due realtà profondamente diverse, sigla-metodo Fai che richiama (pur discostandosene per la presenza di rivendicazioni firmate con un medesimo acronimo) l’idea della non-associazione di tipo bonanniano, e la vera associazione Fai (contestata e ascritta a Cospito), che ha un organismo centrale, propugna il metodo e coordina le cellule che costituiscono la struttura di base – si legge nelle motivazioni - Nel contempo è opportunamente segnalata nell’ordinanza l’incorsa volontaria ambiguità circa la reale connotazione della Fai, che, mentre costituisce un’efficace strategia protettiva contro la temuta e spesso citata “repressione”, presenta per coloro che ne sono partecipi un peculiare vantaggio, poiché, per la sua dichiarata informalità e fluidità, è aperta ad anarchici che non accetterebbero strutture formalizzate, oltre che a soggetti sconosciuti che, in adesione al metodo-Fai, attuano in modo autonomo attentati, poi rivendicati attingendo a tale sigla, finendo l’associazione anche con il beneficiare del contributo spontaneo prestato da terzi agenti come “lupi solitari”, che ne ampliano la portata operativa e la stessa struttura logistica». Per la Cassazione dunque l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza del 2022, con la quale era stato confermato il regime di alta sicurezza, è «esaustiva e corretta».
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