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Cospito, stop allo sciopero della fame dopo quasi sei mesi e ricorso a Strasburgo

La Consulta ha aperto allo sconto di pena bocciando la norma che impedisce al giudice di valutare l’applicazione dell’attenuante nei delitti aggravati di strage

di Patrizia Maciocchi

Aggiornato il 19 aprile 2023 alle ore 20:43

(Mimmo Chianura / AGF)

4' di lettura

Dopo quasi 6 mesi di digiuno, Alfredo Cospito, l’anarchico esponente della Fai ha deciso di interrompere lo sciopero della fame contro il 41bis, iniziato il 20 ottobre. Lo ha comunicato lui su un modello prestampato a disposizione dei detenuti e in cui ha scritto: «Dichiaro di interrompere lo sciopero della fame», avvisando così i vertici del Dap, del carcere di Opera e del Tribunale di Sorveglianza di Milano. La decisione arriva il giorno dopo la decisione della Consulta sul suo caso. Cospito ha inoltre presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro «il regime penitenziario differenziato previsto» dal 41 bis. A darne comunicazione l’avvocato Flavio Rossi Albertini, legale di Cospito, il quale fa sapere che il ricorso è stato proposto dall’avvocata Antonella Mascia a Strasburgo. «Il ricorso, nel quale sono state lamentate gravi violazioni della Convenzione Edu, verrà valutato nel merito nel termine di due o tre anni e potrebbe rappresentare il grimaldello giuridico che bandirà lo strumento inumano del 41 bis, così come avvenuto nel caso dell'ergastolo ostativo», spiega l’avvocato. Questo mentre non si trascura la via interna. Un’istanza per chiedere la revoca del cosiddetto carcere duro è già sul tavolo del ministro della Giustizia Carlo Nordio.

La Consulta non ha, infatti, toccato il nodo del 41-bis, ma ha solo esaminato e bocciato la norma che impediva di applicare a Cospito uno sconto di pena. La Corte costituzionale ha anticipato il verdetto con una nota chiarendo che «la norma sull’articolo 69, quarto comma del codice penale è costituzionalmente illegittima nella parte in cui vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'articolo 99, quarto comma nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell'ergastolo».

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È la risposta ai dubbi di costituzionalità sollevati dalla Corte d’assise d'appello di Torino. Secondo la Consulta, «il carattere fisso della pena dell'ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti previsto dai primi tre commi dello stesso articolo 69. Conseguentemente, il giudice dovrà valutare, caso per caso, se applicare la pena dell’ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva». Un responso di non scarso rilevo per l’anarchico detenuto al 41 bis e da settimane ricoverato nel reparto di medicina penitenziaria del San Paolo di Milano. La decisione riguarda, infatti, un procedimento penale per il delitto di strage che vede coinvolto Cospito con l’accusa, punita con l’ergastolo, di aver collocato degli ordigni presso la Scuola Allievi Carabinieri di Fossano per attentare alla sicurezza dello Stato.

Lo sconto di pena

A chiamare in causa la Consulta è stata la Corte d’Assise d’Appello di Torino investita del giudizio. Il giudice remittente chiedeva se sia in linea con la Carta l’articolo 69 comma 4 del Codice penale, introdotto con la ex Cirielli, per la parte in cui, nel caso di un delitto come quello contestato a Cospito, escludeva la possibilità di far prevalere la circostanza attenuante (articolo 311 del Codice penale) sull’aggravante in caso di recidiva. L’attenuante in questione consente di ridurre le pene inflitte per i delitti di strage «quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità». Ed è proprio il semaforo rosso sul trattamento di favore che pesava sul destino giudiziario di Alfredo Cospito, già giudicato recidivo. L’affermazione della illegittimità della norma apre dunque la strada all’applicazione dell’attenuante, secondo la valutazione del giudice che, per la stessa Consulta, va fatta caso per caso. E il reato più grave del quale è accusato l’anarchico potrebbe non più essere punito con l’ergastolo, ma con una pena compresa fra i venti ed i ventiquattro anni di reclusione. Cospito sta già scontando i 20 anni che gli sono stati inflitti per la vicenda oggetto del procedimento penale davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Torino, che dovrà ora rideterminare la pena dopo che la Cassazione ha riqualificato il reato contestato, aggravandolo, come strage politica. Chiara dunque l’importanza del verdetto di oggi della Corte costituzionale per l’ideologo del Fronte anarchico informale. Per le motivazioni sarà necessario aspettare il deposito della sentenza da parte della Consulta. La probabile riduzione della pena non comporterebbe comunque in automatico la revoca del 41-bis

Il difensore di Cospito

Ad esprimere soddisfazione per la decisione della Consulta è l’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore di Alfredo Cospito. «Apprendiamo finalmente una notizia incoraggiante per tutti e tutte coloro che quotidianamente sono chiamati ad applicare il diritto o a subirne l’applicazione. La decisione di quest’oggi della Corte costituzionale - afferma Rossi Albertini - restituisce finalmente dignità alle questioni giuridiche sottese alle vicende umane, non ultima quella di Alfredo Cospito». L’invito del legale è quello di guardare le vicende giudiziarie rifuggendo dai tentativi di politicizzare le singole vicende giudiziarie «Il Giudice delle leggi ha riconosciuto l’incostituzionalità dell’articolo 69 comma IV nella parte in cui non prevede la possibilità della prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata per i reati per i quali è prevista la pena fissa dell’ergastolo. Come avevamo sempre affermato fin dall’udienza del 5 dicembre scorso e ribadito quest’oggi – prosegue il penalista - la pena fissa dell’ergastolo è “ex se” indiziata di incostituzionalità e il divieto di bilanciamento acuisce questo giudizio, impedendo al Giudice della cognizione di individualizzare la pena per il fatto commesso dall’imputato. La Corte ha condiviso il ragionamento della difesa. Un grande successo per il diritto – conclude Rossi Albertini - e per la vicenda giudiziaria involgente Alfredo Cospito».

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